La Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni emanata il 18 dicembre 2023 dal Dicastero per la Dottrina della Fede, segna uno dei punti più bassi del pontificato di papa Francesco. Questo documento, infatti, contraddicendo la dottrina della Chiesa, approva e di fatto promuove la “benedizione” di “coppie” che vivono in una situazione intrinsecamente immorale, con una particolare attenzione a quelle omosessuali.
Per
comprendere le origini di quanto è accaduto bisogna risalire ai primi anni
Settanta del Novecento, quando, sull’onda della Rivoluzione del Sessantotto, ma
anche della “nuova morale” postconciliare, iniziarono a diffondersi nella
Chiesa forme di “apertura” alle relazioni omosessuali. Secondo la dottrina
tradizionale, l’atto sessuale è in sé stesso, per sua natura, ordinato alla
procreazione ed è buono solo se avviene all’interno del matrimonio, senza
essere distolto dal suo fine. Invece, per i nuovi teologi, l’atto sessuale è
sempre buono, perché costituisce il momento più intimo ed intenso dell’amore
umano, indipendentemente dal fatto che sia ordinato o no alla procreazione, che
si svolga o no all’interno del matrimonio e che coinvolga uomini e donne di
differente o dello stesso sesso.
Contro
questi errori la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò il 29
dicembre 1975 la dichiarazione Persona
humana, firmata dal Prefetto, cardinale Seper, che
affermava, tra l’altro: «Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni
omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Esse
sono condannate nella sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate,
anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio. Questo giudizio della
Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di
questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli
atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e che, in nessun
caso, possono ricevere una qualche approvazione».
Il Catechismo
della Chiesa cattolica, pubblicato nel 1992, affermava a sua volta, al n.
2357: «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni
omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che
“gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono
contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita.
Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In
nessun caso possono essere approvati».
Dello
pseudo “matrimonio omosessuale”, si cominciò a parlare solo a partire dagli
anni Novanta del Novecento, soprattutto dopo che il Parlamento europeo, con una
sua risoluzione dell’8 febbraio 1994, invitò gli Stati membri dell’Unione «ad
aprire alle coppie omosessuali tutti gli istituti giuridici a disposizione di
quelli eterosessuali». Nell’Angelus del 20 febbraio 1994, Giovanni Paolo II
condannò esplicitamente la risoluzione europea, affermando che «non è
moralmente ammissibile l’approvazione giuridica
della pratica omosessuale. Essere comprensivi verso
chi pecca, verso chi non è in grado di liberarsi da questa tendenza, non
equivale, infatti, a sminuire le esigenze della norma morale (cfr. Giovanni
Paolo II, Veritatis
Splendor, 95)» (Angelus del
20 febbraio 1994).
Questa
posizione è rimasta sostanzialmente immutata ma, soprattutto a partire dal
Sinodo dei vescovi tedeschi apertosi nel 2020, sono cominciate a diffondersi le
richieste di “benedizione” di “coppie” omosessuali. Il 15 marzo 2021, l’allora
Congregazione (oggi Dicastero) per la Dottrina della Fede, presieduta dal
cardinale Luis F. Ladaria ha pubblicato un Responsum nel
quale rispondeva al dubbio se la Chiesa disponesse del potere di impartire la
benedizione alle unioni di persone dello stesso sesso. Il Dicastero vaticano
rispondeva negativamente, spiegando che, essendo le benedizioni dei
sacramentali, esse richiedono che «ciò che viene benedetto sia
oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in
funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da
Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione
impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire
quei disegni».
Fin
dalle origini la Chiesa, facendo eco alla maledizione delle Sacre Scritture (Gen.
18, 20; 19, 12-13, 24-28; Lev. 12, 22 e 29; Is. 3,
9; 1 Tim. 1, 9-10; 1 Cor. 6, 9-10) ha
condannato il peccato contro natura per bocca dei Padri e Dottori della Chiesa,
dei santi, dei Papi, dei Concili e del Diritto canonico. La dichiarazione Fiducia
supplicans del Dicastero della Dottrina della Fede,stravolge questo
Magistero.Il documento si apre con una presentazione del Prefetto Fernandez, il
quale spiega che la dichiarazione intende «offrire un contributo specifico e
innovativo al significato pastorale delle benedizioni» permettendo «di
ampliarne e arricchirne la comprensione classica»attraverso una riflessione
teologica«basata sulla visione pastorale di Papa Francesco». I
riferimenti del testo che segue sono sempre e solo all’insegnamento di papa
Francesco, ignorando tutti precedenti pronunciamenti della Santa Sede, come se
l’insegnamento della Chiesa cominciasse ex novo con lui.
Dopo
i primi paragrafi (1-3), la dichiarazione dichiara «inammissibili riti e
preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del
matrimonio» e «ciò che lo contraddice», per evitare di riconoscere
in qualunque modo «come matrimonio qualcosa che non lo è. La dottrina della
Chiesa su questo punto resta ferma» (nn. 4-6). Ma è proprio in questa
precisazione che sta l’inganno e l’ipocrisiadel documento, firmato dal
cardinale Victor Manuel Fernández, e controfirmato ex audientia, da
papa Francesco.
Il
primo punto fuorviante è quello di affermare che le relazioni omosessuali non
sono equiparate al matrimonio cristiano, evitando però di definirle atti
intrinsecamente disordinati; il secondo punto è l’insistenza sulla distinzione
tra benedizioni liturgiche ed extra-liturgiche, come se una benedizione
extra-liturgica, fatta da un sacerdote, potesse rendere lecito ciò che è
illecito benedire. Nel secondo capitolo del documento (nn. 7-30) si afferma che
quando con un apposito rito liturgico «si invoca una benedizione su alcune
relazioni umane», occorre che «ciò che viene benedetto sia in grado di
corrispondere ai disegni di Dio iscritti nella Creazione» (11), ma se ci si
muove «al di fuori di un quadro liturgico», la richiesta di benedizione
va accolta e valorizzata, perché ci si trova «in un ambito di maggiore
spontaneità e libertà» (n. 23). Ancora una volta si dà ad intendere che
queste “relazioni umane” non siano in contraddizione con la legge naturale e
divina.
Il
terzo capitolo della dichiarazione (nn. 31-41) ammette dunque la «possibilità
di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso
sesso»(n. 31).Le rassicurazioni, puramente retoriche, secondo cui «non
si devené promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in
una situazione irregolare» (n.38) e che «questa benedizione
mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in
relazione a essi» (n. 39), continuano ad aggirare con deliberata ambiguità
il punto di fondo dell’intrinseca immoralità delle relazioni omosessuali. Va
sottolineato che il documento autorizza la benedizione non di un singolo
fedele, che voglia liberarsi da una situazione irregolare, ma quella di una
“coppia”, che nella condizione di peccato vive stabilmente, senza alcuna
intenzione di liberarsene. Coppia, oltretutto, che tale non può essere
definita, non trattandosi dell’unione naturale di un uomo e di una donna. Questa
relazione peccaminosa viene oggettivamente benedetta.
Molto
scandalo suscitò la frase di papa Francesco «Chi sono io per giudicare un
gay?», pronunciata il 29 luglio 2013, sul volo di ritorno a Roma da Rio de
Janeiro. Quella frase, pur rappresentando un chiaro messaggio mediatico, poteva
essere minimizzata come una infelice boutade estemporanea. La
Dichiarazione Fiducia supplicans è enormemente più grave,
perché è una “dichiarazione” ufficiale, di cui il portale dell’informazione
della Santa Sede Vatican News sottolinea la rilevanza,
scrivendo che «era dall’agosto di 23 anni fa che l’ex Sant’Uffizio non
pubblicava una dichiarazione (l’ultima fu nel 2000 Dominus Jesus),
documento dall’alto valore dottrinale». Spetterà ai teologi e ai canonisti
offrire una accurata valutazione di questo atto del Dicastero della Dottrina
per la Fede. Per ora il semplice sensus fidei ci fa affermare
che non è possibile avallare in alcun modo, e meno che mai con una
“benedizione”, una relazione viziosa e immorale. Il sacerdote che impartisse
tali benedizioni, o un vescovo che le approvasse, commetterebbe un peccato
pubblico grave. E, duole dire, che un gravissimo peccato è stato commesso da
chi ha promulgato e firmato questa scandalosa dichiarazione.
Fonte:
Roberto De Mattei, Corrispondenza Romana, 20 Dicembre 2023.
https://www.corrispondenzaromana.it/quo-usque-tandem-il-dicastero-per-la-dottrina-della-fedebenedice-il-peccato-contro-natura/
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