venerdì 23 aprile 2010

Cinque anni di papato: «La Chiesa è ferita ma io non sono solo»

È un momento di "tribolazione" per una Chiesa "ferita e peccatrice", che tuttavia confida nell'aiuto di Dio: lo ha detto papa Benedetto XVI, con un implicito riferimento allo scandalo degli abusi, durante il pranzo oggi con i cardinali residenti a Roma, organizzato oggi in Vaticano in onore del suo quinto anno di Pontificato. Ratzinger ha anche detto di non sentirsi "solo", perché avverte attorno a sé la presenza e l'appoggio dell'intero collegio cardinalizio. che ha voluto ringraziare per l'aiuto che riceve
giorno dopo giorno. "Soprattutto - ha confidato - nel momento in cui sembra vedersi confermata la parola di sant'Agostino citata dal Vaticano II, che la Chiesa ha peregrinato inter persecutiones mundi et consolationem Dei".
A questo proposito, riferisce l'Osservatore Romano, "il Pontefice ha accennato ai peccati della Chiesa, ricordando che essa, ferita e peccatrice, sperimenta ancor più le consolazioni di Dio". In particolare, per il Papa, "è una grande consolazione proprio il Collegio cardinalizio". "Nella Chiesa - ha spiegato Ratzinger - esistono due principi: uno personale e uno comunionale. Ora il Papa ha una responsabilità personale, non delegabile; il vescovo è circondato dai suoi presbiteri. Ma il Papa è circondato dal collegio cardinalizio che potrebbe essere chiamato in termini orientali quasi il suo sinodo, la sua compagnia permanente che lo aiuta, l'accompagna, lo affianca nel suo lavoro". Ed è "questa vicinanza particolare che il Pontefice avverte in questo momento e per la quale - dalle colonne dell'Osservatore Romano - ringrazia il Signore mentre invoca, per andare avanti, la forza della fede, nella gioia della risurrezione".
Prima di cadere sulla via di Damasco, Paolo, come egli stesso racconta, aveva "perseguitato ferocemente la Chiesa di Dio e cercato di distruggerla". "Ma - ha affermato oggi il Papa in visita a Malta - l'odio e la rabbia espresse in quelle parole furono completamente spazzate via dalla potenza dell'amore di Cristo". Una riflessione che riassume bene quanto è accaduto in questo 14esimo viaggio internazionale di Benedetto XVI, preceduto da attacchi e polemiche mediatiche su presunte coperture offerte ai preti pedofili, ma poi caratterizzato da folle ed entusiasmo superiori a ogni ottimistica attesa (50 mila fedeli nella piazza dei Granai di Floriana, 15 mila giovani sulla banchina Waterfront) e soprattutto dalle lacrime sincere del Pontefice che hanno accompagnato l'incontro con otto vittime di queste violenze nel raccoglimento della Cappella della nunziatura di Rabat. E anche i diversi interventi pronunciati dal Pontefice sono stati nel segno di una assoluta fermezza sui principi - tenete duro su divorzio e aborto ha chiesto ai cattolici maltesi - temperata però dall'invito altrettanto forte ad un'apertura verso gli altri, a partire dagli immigrati che approdano su quest'isola nel cuore del Mediterraneo.
"Ho visto il Papa piangere di emozione e mi sono sentito liberato da un grande peso", ha raccontato una delle otto vittime. "Ho visto in lui e nel vescovo di Malta l'umiltà di una Chiesa che in quel momento rappresentava tutto il problema della Chiesa moderna". E quando il Papa, "ha appoggiato la mano sulla testa di ciascuno dei partecipanti all'incontro, benedicendoli, mi sono sentito - ha detto - liberato e sollevato da un grande peso". "Dio non rifiuta nessuno. E la Chiesa non rifiuta nessuno", ha detto il Pontefice agli oltre 15 mila ragazzi di Malta che lo hanno acclamato con grande entusiasmo al suo arrivo - con lo stesso catamarano utilizzato da Giovanni Paolo II nel '90 - sulla banchina gremita all'inverosimile. "Dio - ha spiegato - ama ogni singola persona di questo mondo, anzi egli ama ogni singola persona di ogni epoca della storia del mondo. Nella morte e risurrezione di Gesù, resa presente ogni volta che celebriamo la Messa, egli offre la vita in abbondanza a tutte queste persone. Come cristiani siamo chiamati a manifestare l'amore di Dio che comprende tutti. Dobbiamo perciò soccorrere il povero, il debole, l'emarginato; dobbiamo avere una cura speciale per coloro che sono in difficoltà, che patiscono la depressione o l'ansia; dobbiamo aver cura del disabile e fare tutto quello che possiamo per promuovere la loro dignità e qualità di vita; dovremmo prestare attenzione ai bisogni degli immigrati e
di coloro che cercano asilo nelle nostre terre; dovremmo tendere la mano con amicizia ai credenti e non. Questa - per il Pontefice che domani festeggia 5 anni dall'elezione - è la nobile vocazione di amore e di servizio che tutti noi abbiamo ricevuto".
Auguri, Santità!

(Fonte: Avvenire, 19 Aprile 2010)

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