Un autorevole gruppo di vescovi anglicani ostili alla consacrazione vescovile di donne e gay ha aperto un canale segreto di dialogo con il Vaticano in vista di ''legami più stretti con Roma'', secondo informazioni pubblicate in esclusiva dal “Sunday Telegraph” che confermano la gravissima, lacerante crisi in cui si dibatte la chiesa fondata da Enrico VIII nel 1535. Il domenicale londinese dice di conoscere l'identità dei vescovi di spicco che nel massimo riserbo hanno avuto abboccamenti con esponenti della Congregazione per la Dottrina della Fede ma non ne fa i nomi tenendo conto della ''natura delicata e potenzialmente esplosiva dei colloqui''.
La Comunione anglicana, forte di circa ottanta milioni di fedeli sparsi per il mondo e concentrati soprattutto nei Paesi anglofoni, e' spaccata sostanzialmente in due sull'ammissibilità della consacrazione vescovile di donne prete e di preti gay. A Gerusalemme, giusto una settimana fa, trecento vescovi tradizionalisti - in rappresentanza soprattutto di diocesi di Asia, Africa e Australia - sono arrivati ad un passo dalla scisma: hanno deciso di organizzarsi in ''chiesa dentro la chiesa'' con un proprio clero e con propri seminari e hanno avvertito che non riconosceranno piu' come indiscutibile autorità suprema l'arcivescovo di Canterbury, a loro giudizio succube dei liberali femministi e pro-gay. Si atterranno inoltre agli insegnamenti dottrinali del passato, respingendo tutti gli sforzi di ''aggiornamento''.
Un altro cruciale capitolo di questa sconquassante battaglia è in calendario nelle prossime ore, quando i 468 delegati del Sinodo Generale anglicano, riunito da diversi giorni all'Università di York, dovrebbero votare un pacchetto di ''misure di accomodamento'' a favore di quella parte di clero e di parrocchie contrarie alla prospettiva di avere a capo della loro diocesi un gay dichiarato o una donna. Secondo le rivelazioni del “Sunday Telegraph”, né confermate né smentite sia dalla chiesa anglicana che in ambito cattolico, i vescovi tradizionalisti avrebbero avviato contatti con il Vaticano all'insaputa dell'arcivescovo di Canterbury (nella foto) per esplorare la possibilità di una ''maggiore unità con Roma''. A quanto sembra, questi abboccamenti non preludono ad una clamorosa confluenza nell'alveo cattolico, ma sono in gran parte uno strumento di pressione per dare più peso al punto di vista conservatore all'interno del mondo anglicano. La 'fuga di notizie' sul “Sunday Telegraph” mentre e' in corso il Sinodo Generale - l'organo di governo della Church of England - e alla vigilia di un voto cruciale, non sembra un caso. Il 'casus belli' all'origine del dirompente scontro risale al 2003, quando gli anglicani tradizionalisti - molto vicini alla religione cattolica sotto il profilo teologico - reagirono esterrefatti alla nomina negli Stati Uniti di un prete apertamente gay, Gene Robinson, a vescovo del New Hampshire. Il disagio viene però da più lontano, almeno dai primi Anni Novanta, quando dopo furiose e sofferte polemiche la chiesa anglicana diede luce verde all'ordinazione sacerdotale delle donne e pagò questa novità con l'esodo di alcune centinaia di preti passati in blocco alla Chiesa cattolica. (Petrus, 6 luglio 2008)
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