giovedì 12 novembre 2009

Il Crocifisso: i retroscena di quella sentenza

Ma insomma, è vero o no che si vorrebbe, con l’aiuto di organismi sottratti al controllo popolare, scalzare una delle maggiori radici identitarie (la solita…) del nostro continente?
Di certo un qualche sospetto appare giustificato alla luce della recente clamorosa sentenza della Corte europea che decreta l’espulsione del crocefisso (causa notoria di gravi danni psicologici e morali nei giovani) dallo spazio pubblico. I giudici sono tutta una garanzia: uno è una vecchia conoscenza del partito radicale transnazionale; due rappresentano i paesi con i più alti tassi di suicidio del mondo; uno è stato nominato dalla Turchia che però non fa ancora parte della UE; un altro è il fratello di uno dei più noti columnnist del noto giornale anticattolico La Repubblica. Hanno sparato la sentenza ignoranti del fatto che il crocifisso sta sui muri delle aule scolastiche italiane non dai tempi di Mussolini (si è sentito parlare infatti di Concordato e di Fascismo), ma di Cavour (essendovi stato appeso nel lontano 1859) e si sono dimostrati sprezzanti del fatto che una recente sentenza della nostra Corte di Stato definiva il crocifisso non un qualsiasi “oggetto di culto”, ma un simbolo civile, richiamo storico a quei valori di tolleranza, giustizia, rispetto degli altri e laicità che sono patrimonio comune di tutto il nostro popolo (credenti e non credenti).
Avranno sentenziato per amore delle altre religioni? Ma quando mai! Souad Sbai (mussulmana maghrebina) ci ha raccontato che il crocefisso in Marocco lo si trova esposto anche in abitazioni mussulmane accanto al Corano, mentre l’ebreo Giorgio Israel ha denunciato senza mezzi termini il tentativo delle istituzioni comunitarie di cancellare i tratti giudaico-cristiani dell’identità europea...
Colei che ha dato origine al ricorso, tal Soila Latsi, è stata presentata dai soliti giornaloni laicisti come una comune madre di famiglia preoccupata per l’educazione dei figli, portatrice per le sue origini finlandesi di una prospettiva culturale più emancipata (noi infatti non abbiamo gli occhi azzurri e siamo asserviti al secolare potere della Chiesa). I giornaloni laicisti hanno tuttavia trascurato il dettaglio che la suddetta è moglie di un noto militante radicale italiano e che la battaglia è stata organizzata e sostenuta dall’unione degli atei italiani.
I Finlandesi una richiesta simile la riterrebbero quantomeno pretestuosa: la Finlandia espone infatti il principale simbolo cristiano addirittura sulla propria bandiera nazionale. Si tratta della cosiddetta “Croce del Salvatore”, di colore celeste in campo bianco. La croce è pertanto presente in ogni spazio pubblico ed istituzionale di quel paese. Chissà se la signora aveva fatto mai qualche ricorso contro questo celeste vessillo, perturbatore della gioventù… Pertanto, la nuova “scrociata” sembra trovare i suoi più accesi supporters (e suggeritori) non tanto nel nord-europa, quanto sui nostrani giornaloni laicisti, non pochi di area PD: l’altro ieri si levava il peana trionfalistico de La Repubblica (con parziale marcia indietro del giorno successivo), tutti i giorni il “dacci Barabba” de L’Unità, mentre Europa ha messo in pagina finora solo un assordante (ed imbarazzato) silenzio.
L’Unità soprattutto, ridotta a megafono dei salotti radical chic, si è resa protagonista di una gaffe clamorosa: ha dimenticato di aver affidato, in precedenza, nientepocodimenoché alla penna di Natalia Ginzburg una commossa difesa del crocifisso negli spazi pubblici! Se l’erano scordato? Non se lo rileggono quello che loro stessi scrivevano? Ma cosa volete che ne sappiano i “compagni” di oggi di Natalia Ginzburg o di una certa Italia pasoliniana dai “calzoni coi rattoppi / e rossi tramonti sui borghi / vuoti di macchine / pieni di povera gente / tornata da Torino o dalla Germania”? E poi, al di là delle odierne frequentazioni alto-borghesi, la memoria è sempre stata corta da quelle parti. Ma per scoprire i cosiddetti “pensieri reconditi del loro cuore” basta dare un’occhiata all’ennesima ridicola provocazione reclamizzata dal quotidiano del PD: “LaiCal, il calendario di Virus”, un tipo di calendario mirato a cancellare le memorie cristiane da tutti i 365 giorni dell’anno. L’intento polemico è evidente già nel titolo. Sul piano pratico, al Santo del giorno verrebbe a sostituirsi un cosiddetto “laico del giorno”: Aldo Fabrizi (ma non era un cattolico pure lui?) entra al posto della festività di Ognissanti; Karl Marx (anche lui un laico ed un liberale?) sostituisce San Carlo Borromeo, e via di seguito…
Come si concilia un’operazione simile con la vocazione del giornale di partito a rappresentare con pari dignità le diverse “anime” presenti nel PD? A Concita il compito di chiarire perché L’Unità insista tanto nel dar voce solo alle istanze dell’area più spudoratamente laicista e continui a colpire con puerile stupidità i riferimenti più cari alla grande maggioranza dei cittadini-elettori italiani. Masochismo politico? È sul libro-paga di Berlusconi?
Comunque, due più due fanno quattro e qui vediamo che si inneggia alla sentenza della Corte europea e, nel medesimo tempo, si celebrano tutte le iniziative (anche le più ridicole) volte alla cancellazione dei segni della storia cristiana dalla civiltà europea. Non credo pertanto sia frutto del pregiudizio affermare a chiare lettere che si tratta di un tentativo non nuovo (ci avevano già provato Robespierre, Hitler, Stalin, Pol Pot…) e che questo desiderio di “guerra di religione” sia rivelatore di quell’intima vocazione totalitaria che si annida ancora nell’animo di chi si riempie ogni giorno la bocca con una parola (laicità) di cui, evidentemente, non conosce ancora bene (forse per i trascorsi marxisti-leninisti-maoisti…) il significato e tanto meno l’origine.

(Fonte: Stefano, La Cittadella, 6 novembre 2009)

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