Non solo: andando a sbirciare sul suo profilo twitter, gli avvocati dell’associazione hanno scoperto che Deodato rilancia (udite udite) articoli di tempi.it, la Nuova Bussola quotidiana, Sentinelle in piedi. Tanto basta per bollarlo come «di parte».
Leggete cosa scrive il sito di Repubblica: «Per gli avvocati di Rete Lenford si tratta di una sentenza parziale e basta dare una rapida scorsa al profilo del giudice Deodato, uno dei cinque magistrati che compongono il Consiglio di Stato, per leggere tweet antigender, con diversi post provenienti da associazioni prolife e testate cattoliche chiaramente schierate contro le unioni gay e in difesa della famiglia di impianto tradizionale».
Che cosa ha fatto? Ma di quel gravissima colpa si è macchiato Deodato? Quella di avere delle opinioni? Quella di definirsi «giurista, cattolico, sposato e padre di due figli. Uomo libero e osservatore indipendente di politica, giurisdizione, costumi, società»? Tutto nasce dall’aver messo nero su bianco in una sentenza (qui il pdf) – assieme ad altri suoi colleghi – quel che tutti sanno a proposito delle trascrizioni, e cioè che non si possono fare. Punto. Con buona pace di Ignazio Marino e degli altri sindaci che si sono lanciati in questa battaglia.
La sentenza. Facciamo un passo indietro per comprendere cosa ha suscitato le proteste. Questa mattina è apparso sul Corriere della Sera un articolo in cui – senza nominare il nome del giudice Deodato – si racconta che «il Consiglio di Stato richiama alla realtà sindaci e politici ma soprattutto invita il legislatore a decidere chiudendo la porta a improvvisazioni festose o iniziative illuminate. Ciò che manca alla coppia lesbo/omo, dicono i giudici del Consiglio di Stato, è un requisito essenziale che definiscono “ontologico”: la diversità fra i sessi. Se l’Italia vuole davvero riconoscere l’unione fra coppie dello stesso sesso allora deve introdurne il principio».
Marino e il Prefetto. Secondo quanto riportato dal quotidiano milanese, nella sentenza c’è scritto che «il corretto esercizio della potestà impedisce all’ufficiale dello Stato civile la trascrizione di matrimoni omosessuali celebrati all’estero». Ciò significa che le iniziative dei vari primi cittadini italiani sono state delle fughe in avanti: «Il dibattito politico in corso in Italia sulle forme e sulle modalità del riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali sconsiglia all’interprete qualunque forzatura, sempre indebita ma in questo contesto ancora meno opportuna». In altre parole, per quanto riguarda il caso di Roma e lo scontro tra Marino e il prefetto Giuseppe Pecoraro la sentenza dà ragione al secondo, riconoscendogli la legittimità di intervenire.
(Fonte:
Tempi.it, 27 ottobre 2015)
http://www.tempi.it/trascrizioni-nozze-gay-se-il-giudice-e-cattolico-e-legge-tempi-allora-e-di-parte#.VjCkK8vbK70
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