Dev’esserci davvero una legge del contrappasso se la sinistra più elitaria e più chic, la sinistra dei salotti e delle terrazze, delle letture buone e delle vacanze intelligenti, di Capalbio e dello slow food, insomma dev’esserci una giustizia severa e beffarda o più semplicemente una giustizia se questa sinistra finisce per farsi rappresentare da un uomo come Di Pietro. Che probabilmente ha scritto più libri di quanti ne abbia letti. Che se potesse starebbe alla destra della destra. Che viene dal mondo dei questurini, il più schifato dai reduci della meglio gioventù. Che l’altro ieri ha osato arringare gente abituata alle sale dell’Auditorium e ai tavolini del Gusto parlando dall’interno di una camicia a maniche corte, che è propria solo degli americani e dei bifolchi, e Di Pietro non è americano. Anche Grillo non c’entra niente con quel mondo lì. E non c’entra niente - come origini e come storia, voglio dire - nemmeno Marco Travaglio, che è pure lui di destra, anche se più colto e più intelligente di Di Pietro. Travaglio dice che se Berlusconi continua a rivincere è perché la sinistra si suicida e forse ha tante ragioni. Ma difficilmente si ricorda un regalo al Cav come quello che gli hanno confezionato i «No Cav» dell’altro ieri. Avvenire ha scritto: «Mai così in basso». Si dirà che Avvenire è Avvenire e difende il Papa, al quale i girotondini di piazza Navona hanno augurato *****. Ma anche Veltroni ha definito «follia» la manifestazione di martedì. Si dirà che Veltroni è Veltroni. Ma che si può dire di Furio Colombo? Ha diretto l’Unità più barricadiera ed estremista della storia, eppure alla fine della manifestazione è salito sul palco e ha detto mi sono trovato malissimo, quel che avete fatto è «stupido, sbagliato, volgare, fuori posto». Anche i giornali amici hanno preso le distanze. Anche Rita Borsellino. Anche Nanni Moretti, che era lì in piazza ma si è ben guardato dall’intervenire, e a un certo punto se n’è andato. L’Italia che era in piazza Navona era l’Italia di quegli eletti che hanno preso sul serio la lezione di Umberto Eco: non conta il voto popolare, non è detto che la maggioranza abbia ragione. L’Italia di piazza Navona era la minoranza illuminata che spera che la maggioranza capisca l’errore che ha fatto votando centrodestra. Insomma l’Italia dei migliori - come ha scritto ieri Buttafuoco - che ogni tanto ricompare con la sua pretesa di elezione spirituale e intellettuale: ma mai come l’altro ieri l’Italia dei migliori si è dimostrata peggiore.«Mai così in basso»: Avvenire ha ragione. La sinistra che lamenta l’imbarbarimento culturale del Paese e che si straccia le vesti per il Grande Fratello e l’Isola dei famosi ha mandato sul palco e applaudito una Sabina Guzzanti che parla delle «donne che la danno via», che grida «non puoi mettere alle Pari opportunità una perché ti ha ***********», e non è solo questione di volgarità, è anche questione di calunnia perché non c’è un pezzo di carta che dimostri quel che dice, ma la Guzzanti se ne frega, sputa anche sulla malattia di Bossi chiedendosi «perché non diventa ministro anche quella che gli ha fatto venire il coccolone». Tira in ballo il Papa - chissà che cosa c’entra - del quale crede evidentemente di essere il Datore di lavoro, visto che ne decreta il destino eterno: «all’inferno, ***************». Ma che ridere. Ma che superiorità culturale, questa comica che s’è tanto battuta per una tv intelligente. Che volete. Noi che non siamo né raffinati né colti né progressisti, non comprendiamo la creatività, l’umorismo e la capacità di analisi politica di un Grillo che si collega con la piazza per dire ****, il premier ha fatto una figura di ***, e c’è chi sa vendere la ***. Che classe. Dal palco si alternano fini osservatori, insultano gli editorialisti tipo Galli della Loggia e dicono «Alfano spara cazzate», Moni Ovadia urla «fascisti, genocidi, razzisti, assassini, criminali, fucilatori di partigiani», Flores invece denuncia che «hanno rubato i voti degli italiani», Camilleri crede di far ridere con battute tipo «la morale di Berlusconi ha più buchi di un colabrodo», e c’è chi ride davvero. Ma sì, la gente della piazza è contenta così, Fiorella Mannoia dice che adesso può «andare a letto con la coscienza tranquilla». Sarà per tutto questo che crediamo anche noi che mai si era scesi così in basso, e che vengono riabilitati - alla grandissima - i vecchi festival dell’Unità, le salamelle alla brace e le patatine fritte nell’olio della 127, le gare di rutti e quelle di puzzette. Sarà per tutto questo che l’altra sera ci è venuta - tenetevi forti cari lettori perché non sappiamo come dirvelo - ci è venuta, insomma, una profonda, struggente, irresistibile nostalgia di Nanni Moretti. (Michele Brambilla, Il Giornale, 10 luglio 2007).
Tra voglia di stigmatizzare e desiderio di sminuire, il Vaticano accoglie gelidamente l'offesa che Sabina Guzzanti ha indirizzato al Papa dal palco di piazza Navona nel 'No Cav Day' di ieri sera. "La volgarità si qualifica di per se stessa", si limita a dire il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Sulla stessa linea il vicariato di Roma, che diffonde una breve nota per fare scudo al Pontefice, che è anche vescovo della capitale. La diocesi "esprime il suo profondo dispiacere per le parole offensive riferite al Santo Padre", afferma il card. Agostino Vallini, vicario del Papa da poche settimane. "Quanto avvenuto non merita ulteriori commenti". Non è la prima volta che si materializza uno scontro tra il Vaticano e la satira italiana. Il segretario personale del Papa, mons. Georg Gaenswein, ebbe a lamentarsi per le imitazioni papali di Fiorello e Crozza. Ad un concerto del primo maggio di due anni fa, poi, una battuta del comico Andrea Rivera in diretta tv fu subito bollata dall'Osservatore romano. "Anche questo è terrorismo", denunciò il foglio vaticano. Nuove scintille in occasione del gaypride, con ministri di sinistra in piazza e slogan "no vat" tra i partecipanti. Ma era un'altra stagione politica, il "cattolico adulto" Prodi suscitava qualche malumore nei Sacri Palazzi, la Cei e il vicariato romano erano guidati saldamente dal cardinale Camillo Ruini e tra le due sponde del Tevere la tensione era salita per il disegno di legge sui Dico. "Meglio contestati che irrilevanti", era il motto di Ruini, che si tradusse puntualmente in realtà con le minacce al suo successore, l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco.
Ora a Palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi, in Parlamento non c'è più la Sinistra, il Papa ha benedetto il "nuovo clima" politico e ha lodato i primi bagliori di una collaborazione bipartisan. Anche gli attacchi pubblici a Benedetto XVI e ai maggiorenti cattolici sembravano lontani. E invece, rotto il dialogo, sono riemerse le contumelie. E se la kermesse di piazza Navona mette in fibrillazione l'opposizione e la procura di Roma decide di aprire un'indagine sulle offese al Papa e a Napolitano, nella Chiesa cattolica italiana c'è chi intravede qualcosa di più profondo del cattivo gusto. Il sospetto è che i comici alla Guzzanti & Co. diano voce ad un anticlericalismo diffuso, ad un atteggiamento politico, alla stessa cultura che contestò la visita del Papa alla Sapienza. E' la "coscienza laica" del Paese, per il Servizio informazione religiosa dei vescovi (Sir), a "ribellarsi" alla "menzogna e all'ignoranza che formano la palude in cui nascono e crescono parole ed espressioni che ci rifiutiamo di credere che possano appartenere a un cittadino responsabile, a una persona che pensa e critica, credente o non credente che sia". Per l'Avvenire, dietro la Guzzanti & Co. c'è "un riflesso tipico del laicismo nostrano". "Qui non vale neppure l'alibi della satira", aggiunge il quotidiano della Cei, che poi, con un'espressione ripresa da Berlusconi, afferma che "è solo squallida spazzatura".
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