martedì 3 gennaio 2012

La lezione di Ferrara sul re che è nudo

Ci vuole coraggio. Ci vuole coraggio da vendere a parlare di aborto in primissima serata su Rai Uno e proprio sotto le feste. Stavamo tutti per stappare lo spumante ed ecco che venerdì 30 dicembre sera Giuliano Ferrara a Radio Londra vuole nuovamente mettere sotto la lente di ingrandimento il problema delle gravidanze indesiderate. Qualcuno avrà storto il naso: basta non se ne può più. E’ perlomeno poco elegante squadernane per l’ennesima volta questo tema e poi pure sotto le feste.
Ma il Giulianone nazionale non ha parlato di aborto, bensì di vita. Ha raccontato con disarmante semplicità la storia di due giovani innamorati che si sono trovati nel dubbio se allargare il proprio abbraccio amoroso anche ad un terzo nuovo arrivato che non ha avuto la premura di farsi annunciare. Il dubbio nasceva da problemi economici. I due si sono rivolti ad un sacerdote di Livorno che li ha rassicurati: ci penserà lui e la sua comunità a prendersi cura delle spese del piccolo.
Dove sta la notizia? La notizia sta nel fatto che non ci dovrebbe essere notizia alcuna. La lodevole astuzia di Ferrara ci ha fatto comprendere in cinque minuti secchi che aiutare una coppia che vuole avere un bambino e distrarli dal proposito di abortire dovrebbe essere cosa normale, normalissima per ognuno di noi. Chi di noi se per strada vede stramazzare a terra una persona non si ferma a prestargli soccorso? Questo è talmente normale, talmente naturale che nel caso in cui non ci fermassimo potremmo essere denunciati addirittura per omissione di soccorso. Insomma la solidarietà è, o dovrebbe essere, fatto così umano che anche il nostro ordinamento ci comanda di aiutare chi si trova in difficoltà, perché non siamo monadi chiuse in modo solipsistico in noi stessi, bensì fili di un arazzo legati uno con gli altri, piaccia o non piaccia. E se si rompe o ulcera uno di questi fili lì si formerà un buco, uno strappo che piano piano si allargherà sempre più intaccando anche altri fili. Il prete di Livorno ha dunque avuto cura di quel piccolo, di quei genitori spaventati e, parrà strano, di noi tutti.
La sagacia di Ferrara ha fatto quindi comprendere a qualche milionata di italiani che il re è nudo, cioè che è banale affermare che una vita nascente vale molto di più che qualche migliaia di euro. Un fatto che abbiamo sotto gli occhi sempre ma chissà perché non riusciamo a mettere a fuoco. Spesso una nebbia avvolge i nostri cuori e le nostre menti sul tema dell’aborto, una nebbia che non ci fa capire esattamente come stanno le cose, nella loro semplicità e a volte nella loro brutalità. E il direttore de Il Foglio ancora una volta è riuscito a dissolvere questa cortina fumogena.
Ma il talento da retore di lungo corso del nostro Giulianone è riuscito a segnare un’altra rete. Caro Presidente della Repubblica perché non mettere in agenda questa battaglia civile per la vita? Ne ha fatte tante: Welby, la sicurezza sul lavoro, i dissesti idrogeologici, l’immigrazione e la cittadinanza per i figli di immigrati… perché non aggiungere anche questa? Il popolino si è già mosso da tempo ad esempio con il progetto Gemma – ha ricordato Ferrara – vuole che il Colle arrivi in ritardo su questo problema quando ormai una certa sensibilità popolare ha già sposato appieno la causa?
La genialata di Ferrara potrebbe essere definita con termine semi-dotto come inculturazione. E’ guarda caso una invenzione della Chiesa e di quella missionaria. L’inculturazione potrebbe essere definita all’ingrosso più o meno così: quando si va ad evangelizzare un popolo occorre non acculturarlo, cioè imporre i costumi e la cultura occidentale, bensì valorizzare ciò che c’è di buono nelle popolazioni che si incontra e vivificarlo con la linfa della fede cattolica. In buona sostanza occorre usare la stessa lingua degli indigeni, mettersi sulla loro stessa frequenza d’onda, respirare la loro stessa aria culturale, non aspettare che siano loro a fare il primo passo.
Cosa c’entra questo con la puntata dell’altro giorno di Radio Londra? C’entra molto. Ferrara usa giustamente le categorie del politicamente corretto per farsi intendere dal suo autorevole interlocutore, cioè da Napolitano. Non ha pestato i pugni dicendo che l’aborto è un male morale, né che dovrebbe essere considerato giuridicamente come un omicidio. Nulla di tutto questo. Ha usato invece la categoria delle libertà civili, geneticamente affini al ruolo del Capo dello Stato. Non è andato a prendere i Dieci Comandamenti, bensì ha usato il decalogo laico della Costituzione, manuale di istruzione per ogni Presidente della Repubblica. Ha fatto proprio l’idioma di Napolitano, i suoi riferimenti politici. Non ha scomodato i massimi sistemi, così come i primi missionari paolinamente non parlavano subito della Santissima Trinità a chi manco conosceva il concetto di persona, ma è partito dagli omogeneizzati, dai “valori di civiltà”, dal lapalissiano che è diventato eccezionale: lo Stato dava soldi per incentivare l’acquisto di nuove auto, perché non tira fuori qualche euro per incentivare le nascite di nuovi cittadini? Ancora grazie Giuliano.


(Fonte: Tommaso Scandroglio, La bussola quotidiana, 02 gennaio 2012)


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