La promulgazione della Dichiarazione della Dottrina per la Fede Fiducia supplicans, del 18 dicembre 2023 () e le reazioni che ad essa sono seguite ci offrono una possibile chiave di lettura del prossimo conclave.
L’autore
della Dichiarazione è lo stretto collaboratore e ghost writer di
papa Francesco, Victor Manuel Fernández, nominato il 1° luglio 2023 prefetto
del nuovo Dicastero per la Dottrina della Fede e creato cardinale il successivo
30 settembre. Il documento è sottoscritto ex audientia da papa
Francesco, in maniera da renderlo inappellabile. Normalmente il documento
dovrebbe essere espressione del Magistero ordinario della Chiesa, ma non lo è,
proprio perché, allontanandosi dall’insegnamento della Chiesa, perde ogni
carattere di “magisterialità”.
Fiducia
supplicans costituisce
però un vero e proprio “manifesto bergogliano”, per una specifica
caratteristica, che già fu del modernismo: afferma la fedeltà al Magistero
della Chiesa, mentre con una spregiudicata acrobazia intellettuale lo
capovolge. In particolare, Fiducia supplicans nega che una
relazione omosessuale possa essere mai equiparata al matrimonio, ma
autorizzando la possibilità di benedire quella relazione, la approva,
contraddicendo su questo punto il Magistero, che ha sempre condannato il peccato
contro natura. Afferma, con tono rassicurante, che la benedizione è
extra-liturgica, ma poiché si può benedire (bene dicere) solo ciò che è
in sé buono, ammette con ciò l’intrinseca bontà della relazione omosessuale.
Nega di benedire la relazione omosessuale in quanto tale, ma dal momento che
ciò che viene benedetto non è una singola persona, ma la pretesa “coppia”, alla
quale non viene chiesto di porre fine alla relazione illecita, benedice il
legame che unisce in maniera peccaminosa i due “partner”.
Come
meravigliarsi se il cardinale Gerhard L. Müller, prefetto emerito della
Congregazione per la Dottrina della Fede, ha definito questa benedizione un
atto sacrilego e blasfemo (qui)?
Il
pronunciamento del cardinale Müller è stato forte e articolato, ma non è
l’unico apparso nelle scorse settimane. Il fatto nuovo, che ci offre una chiave
di lettura del prossimo Conclave, è la discesa in campo di vescovi e cardinali
che mai avevano espresso pubblicamente perplessità o critiche verso papa
Francesco. Fino ad oggi infatti le reazioni più significative alla deriva
del pontificato bergogliano erano state la Supplica filiale, sottoscritta nel 2015
da centinaia di migliaia di firmatari in tutto il mondo, la Correctio filialis,
presentata nel 2017 da un gruppo di teologi e intellettuali cattolici e i Dubia presentati
da alcuni eminenti porporati, tra i quali i cardinali Raymond Leo Burke e
Walter Brandmüller nel 2016 (qui) e nel 2023 (qui).
Questa
volta è diverso. Una dopo l’altra si sono succedute, con tonalità diverse, le
voci dissonanti dei vescovi del Ghana, dello Zambia, del Malawi, del Togo, del
Benin, del Camerun, del Kenya, della Nigeria, del Congo, del Ruanda, di Angola
e São Tomé (cfr. https://caminante-wanderer.blogspot.com/2023/12/las-reacciones-fiducia-supplicans.html), praticamente tutti i
vescovi africani, mentre la conferenza episcopale panafricana ha lanciato un
appello per un’azione concertata, firmato dal cardinale Fridolin Ambongo,
arcivescovo metropolita di Kinshasa, che ha ricevuto la porpora il 5 ottobre 2019
da papa Francesco.
A
queste voci critiche si sono aggiunte quelle dei vescovi polacchi, dei vescovi
dei due riti, latino e greco-cattolico, dell’Ucraina, dell’arcidiocesi di
Astana in Kazakistan e di molte altre singole diocesi sparse nel mondo, come
quella di Montevideo. Il cardinale Daniel Fernando Sturla, arcivescovo di
Montevideo, è stato anch’egli creato cardinale da papa Francesco il 14 febbraio
2015 e, come il cardinale Ambongo, è uno degli elettori del prossimo Conclave.
Si
potrà dire che si tratta di una minoranza, e infatti lo è. D’altra parte sono
una minoranza ancora più ristretta i vescovi che hanno esplicitamente aderito
alla Dichiarazione del Dicastero della Dottrina della Fede. Ma è interessante
notare che la critica più forte di Fiducia supplicans è stata
espressa proprio da quelle “periferie” che tanto spesso papa Francesco ha
invocato come portatrici di autentici valori religiosi ed umani, mentre la
filosofia del documento è stata fatta propria da alcune conferenze episcopali,
come quelle del Belgio, della Germania e della Svizzera, che rappresentano gli
episcopati più mondanizzati e lontani dai problemi esistenziali delle
“periferie”.La larga maggioranza dei vescovi e dei cardinali o non si è
manifestata o, quando l’ha fatto, ha suggerito di interpretare Fiducia
supplicans su una linea di coerenza, e non di discontinuità, con il
Catechismo della Chiesa cattolica, e con il precedente Responsum del
15 marzo 2021 della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla
possibilità di benedire le unioni di persone dello stesso sesso. Posizione
impervia, quella di questi cardinali e vescovi, sia sul piano dottrinale che su
quello pastorale. Le ragioni dell’ambiguità vanno probabilmente ricercate nel
timore di non entrare in aperto conflitto con papa Francesco e con i poteri
mediatici che lo sostengono. Questo centro magmatico e confuso non è tuttavia
“bergogliano” e, nella sua espressione cardinalizia, costituisce l’oscillante
“Terzo Partito” tra le due minoranze che si affronteranno nel prossimo
conclave: da una parte il polo fedele all’insegnamento della Chiesa, dall’altra
il polo fedele al “nuovo paradigma”. Lo scontro si svolgerà in una situazione
di “sede vacante”, quando papa Francesco sarà già uscito di scena, i media
taceranno ed ogni elettore si troverà solo di fronte a Dio e alla propria
coscienza. Quanto basta per far pensare che il prossimo conclave sarà
contrastato, non breve e forse non privo di colpi di scena.
Fonte:
Roberto de Mattei, Corrispondenza Romana, 27 Dicembre 2023
https://www.corrispondenzaromana.it/fiducia-supplicans-e-il-prossimo-conclave/
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