giovedì 15 agosto 2013

Quando il suicidio di un adolescente diventa un pretesto ideologico

L’11 agosto tutti i quotidiani hanno riportato la triste notizia del suicidio avvenuto a Roma la notte tra il 7 e l’8 agosto nel popolare quartiere di San Basilio di un giovane ragazzo gay di 14 anni vittima del bullismo dei propri compagni.
Come riporta, infatti,  il “Corriere della Sera” dell’11 agosto «sembra che il ragazzo fosse stato recentemente emarginato dalla comitiva di giovani che frequentava» e avrebbe lasciato scritto un biglietto con su scritto: «Tutti mi prendono in giro, nessuno mi capisce. Non ce la faccio più». Il tragico fatto di cronaca ha immediatamente riaperto il dibattito, ancora caldo dopo le discussioni delle ultime settimane, sul tema dell’omofobia.
La presidente della Camera Laura Boldrini esprimendo il suo cordoglio ai familiari del giovane suicida ha affermato al  “Corriere della Sera”: «Ho fiducia che la Camera saprà trovare alla ripresa il modo per dare risposta alle attese e varare con la più larga maggioranza una legge (sull’omofobia, ndr) che ci allinei agli altri Paesi dell’Unione Europea». Sulla stessa linea il consigliere comunale di Roma Imma Battaglia (Sel) si augura «che a settembre il dibattito nazionale sulla legge contro l’omofobia sia condotto con senso di responsabilità verso i ragazzi e le loro famiglie, affinché si abbassino i toni delle parole per elevare il livello dei diritti civili, perché nessuno si senta escluso o emarginato». Infine il Gay Village di Roma ha lanciato una campagna contro le discriminazioni dal titolo «No Homophobia».
Sul blog “la27esimaora”, il 12 agosto, commentando la notizia Elena Tebono scrive che «di certo i ragazzini in età scolare sono più esposti degli adulti all’omofobia. L’adolescenza è fondamentale per la messa a punto dell’identità. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento e l’affermazione di sé. Che risente dell’approvazione degli altri. Il ragazzo di Roma con il suo gesto ha detto che tutto questo gli è mancato». Tuttavia l’adolescenza, da sempre, è una fase per molti difficile a causa di fragilità caratteriali o problemi fisici più o meno gravi. Pensiamo ai bambini che vengono derisi per il loro aspetto fisico, il famoso “ciccio” del gruppo o a quelli che devono portare degli occhialoni più grandi di loro…i  noti “quattrocchi”.  Anche questi adolescenti  soffrono e sono vittime della risa e degli sberleffi dei propri compagni. È necessaria una legge anche per loro? una legge che protegga contro le discriminazioni verso i bambini sovrappeso e i bambini occhialuti ? Dispiace, ma non stupisce oramai, che un tragico fatto di cronaca diventi subito il pretesto per invocare il legislatore a fare presto ad approvare un decreto legge sull’omofobia nonostante  il nostro codice penale, come da più parti ricordato, preveda già l’aggravante «per aver agito per motivi abietti o futili» (ex art. 61 n. 1 c.p).
In questa prospettiva la legge sull’omofobia appare essere una legge ideologica, un grimaldello giuridico per scardinare il sistema e compiere una rivoluzione antropologica. L’apripista per ottenere in una seconda fase ravvicinata il matrimonio tra persone dello stesso sesso, le adozioni gay e l’affermazione dell’ideologia gender con la conseguente distruzione della famiglia naturale come l’esperienze degli altri paesi europei ci insegnano.
 

(Fonte: Lupo Glori, Corrispondenza romana, 14 agosto 2013)
 

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