domenica 5 giugno 2011

Se andando a messa si rischia di perdere la fede

“I preti facciano i preti, cioè coloro che devono comunicare la dottrina cristiana alle varie generazioni”. È l’invito lanciato da don Nicola Bux durante la presentazione, svoltasi a Roma nei giorni scorsi, del suo volume “Come andare a messa e non perdere la fede” (Piemme). Titolo provocatorio, che il sacerdote, consultore delle congregazioni per la dottrina della fede, dei santi, e dell’ufficio delle celebrazioni pontificie, spiega fin dall’introduzione: “Oggi serve ancora più capire come andare a messa, perché quando si va – incredibile a dirsi – si rischia di perdere la fede!”.
«Io vi invito tutti – ha esortato don Bux – ad andare nelle diverse chiese: troverete che una messa è diversa dall’altra, si dimentica che i fedeli hanno il diritto di assistere alla messa della Chiesa cattolica». Tanti sono gli abusi e le violazioni del rito che don Bux denuncia nel libro: «Sebbene la liturgia sia “ordine”, oggi, nella Chiesa latina, si trova in stato di anomia, senza regole».
L’autore spiega quindi cosa sia la messa, conduce una puntigliosa disamina delle sue varie parti, chiarendone simboli e preghiere. E invita sia chi assiste al rito che chi lo presiede alla riscoperta del “mistero”. Oggi, infatti, «si insiste sulla dimensione dell’evento, qualcosa che non dura, si celebra e finisce: siamo in presenza dell’eliminazione della permanenza del sacro» ha rilevato Bux.
«Bisogna riconoscere che la liturgia oggi non è l’anima nella vita di molti cristiani, fedeli e sacerdoti ─ ha denunciato il card. Cañizares, uno dei moderatori della presentazione ─. Quanta routine e mediocrità, quanta banalizzazione e superficialità, quante messe celebrate senza attenzione, alle quali si partecipa senza una particolare disposizione! Da qui la nostra debolezza. È oltremodo necessario far comprendere ai fedeli che la liturgia è anzitutto opera di Dio, e che nulla si può anteporre ad essa». «Quello di don Bux è un libro per il futuro, per il rinnovamento liturgico», ha continuato il porporato.
Nel suo libro, Bux cita spesso il cardinale Joseph Ratzinger, al cui pensiero e alle cui opere fa costante riferimento, come per esempio quando diceva: «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita “etsi Deus non daretur” ─ come se in essa non importasse più se Dio c’è, e se ci parla e ci ascolta» (Joseph Ratzinger, 1997).
La liturgia «è una cosa seria – afferma don Bux – in cui tutto ha un senso per l’incontro col mistero presente di Dio». Così: «La festa della liturgia è diversa dalla festa mondana – osserva Bux –. Non vive di trovate accattivanti, non è un intrattenimento che deve aver successo, non deve provocare emozioni, non deve esprimere l’attualità effimera ma il mistero permanente: l’azione a cui prendiamo parte è il dono di Cristo sulla croce».
Ribadendo che «tra Dio e i fedeli c’è il sacerdote, che non è il padrone della liturgia, ma un ministro», Bux ha infine invitato a «riscoprire che la messa è sì una festa della fede, ma che deve confrontarsi col dramma della croce di Cristo». Limpido emerge pertanto dall’opera il ritratto di una Chiesa che al centro dell’altare non pone il sacerdote, ma il Cristo con la sua croce, quale Sommo Sacerdote cui rivolgere lo sguardo.

(Fonte: Luca Caruso, Rai Vaticano, 3/2011)

  

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