Grazie
a Dio non sono teologa, per cui non ci provo neanche a pesare col bilancino le
parole che sono state dette dalle due parti in Svezia. Siccome sono cattolica,
mi fido del Papa, e finché non cambia il Catechismo dormo come un bimbo
svezzato in braccio a mia madre, la Chiesa. Una. Santa. Cattolica. Apostolica.
Se cambia il Catechismo, avvisatemi (citofonate ore pasti).
Ma
dire che non mi preoccupo, anzi mi fido delle scelte pastorali del Papa, non
significa dire che non mi interessa ogni singolo iota del patrimonio che mi è
stato tramandato. Non mi riconosco pertanto nell’incredibile
articolo uscito sul Corriere della Sera a firma di Lucetta Scaraffia:
“oggi
molti dei profondi dissensi che hanno causato la scissione della Chiesa non
hanno più ragion d’essere: il problema della salvezza non assilla più nessuno”.
Io non
so quali cattolici frequenti Lucetta, ma quelli che conosco io della salvezza
si preoccupano eccome.
Sono
quelli che vanno a messa, che affollano i santuari, che pregano (non perché
siano bigotti ma perché c’è scritto nel Vangelo di pregare senza interruzione,
e non l’ha detto mia nonna, ma Gesù), che digiunano, che scommettono seriamente
la vita su Gesù, perché hanno trovato la felicità con lui solo. Che non vivono
obbedendo a se stessi ma cercano di vivere la vita del battesimo, quindi la
croce, scandalo per gli uomini, perché hanno scoperto che quella vita è meglio
di quella del mondo. Sono quelli che hanno passato le porte sante perché sanno
che il Giubileo non è una convention ma la possibilità della salvezza eterna
per noi e per i morti a cui teniamo, contrariamente a quanto scritto:
“Così
come le indulgenze sono scomparse dal nostro orizzonte, e pure l’aldilà sembra
da decenni dileguato”.
Non so
come la risolvano gli intellettuali, ma alle persone che frequento io, tante,
la morte rappresenta ancora un problema, IL problema, per l’esattezza. Come
possiamo non fare i conti con questo? Nonostante la nostra cultura rimuova il
tema dall’immaginario (la morte non si dice, i morti non si fanno vedere ai
bambini) o al contrario lo spettacolarizzi (altro modo di esorcizzarlo), il
fatto che dobbiamo morire, e che non sappiamo né come, né quando, e che dopo
c’è un’altra vita, ci riguarda tutti. Io per me, mio marito, i nostri figli e
quelli a cui voglio bene, spero solo che ci salviamo, e che ci ritroveremo in
cielo tutti. Non voglio figli di successo, né geni, né ricchi (il pericolo pare
abbastanza remoto, peraltro), ma salvi, cioè vivi in eterno. Personalmente un
Dio che mi ha predestinata a una sorte che ha deciso lui non mi sembra
somigliare tanto a un Padre che mi ama alla follia, ma non voglio entrare nel
merito.
Forse
l’articolo intendeva solo dire che pochi sono consapevoli delle verità della
fede, mi sono detta. E questo è vero, è sotto gli occhi di tutti, anche dei
miei. Per esempio, quando ho lanciato dal mio blog l’idea di prendere ciascuno
l’indulgenza plenaria per ognuna delle vittime del terremoto di Amatrice ho
passato le successive 24 ore a rimuovere migliaia di insulti e bestemmie dal
mio profilo. Forse la cattolica Lucetta vorrà anche lei lanciare l’allarme,
sarà come me preoccupata. E invece no. Perché prosegue:
“Perché
allora litigare ancora su tutto questo? E come litigare ancora sul libero
accesso ai testi sacri, se oggi anche i cattolici sono abituati a leggere la
Bibbia nelle edizioni che preferiscono, in gruppi di lettura e di commento
animati dalla più grande vivacità?”
Io
tengo alla Tradizione, che i luterani non riconoscono, cioè al deposito della
fede tramandato in duemila anni di martiri, apostoli, padri della Chiesa,
teologi e santi, e il Concilio ci ha invitato a riprenderci la Bibbia, sì, ma
tenendo con una mano il capo di questa lunga cordata di intelligenze e geni che
non si è mai interrotta nei secoli.
“Certo,
rimangono questioni teologiche aperte, come i sacramenti — ridotti di numero
dai luterani — ma queste sono per lo più questioni che non toccano molto i
fedeli”.
I
sacramenti trasfigurano completamente la realtà, e qui si gioca tutta la nostra
fede, che non è un’ideologia, ma l’intervento attivo e personale di Dio sulla
nostra vita, una presenza che cambia tutto. La confessione mi ridà l’intimità
con Dio, e vorrei che lo facesse di più, perché “a chi non rimetterete i
peccati resteranno non rimessi”, e io ne avrei sul groppone troppi. Sul
matrimonio come sacramento ho scommesso tutta la mia vita. Con la cresima sono
diventata adulta (a 19 anni). L’estrema unzione spero tanto di poterla avere,
per questo mi auguro di non morire all’improvviso. Meglio soffrire ma potermi
preparare all’incontro.
Quanto
al sacerdozio, l’altro sacramento non riconosciuto dai protestanti, è ciò che
permette il più grande prodigio della terra: il pane per noi è sostanza di Dio.
O quel pane è davvero Dio o siamo tutti pazzi. Miliardi di pazzi hanno popolato
il pianeta negli ultimi duemila anni? Di fronte a questa domanda, mi sembrano
quisquilie i temi che secondo il Corriere ci dividono dai luterani:
“ il divorzio, il controllo
delle nascite, l’omosessualità, cioè sulle questioni bioetiche nelle quali le
chiese protestanti, nel Novecento, hanno preso una posizione quasi sempre
opposta a quella cattolica”.
Sinceramente,
chi se ne importa di queste cose se non le misuriamo sulla vita eterna? Non me
ne importa niente di essere una brava persona, mi importa di non rompere la
relazione con il più bello tra i figli dell’uomo. Se non è per quello, della
bioetica si occupino pure i filosofi.
(Fonte:
Costanza Miriano, Il blog, 4 novembre 2016
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