mercoledì 16 gennaio 2013

Anche il rabbino capo di Roma è contro le nozze "gay"

L'immensa folla che ha invaso le vie di Parigi, domenica 13 gennaio, per manifestare contro la legalizzazione dei matrimoni "gay" voluta dalla presidenza Hollande ha stupito per la varietà della sua composizione.
C'erano cristiani e atei, musulmani ed ebrei, conservatori e progressisti. C'erano anche degli omosessuali. Tutti accomunati dalla difesa della famiglia naturale composta da padre, madre e figli.
Ma l'elemento che più ha impressionato, già prima della manifestazione, è stata la comunanza di visione tra Benedetto XVI e il gran rabbino di Francia Gilles Bernheim, nell'argomentare le ragioni della protesta. "Accuratamente documentato e profondamente toccante": così papa Joseph Ratzinger ha definito il testo scritto dal gran rabbino Bernheim contro il riconoscimento giuridico del matrimonio omosessuale.
Ma non c’è solo il leader spirituale degli ebrei di Francia ad aver manifestato questa contrarietà.
Anche a Roma la guida di quella che viene considerata la più antica comunità ebraica d'Occidente la pensa allo stesso modo.
Lo ha messo in evidenza il portale degli ebrei italiani Moked, entrando in polemica con un articolo pubblicato dal principale quotidiano italiano, il "Corriere della Sera", che lascerebbe intendere – scrive Moked – "che il documento del rabbinato francese costituisca una rara e coraggiosa novità nel quadro di un ebraismo solitamente silente, soprattutto in Italia, sulle grandi questioni civili".
In realtà, tiene a precisare Moked, "l’ebraismo italiano, e con esso il suo rabbinato, è stato silente solo per chi non ha voluto ascoltarlo".
Per comprovare questa affermazione, il portale degli ebrei italiani richiama alla memoria il fatto che "il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni usò oltre cinque anni fa argomenti solidi e parole ben chiare, per alcuni anche troppo chiare, per dire le stesse cose che oggi ci ripete il rav Bernheim".
Il riferimento è a una nota che Di Segni scrisse nel 2007 quando il parlamento italiano discuteva di un progetto di legge sostenuto dal governo di Romano Prodi, poi non andato in porto, in cui si dava riconoscimento giuridico alle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali.
Da questo intervento del 2007, oggi tornato di attualità, si ricava infatti che sull’opposizione al matrimonio tra omosessuali la voce del rabbino di Roma è all'unisono con il gran rabbino di Francia e col papa, ferme restando le divergenze – che il portale Moked ribadisce – su altre questioni con forti implicazioni morali come la fecondazione assistita.
Scrive Di Segni nel passaggio centrale della sua nota: "Secondo la Torà gli ebrei devono osservare 613 regole, ma questo non vuol dire che i non ebrei non debbano avere alcuna regola, perché in realtà le hanno anche loro, inquadrate in sette capitoli fondamentali, i cosiddetti precetti Noachidi, legge naturale".
Sono parole che documentano come l’esistenza di una "legge naturale" valida per tutti i discendenti di Noè, cioè per tutti gli uomini, non è una fissazione del papa, dei vescovi e della Chiesa cattolica. Ma, secondo l’autorevole parere del rabbino capo di Roma, è una verità fondamentale anche per l’ebraismo.
E questo ha delle conseguenze anche nella vita pubblica. Scrive Di Segni: "È nostro dovere come ebrei indurre i non ebrei a rispettare le loro regole. Non possiamo rimanere indifferenti al superamento di determinati limiti, acconsentendo per esempio che la legge dello Stato ammetta l’omicidio, il furto, l’incesto" e ora anche le "coppie omosessuali". Quando la società "supera abbondantemente limiti illeciti è nostro dovere opporci a queste scelte".
E conclude: “Questo è ciò che per noi significa modificazione o crisi del modello tradizionale della famiglia. Forse la società circostante si può permettere (fino a un certo punto) di rimodellarsi secondo le modificate condizioni economiche e sociali. Noi no. E allora deve essere chiaro che se facciamo del dibattito sui DICO una bella questione di diritti civili non abbiamo ancora capito niente dei nostri veri problemi. È urgente una presa di coscienza di tutti e della leadership in particolare, e l’inizio di una politica seria sul tema della famiglia”.
 

(Fonte: Sandro Magister, www.chiesa, 15 gennaio 2013)
 

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