Diciamo
la verità: della condizione e del sentimento delle popolazioni vittime del
terremoto in Italia centrale non importa a nessuno. Almeno a nessuno di quelli
che si sono gettati nell’arena per massacrare padre Cavalcoli e, a ruota, Radio
Maria. Più i giorni passano, infatti, e più appare evidente che siamo davanti a
una vera e propria operazione di cecchinaggio che ha in un certo mondo Lgbt la
regia, a cui volentieri una parte di ecclesiastici sta facendo da sponda.
Come abbiamo già scritto tutto nasce dal resoconto scandalizzato de L’Espresso in
merito a un intervento di padre Giovanni Cavalcoli in una trasmissione di Radio
Maria, in cui avrebbe affermato che il terremoto dell’Italia centrale «è colpa
delle unioni civili». In realtà il caso nasce un po’ prima, perché padre
Cavalcoli – che stava facendo una catechesi sul Battesimo - risponde alla
domanda di un ascoltatore, tale Costantino di Cesena, che - lunga e articolata
- sembra proprio voler mettere in bocca a padre Cavalcoli la risposta di cui
sopra.
Torniamo
ad ogni modo all’articolo dell’Espresso che, come detto, attribuisce a
padre Cavalcoli un’affermazione che invece non ha fatto. Anzi, in relazione
alla domanda, il teologo domenicano si mostra molto prudente. Ma non importa
perché il giornalista dell’Espresso ha già una tesi bella che
pronta, e non sarà certo la prudenza di padre Cavalcoli a frenarlo. Guarda
caso, l’autore dell’articolo è un giovane giornalista, Simone Alliva, militante
Lgbt. Non solo, a sentire un suo
intervento a un convegno Lgbt, si direbbe che tiene costantemente sotto
controllo alcuni conduttori di Radio Maria che parlano di omosessualità e
dintorni. Ovviamente l’articolo viene ripreso immediatamente da Repubblica (stesso
gruppo editoriale), ma anche da altri giornali. Eppure avrebbe fatto la fine di
altri articoli al veleno contro Radio Maria – dopo due giorni non l’avrebbe
ricordato nessuno - se non fosse per l’intervento inusuale e a dir poco
sproporzionato del numero 2 della segreteria di Stato, monsignor Angelo
Becciu.
Proprio
il soggetto che interviene fa capire che l’intervento è più politico che dottrinale (la
segreteria di Stato corrisponde al ministero degli Esteri), e il motivo è
duplice: anzitutto il problema non è la sensibilità per le vittime del
terremoto ma il riferimento alle unioni civili e perciò all’omosessualità. Non
a caso a ruota di monsignor Becciu sono arrivati con i loro sgradevoli commenti
il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, e alcuni vescovi
particolarmente sensibili al tema omosessualità.
Se
padre Cavalcoli avesse detto che la causa del terremoto a Norcia è stata la ribellione di
Madre Natura per il mancato rispetto da parte dell’Italia degli accordi per
ridurre le emissioni di anidride carbonica, nessuno avrebbe avuto nulla da
ridire. Di più, dal Vaticano sarebbero arrivati ampi consensi per il richiamo alla
“conversione ecologica”, consensi come al tempo in cui lo stesso Cavalcoli si
dichiarò favorevole alla comunione per i divorziati risposati (dall’altare alla
polvere in pochi mesi). Del resto anche il direttore di Radio Maria,
padre Livio Fanzaga, per tutto il tempo della discussione sulla legge Cirinnà
non è stato affatto tenero con quanti l’hanno apertamente sostenuta o comunque
favorita. E per questo deve pagare, anche nel senso letterale del termine.
Passa
infatti un solo giorno, ed ecco che Repubblica lancia, già pronto, un altro
siluro: Radio Maria prende dei soldi dallo Stato – 2milioni e 90mila euro nel
triennio 2011-2013 – a mero titolo di sostegno, denuncia. «Quegli anatemi di Radio Maria pagati con i soldi pubblici»,
titola sobriamente Repubblica. I terremotati non c’entrano niente:
ma come, si chiedono a Repubblica, accusano lo Stato «di avere
scatenato il castigo di Dio» (il problema è sempre la legge sulle unioni
civili) e poi dallo stesso Stato pretendono denaro senza neanche vergognarsi?
E
davanti a questo sdegno espresso da un giornale come Repubblica il governo non può certo
rimanere insensibile. E infatti passano solo poche ore e il Ministero dello
Sviluppo economico invia al giornale romano un comunicato in cui annuncia che a
partire dall’esercizio 2016 il contributo a Radio Maria è sospeso. Più veloci
della luce, a dimostrazione che il problema della lentezza in Italia non è
nella Costituzione. «È un'ottima notizia, esattamente quella che speravamo di
apprendere», chiosa Repubblica, soddisfatta per l'ordine eseguito.
Giustizia
è fatta allora? Non ancora,
perché nel frattempo il povero padre Cavalcoli – sospeso da Radio Maria e
costretto al silenzio dal provinciale dei domenicani – si becca anche una querela per diffamazione da parte di alcuni
rappresentanti del movimento gay: «La legge contro l’omo-transfobia che giace
in Senato dal 2013 – dice un comunicato dell’Associazione nazionale
contro le discriminazioni da orientamento sessuale (Anddos) - è purtroppo
vecchia e superata nella sua impostazione, poichè giustifica l’omofobia delle
organizzazioni religiose di carattere integralista: l’episodio di Padre
Cavalcoli dimostra, infatti, la necessità di aprire una nuova fase culturale di
sensibilizzazione sulle discriminazioni omo-transfobiche, un processo che dovrà
culminare in una proposta di legge che equipari finalmente l’omo-transfobia al
razzismo».
Qualcuno
in Vaticano si è accorto del trappolone e ha pensato di fare retromarcia, quantomeno
di frenare questa caccia alle “streghe” Cavalcoli e Radio Maria? Al contrario,
ieri ci ha pensato Alberto Melloni a regolare definitivamente i conti in nome
del nuovo corso della Chiesa, sempre dalle colonne di Repubblica che
oltre che giornale-partito è ormai diventato anche un giornale-chiesa.
Melloni,
intellettuale molto ben inserito nelle
gerarchie che contano e anche nel governo (a proposito: il suo istituto
bolognese prende tanti soldi pubblici da far impallidire Radio Maria) ieri ci è
andato giù pesante nel regolamento di conti contro quel «sottosuolo cattolico
opaco e apprensivo, fatto di sentimenti reazionari». È un mondo definito
«pulviscolo integrista», che agita vecchi fantasmi anti-modernità usando i
nuovi media e distribuisce paura e odio a piene mani. Radio Maria, dice
Melloni, «inculca in dosi quotidiane sospetti e inimicizie, con il suo leader,
padre Livio Fanzaga che ogni giorno spiega leggendo i giornali dove sono i
pericoli, chi sono gli avversari e soprattutto "smaschera" i
traditori».
Ma
non è solo questa radio, c’è un mondo più ampio – dice sempre Melloni –
di «siti e antenne, blog e social» che «somministrano paure su misura: le paure
su quel che si insegna a scuola per i movimenti pro-vita, quelle dei preti
tradizionalisti che danno alla xenofobia leghista profumo d' incenso, quelle
del radicalismo familista che manifestano verso l'amore omosessuale il
risentimento degli irrisolti».
Appare
chiaro che per Melloni – e i suoi sodali in Vaticano - la soluzione sia spazzare
via questa galassia senza pietà, perché rischia di ritardare la pacificazione
con il mondo che la Santa Sede sta perseguendo. Vale a dire: la partita non è
ancora finita, la triangolazione Repubblica-Governo-Vaticano (almeno alcuni
settori) andrà avanti e il messaggio inviato attraverso Melloni è chiaro: non
si fanno prigionieri.
(Fonte:
Riccardo Cascioli, La Nuova bussola quotidiana, 9 novembre 2016).
Nessun commento:
Posta un commento