venerdì 30 agosto 2013

I Francescani dell’Immacolata e l’autoreferenzialità degli inquisitori

Che sia in atto una autentica macchinazione volta a demolire l’Ordine dei Francescani dell’Immacolata credo sia ormai un fatto acclarato. Cinque frati contestatori o poco più hanno fatto di tutto per sovvertire l’Ordine, per contestare il padre fondatore, per ribellarsi contro ogni logica ed ogni legittima aspirazione propria di un religioso che dovrebbe essere animato al contrario da prudenza, obbedienza e mansuetudine.
Nonostante la vecchiaia di p. Stefano Manelli, nonostante gli acciacchi, questi balordi hanno voluto infliggere un duro colpo al loro fondatore, scalzandolo dalla guida dell’Ordine. E chiamando – un po’ come dei viziati scolaretti – la maestra (ossia la Congregazione guidata dal focolarino Braz de Aviz) ad intervenire perché loro, i disobbedienti, non volevano più esser guidati da padre Stefano. E per portare dalla loro parte la maestra hanno estratto dal cappello la messa in latino. Naturalmente il solo evocare la “messa in latino” in certi ambienti equivale a mettere dinanzi a Superman un po’ di criptonite. Si fa presto a fare l’equazione: messa in latino = critica al Concilio = tradizionalismo = pelagianesimo = punizione necessaria!
Lo si intuisce pienamente leggendo il questionario bolscevico o polpotiano scritto da Mons. Todisco e recentemente venuto alla luce. Un questionario scandaloso per varie ragioni. Anzitutto per ragioni di carattere psicologico. Da un lato il Visitatore si rivolge ai frati dandogli del “tu”, ricorre ad una colloquialità confidenziale, si mostra amico, pronto a raccogliere documenti, mails etc. Dall’altro pone domande che allettano l’individualismo del frate, minando il suo spirito di obbedienza, la sua visione oggettiva della spiritualità (che non può mai essere un gusto personale altrimenti scade nella mondanità spirituale), la sua lettura delle decisioni dei Superiori, addirittura la sua interpretazione del Summorum Pontificum.
Biechi esperimenti inquisitori, privi della benché minima traccia di carità o di amore per Cristo e la Sua Chiesa. Cristo scompare e appare “la spiritualità dell’uomo contemporaneo”, “la tua spiritualità”, o “la nuova evangelizzazione”. Tutto si commisura all’io individuale e al tempo in cui viviamo. Dunque l’oggettività della Santa Messa e l’universalità propria del messaggio cristiano trascolorano in un gioco relativista e disordinato, in un malizioso solletico delle corde più profonde dell’individuo che è rinato in Cristo, che ha annullato la sua volontà e persino il suo intelletto nella pedissequa sequela di Nostro Signore.
Paradossalmente però – mentre il mondo cattolico altrimenti iperattivo, effervescente, emozionato per le innumerevoli telefonate a pinco o a pallo di Papa Francesco, tace imbambolato dinanzi all’ingiustizia ideologica che colpisce i FFI – oggi si aggiunge un nuovo tassello al quadro già drammatico o meglio kafkiano del commissariamento. Lo aggiunge il Commissario che, dopo aver preso possesso del sito internet dei FFI, vi ha fatto pubblicare una sua meditazione dove leggiamo in mezzo ad una fosca jungla retorica queste chiare parole: “Una delle problematiche centrali a mio avviso, viene proprio dalla minaccia di una certa autoreferenzialità, cioè nel desiderio di sottolineare a tutti i costi la propria peculiarità caratterizzante. Ritengo invece prova certa di maturità cercare di superare tale atteggiamento, riconoscendo con spirito umile e francescano l’edificazione della Chiesa come referente ultimo della propria esperienza carismatica.” 
Comodo, vero, caro p. Fidenzio Volpi, citare Papa Francesco? Parlare di “autoreferenzialità” ma a sproposito? Perché da un lato la Congregazione per gli Istituti di Vita Religiosa sta alimentando l’individualismo disgregatore nell’Ordine, dall’altro ora vorrebbe ricondurlo ad un collettivismo ideologico…
Non è stato proprio Papa Francesco ad affermare di recente: “Lo Spirito Santo, apparentemente, sembra creare disordine nella Chiesa, perché porta la diversità dei carismi, dei doni; ma tutto questo invece, sotto la sua azione, è una grande ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità, che non significa uniformità, ma ricondurre il tutto all’armonia.”?
Quanto è dunque sconveniente per non dire vergognoso entrare in casa d’altri e raddrizzare quel quadro perché ci sembra storto, togliere quel soprammobile perché ci sembra superfluo, mettere il nonno in cantina e la zia in soffitta perché ci sembrano di troppo.
Qui non stiamo parlando di questioni morali, di problemi di gestione economica o di altri scandali dei quali è piena la nostra Chiesa, qui stiamo parlando di una lotta ideologica. Lotta ideologica ammantata di autorità, di autorevolezza e di legalità. Ciò non toglie che sempre di lotta ideologica si tratti. La fede, la spiritualità, il sentire cum ecclesia sono meri accessori.
Parole piegate all’ideologia il cui scopo ultimo è “aggiornare” i FFI, renderli più simili ai Cappuccini o ai Francescani, che danzano e ballano senza essere commissariati da nessuno.
Che sprecano milioni (vedi San Giovanni Rotondo) senza ricevere visite apostoliche. Che organizzano happenings mondani senza il benché minimo intervento della Santa Sede…
Io questo vorrei gridarlo sui tetti! E’ un’ingiustizia! È uno scandalo! So che nessuno mi ascolterà ma nondimeno voglio gridarlo ancora: perché distruggete ciò che è sano? Perché esercitate questo abuso di potere? Tornate sui vostri passi, ravvedetevi, se ancora credete in Nostro Signore più che nelle vostre ideologie.
 

(Fonte: Francesco Colafemmina, Fides et Forma, 28 agosto 2013)

 

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