«Il Cristianesimo non è una nuova filosofia o una nuova moralità, ma l’incontro con Cristo. Solo in questa relazione personale con Il Risorto diventiamo veramente cristiani e così si apre la nostra ragione a tutta la ricchezza della verità. Chiediamo il dono di una fede vivace, un cuore aperto e grande, di una carità per tutti che rinnova il mondo».
Benedetto XVI ha dedicato l’Udienza Generale del 3 settembre 2008 alla conversione di San Paolo sulla via di Damasco, episodio cruciale nella storia della Chiesa perchè trasformò Saulo, il persecutore dei primi cristiani, nell’Apostolo delle Genti. «Paolo – ha ricordato il Papa – non definisce mai conversione questo avvenimento e ci sono varie ipotesi sul perchè egli non usa tale parola […]. Per me però la ragione è evidente: la svolta della sua vita non era frutto di un processo psicologico o di maturazione, era frutto dell’incontro con Cristo Gesù, un avvenimento che lo ha trasformato: in questo senso era morte e risurrezione».
Commentando il racconto della conversione scritto da San Luca negli Atti degli Apostoli, il Pontefice ha osservato che troppo spesso nel leggere queste pagine ci si sofferma sui dettagli: la luce dal cielo, la caduta (in proposito non ha citato il cavallo, che appare nell’iconografia, ma di cui il Nuovo Testamento non parla), la condizione di cecità e la voce che chiama Saulo.
Tutto importante, ma «il centro dell’avvenimento è la Risurrezione di Cristo. San Paolo fu trasformato da un incontro personale con il Signore: è questo il centro del racconto di San Luca. In questo senso – ha concluso il Papa – si può, si deve parlare di una conversione, della quale tuttavia San Paolo non raccontò mai i dettagli, limitandosi a dire che Gesù apparve a Pietro, poi ai Dodici, poi a 500 fratelli in gran parte ancora viventi e poi apparve anche a me».
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