martedì 26 novembre 2013

Solidarietà con le donne, violentate da femminismo, relativismo ed egualitarismo idiota

In questo strano Paese in cui le cerimonie, gli anniversari, le commemorazioni, si susseguono a ritmo incalzante (mentre ci sarebbe un gran bisogno di commemorare un po’ meno e fare invece qualcosa di concreto per il disastro in cui si vive) oggi è d’obbligo essere pensosi e uniti nella fiera battaglia democratica contro la violenza sulle donne.
Beh, mi associo. Ero un giovane ventisettenne quando ho iniziato a veder esplodere la violenza sulle donne. In quel genocidio dei cervelli che fu il mitico “sessantotto” nacquero i primi concetti di emancipazione, di rivoluzione sessuale, di uguaglianza tra uomo e donna.
Ricordo una frase atroce, ma assai diffusa all’epoca, che suonava così: “Se non ci stai, sei fascista”. In altri termini, e mi scuseranno le orecchie più delicate, si nobilitava con ideologie abborracciate il normale turbinio ormonale dei caporioni del “Movimento”, esentandoli così dalla ricerca, magari a pagamento, di quel “conforto” (chiamiamolo così…) a pulsioni che peraltro in genere si sanno controllare se dotati di una sufficiente educazione e non di istinti animaleschi.
Quante ragazze si piegarono a queste vigliaccate, perdendo la loro dignità, convinte a colpi di ideologie di aver fatto chissà quale conquista! La conquista dell’uguaglianza! Un concetto cretino, perché un uomo e una donna, proprio perché uomo e donna, sono due creature distinte, con caratteristiche, interessi, temperamento, pulsioni, diversi.
In nome di una libertà falsa si spinsero le giovani a perdere la loro femminilità, per trasformarle, le più brutte in “pasionarie” da prima linea nei cortei, e le più avvenenti da pasionarie e amanti dei capetti di turno. Vite buttate al vento, dignità, freschezza, femminilità massacrate dall’egoismo e dalla menzogna.
Naturalmente il mito dell’ugualitarismo avrebbe poi continuato la sua opera. La donna doveva abbandonare il suo più prezioso compito, quella di custode della famiglia, di moglie e madre, e cercare nel lavoro il successo e la “gratificazione”. Un passo in più per sfasciare le famiglie, che avrebbero poi ricevuto il fiero colpo con la legge sul divorzio.
Ma una donna che ormai non vuole più essere donna, perché ha scoperto che può fare tutte le stesse fesserie che fanno gli uomini, può forse sopportare la fatica di una gravidanza? Non sia mai! Con fantastica raffinatezza le donne guidate da erinni come l’attuale Ministra degli Esteri venivano imbesuite con slogan tipo “l’utero è mio e me lo gestisco io”. Ovvio, del resto, perché la vita sessuale doveva essere libera e saltellante, come quella dei cani che si accoppiano ai giardini pubblici. Ergo, diamo alle donne la libertà della gestione uterina. L’aborto, da crimine abominevole diventa un diritto. L’alba radiosa della legge 194. Un massacro di bimbi che continua tuttora, ogni giorno, ma anche un massacro di mamme, che prima o poi, rendendosi conto dell’enormità del loro gesto, ma avendo perso il concetto di pentimento e perdono (anticaglie di una Chiesa cattolica che ai tempi predicava ancora la Fede cattolica…) hanno davanti solo la disperazione per il gesto sciagurato che hanno compiuto.
Sulla scia delle conquiste dei paradisi del socialismo reale, le donne possono fare i minatori, gli spazzini, i soldati, i poliziotti, e mille altri mestieri pesanti e pericolosi da sempre riservati all’uomo. Grande conquista. Se un po’ più spregiudicate, possono anche gettarsi nella politica.
Si inventano le “quote rosa”, misto tra idiozia, umorismo scadente e oltraggio alle donne, riducendo quest’ultime ad animali da proteggere, tipo Panda.
E si arriva a legioni di ultracinquantenni che si guardano indietro e vedono il vuoto, guardano all’oggi e vedono solo la loro profonda solitudine e la perdita di tutto ciò che avevano di grande e di bello e che le distingueva dall’uomo. Perché, ricordiamocelo, Dio li creò uomo e donna. Due persone distinte.
Le ultracinquantenni possono rifugiarsi in un malinconia senza vie d’uscita, o reagire con quella spocchia irosa e supponente che, ad esempio, caratterizza ogni gesto della nostra infelicemente regnante presidentessa della Camera.
Viva le donne libere, violentate dall’ideologia, private della loro identità, costrette a essere quelle che non sono.
Epilogo inevitabile. Ormai non esistono più i sessi, esistono i generi, magari a variabilità frequente. Il martedì ti percepisci come uomo, il mercoledì come donna, il giovedì ti prendi un giorno libero e il venerdì ti percepisci come uomo però omosessuale con una speciale attrazione per le donne purché lesbiche.
Certo, tutto ciò è pazzesco, ma la pazzia arriva da lontano, da decenni di menzogne.
E a tante donne che oggi sono costrette a non apparire politicamente scorrette, vorrei ricordare un momento fissato nella Storia, in cui la donna venne elevata a una dignità impensabile, meravigliosa. L’annuncio a Maria. Ave, piena di Grazia. È a una donna che Dio mise in mano la salvezza dell’umanità, ponendo nel suo grembo il miracolo della vita, di un bambino che era perfetto uomo e Perfetto Dio.
E vorrei ricordare le parole del grande Pio XII, che stupendamente sintetizzano la grandezza della donna: “La donna genera ciò che Dio crea”.
Ieri, la donna chiamata a partecipare all’opera di Dio e a salvare l’umanità. Oggi la donna chiamata ad ascoltare i deliri di una Bonino o di una Paola Concia e a diventare un mostro infelice. Basta, finiamola davvero con la violenza sulle donne!

(Adattamento da Paolo Deotto, Riscossa Cristiana, 25 novembre 2013)

Altro commento su questo tema:
Futuro abierto” è una rubrica domenicale di radio Nacional de España in cui si dibattono temi di attualità. Io la seguo anche dall’Italia. Per trattare il tema di domenica scorsa erano presenti quattro donne, fra cui anche una cattedratica universitaria, una progressista socialista e due che avevano esperimentato la violenza. Una si chiamava Maria José, l’altra Assumpción. Nomi molto cattolici, come vediamo. Anche lì si parla di “femminicidio” e di “violenza di genere”.
“Però guarda – mi sono detto – anche qui in Italia si parla dello stesso tema”. Non dubito del fatto che il problema esista, però mi chiedo: ci rendiamo conto che la cultura dominante, anche quella dei mercati in conflitto permanente, così come quella di una informazione che ci presenta principalmente le cattive notizie e raramente il bene che avanza, finisce col favorire questa violenza? Ci rendiamo conto che è dalla Rivoluzione degli anni Sessanta con il suo “proibito proibire”, che è iniziata – sotto un malinteso senso di libertà – la caduta dei valori? Ci rendiamo conto che, assieme al consumismo delle cose – voluto dalla logica dei mercati – abbiamo mercificato persino il sesso? Ci rendiamo conto che anche le donne – sotto la spinta di una falsa liberazione e autodeterminazione – hanno cambiato la loro vera essenza?
Oltretutto osservo che in terre di antica evangelizzazione, come la Spagna e l’Italia, sono davvero pochi gli uomini che frequentano la chiesa. Se lo facessero scoprirebbero che un Uomo, il Figlio di Dio, è stato oggetto di una grande violenza a causa dei nostri peccati: di quelli degli uomini e delle donne. Apprenderebbero da dove deriva il vero Amore e il perdono. Imparerebbero il rispetto per la donna e per tutti. Però purtroppo molti uomini pensano che la chiesa e la religione siano cose da donnicciole, così poi vediamo i risultati.
Come potremo allora uscire da questa violenza? Con le tavole rotonde, i proclami o magari con la educazione sessuale nelle scuole? Ma quale educazione? Forse con la “educazione di genere”, che la “religione” della cultura dominante vorrebbe imporre ai nostri figli? Se questo è l’intento, prepariamoci ad ulteriori violenze.
L’uomo non è un animale. L’uomo ha una grande dignità, come ci insegna il meglio della nostra tradizione. Non possiamo gettare con l’acqua sporca il Bambino che festeggeremo a Natale! Se lo faremo, ci perderemo! Questa non è solo la mia opinione, direi che è la Verità. Sappiamo però, purtroppo, che per la nostra cultura moderna non esiste verità, ma solo opinioni. Così, però, domina solo la confusione.

(Da: Claudio Forti, Trento, 25 novembre 2013)

 

Nessun commento: