giovedì 15 ottobre 2009

La violenza sulle donne. Un’occasione per riflettere anche sulla “denuncia” facile.

Ci troviamo di fronte ad un crescendo allarmante di violenze corporali, di sevizie, di costrizioni sessuali ignobili, di stupri, di gesta esecrabili da parte di maschi, sempre meno uomini e più bestie, nei confronti delle donne. La cronaca quotidiana ci sbatte puntualmente in faccia, con un gusto cinico, notizie del genere, in tutta la loro crudezza verbale e visiva.
Quello che ci preoccupa è l’innegabile escalation di questi fenomeni di inciviltà, di sopraffazione, di violenza, che ci riportano a situazioni primordiali, da civiltà cavernicola, o anche peggio.
Tuttavia – pur in tutta la loro ripugnanza – questi fatti ci devono comunque far riflettere sulle loro cause scatenanti: perché bisogna anche riconoscere che a volte (rare ma innegabili) ci troviamo di fronte a vittime immaginarie, a persone mentalmente instabili, a mitomani, a millantatrici, attratte dal richiamo di una pubblicità ad ogni costo, lusingate dalla possibilità di un ritorno economico, a volte molto cospicuo ed immediato, ed in altre attraverso un graduale inserimento nel mondo dello spettacolo e del gossip.
Storie recenti ci documentano innegabili casi del genere. Voglia di carriera, di denaro, di fama; una sfrenata cupidigia, un travolgente bisogno di vendetta per torti subiti, veri o presunti che siano; amori non corrisposti, convivenze finite male, rapporti lavorativi con capi dispotici e intransigenti, bisogno di notorietà, ecc. Le cause razionali, o meglio i pretesti irrazionali, per siffatti comportamenti, sono infiniti: e in questo clima di attento interesse e di immediata denuncia da parte dei media, un caso del genere può costituire una insopprimibile tentazione, un piacere sadico, una pseudo liberazione, una vittoria “finale” della femmina ferita e maltrattata nei confronti del maschio dominatore.
La cassa di risonanza offerta poi da alcuni sedicenti movimenti femministi, compie il resto, facendo terra bruciata intorno a persone decisamente innocenti, e tirate in ballo loro malgrado.
Ecco perché gli organi di informazione dovrebbero, prima di sbattere il mostro in prima pagina, vagliare caso per caso, con prudenza e attenzione: perché a volte ci sono “stupri” che in realtà sono rapporti consenzienti o comunque rapporti in cui non è oggettivamente dimostrabile alcuna costrizione, o addirittura rapporti in cui la violenza o la molestia è definita solo a posteriori in base alla soggettiva sensibilità della presunta vittima, autenticati dalla sola sua parola, senza riscontri fattuali né riferimenti oggettivi.
Quindi ai quei media, cacciatori di scandali, che conoscono a priori la verità, che senza alcuna ombra di dubbio sanno immediatamente come siano andate realmente le cose, a quel genere di cronisti che vedono sistematicamente – per partito preso, per postulato matematico – in vescovi, preti, frati e suore il colpevole di turno, la punta di diamante di ogni scandalo; a tutti questi signori, un invito: quando riportate notizie di questo genere, accadute magari in America, tanto per fare un esempio, per favore non chiamate più in causa la Santa Inquisizione o la Caccia alle Streghe (tipo Santoro con i preti pedofili di Boston).
È ora di finirla: voi moderni inquisitori, ateo-laico-mangiapreti, siete molto, ma molto peggio di ogni inquisizione.
Tornando sempre all’America e agli scandali gonfiati ad arte: sapete come funzionano queste cose in America? La popolazione americana è purtroppo afflitta da due cancri dell’estremismo intransigente: puritanesimo e femminismo. Se una persona di genere femminile, meglio se un minorenne di entrambi i sessi, vi accusa di avere abusato in un modo o nell'altro di lei, automaticamente, proprio per un meccanismo perverso di psico-giustizialismo, la gravità dell'accusa funge da presunzione di colpevolezza e voi (a prescindere da ciò di cui siete veramente colpevoli: se averla sedotta senza averle usato violenza, se averle offerto da bere e averci soltanto provato, se averla tradita, se averle fatto uno sgarbo, o semplicemente se vi siete trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato) venite immediatamente tacciati per criminali. Non importa a nessuno se poi, un giorno di non si sa quale anno, un tribunale vi riconoscerà innocenti o completamente estranei al fatto. Voi la condanna l’avete già avuta e avete già pagato la vostra pena.
Allora, cari inquisitori, perché non vi sfiora neppure l’idea che nulla potrebbe essere vero di ciò che strombazzate in giro? Possibile che non vi sfiori l’idea che per ottenere risarcimenti milionari, in uno Stato di giustizialismo finanziario, ogni genere di donne, di uomini (vedi il caso dei preti gay) e perfino di bambini, arrivino ad accusare di ogni nefandezza persone ricche e famose, meglio se ecclesiastici (tanto la Chiesa soldi ne ha tanti!) pur nella loro totale e assoluta estraneità?
Purtroppo, troppo sovente l’avidità di denaro supera qualunque principio di giustizia e verità.

(Mario, 11 ottobre 2009)

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