«Evitare
il confronto è da vili», ha detto monsignor Domenico Cornacchia, vescovo di
Molfetta, introducendo il 30 settembre il dibattito che ha dato inizio al corso
di formazione per insegnanti ed educatori sulla “Educazione di genere”,
organizzato dalla diocesi di Molfetta e dalla locale Azione Cattolica. Oddio,
chiamarlo dibattito sembra azzardato, visto che i sei che sedevano dietro al
tavolo degli oratori raccontavano in modi diversi la stessa storia: che
l’omosessualità, cioè, è una variante della natura, che l’educazione di genere
è compito fondamentale della scuola, che compito dell’educatore è accompagnare
ogni persona nel crearsi una identità sessuale forte, qualsiasi essa sia.
Ma i lettori più attenti si saranno accorti di una
stranezza: la
presenza all’incontro di quel vescovo che, prima annunciato sui manifesti, alla Nuova
Bussola Quotidiana aveva poi fatto dire dal suo segretario che non sarebbe andato (clicca qui). Sconcertati dal manifesto e dalla
presentazione del corso di formazione (clicca qui), volevamo semplicemente chiedere al vescovo il
perché di questa scelta così in contrasto con certe affermazioni di papa
Francesco sul tema dell’educazione di genere (e ieri in Georgia ne ha dato
un’altra dimostrazione) e se era consapevole che tutti i relatori sono noti per
le loro posizioni chiaramente pro-gender.
Il buon segretario del vescovo, don Luigi Amendolagine, ci ha detto che lui e il vescovo non ne sapevano nulla, che altri erano gli organizzatori, che il vescovo comunque aveva altri impegni e non sarebbe andato, che poi – figurarsi - «sappiamo bene cosa insegna la Chiesa e quindi ci saranno sicuramente voci che esprimeranno questa posizione» (e nel caso don Luigi pensasse di poter smentire, sappia che abbiamo la registrazione delle due telefonate).
Il buon segretario del vescovo, don Luigi Amendolagine, ci ha detto che lui e il vescovo non ne sapevano nulla, che altri erano gli organizzatori, che il vescovo comunque aveva altri impegni e non sarebbe andato, che poi – figurarsi - «sappiamo bene cosa insegna la Chiesa e quindi ci saranno sicuramente voci che esprimeranno questa posizione» (e nel caso don Luigi pensasse di poter smentire, sappia che abbiamo la registrazione delle due telefonate).
Ma era solo un modo per evitare il confronto. Non solo il vescovo ci è
andato ma la registrazione dell’incontro (clicca qui per il video) dimostra chiaramente che monsignor
Cornacchia sapeva benissimo chi erano i relatori e cosa avrebbero detto
(diocesi ed “esperti” ci lavoravano da mesi), cose su cui ha dimostrato di
concordare in pieno, rifugiandosi dietro al solito «Chi sono io per
giudicare?». È d’accordo sul fatto che «ci siano varianti nella stessa natura»;
ha detto che viviamo tutti «un problema evolutivo» (qualsiasi cosa significhi),
davanti al quale non è lecito «tapparsi le orecchie come per tanto tempo anche
la Chiesa ha fatto»); con notevole sprezzo del pericolo ha sostenuto che «noi
ci inchiniamo di fronte a chi fa una determinata scelta», e non parliamo delle
frasi sconnesse con cui ha definito l’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”.
E davanti a una domanda precisa ha fatto sfoggio di una invidiabile cultura
internazionale affermando che «qui stiamo parlando di genere e non di gender»:
qualcuno dal pubblico gli ha urlato che sono la stessa cosa essendo il primo
termine la traduzione italiana del secondo (in inglese), ma non ha raccolto.
Per certi versi il caso di Molfetta è clamoroso, ma sarebbe un errore
pensare che sia isolato. Al contrario è dentro una tendenza ormai più che
conclamata, visto che da tempo anche Avvenire e Tv2000, gli organi di
informazione ufficiali della Chiesa italiana, sembrano diventati organi di
promozione dell’omosessualità (cliccaqui e qui). È ancora Avvenire che ha sdoganato
già da tempo l’ideologia di genere introducendo una differenza tra un gender
buono e un gender cattivo, un po’ come per il colesterolo (clicca qui). Proprio due giorni fa il quotidiano Repubblica ha
pubblicato un lungo articolo in cui dà conto della lunga marcia delle
associazioni cristiane Lgbt sempre più integrate nella pastorale delle diocesi.
E il Rapporto 2016 sui cristiani Lgbt in Italia ne offre un dettagliato
resoconto (clicca qui)
Per questo, pur di fronte a un’iniziativa
oggettivamente scandalosa (nel
senso letterale del termine) e grave come quella di Molfetta, non ci aspettiamo
chissà quali interventi superiori. Anzi, è più probabile che ci toccherà
ascoltare messaggi di sostegno a un confratello vilmente e ingiustamente
attaccato dai soliti “dottrinari” che invece di chinarsi sulle ferite degli
uomini, pensano soltanto alla Legge.
E non basteranno neanche le parole chiare del Papa
di ieri a
proposito di gender e di guerra mondiale contro il matrimonio. Perché il tutto
passa da sottili distinzioni che permettono di tenere insieme il Magistero con
il suo sovvertimento: si prende le distanze da una ideologia del genere, che
forse neanche esiste (si dice), ma si valorizza l’accompagnamento alla
costruzione dell’identità sessuale; si condanna a parole l’indottrinamento
nelle scuole ma poi si costruiscono percorsi nelle diocesi e nelle parrocchie -
per «capire», per «dialogare» - che fanno la stessa cosa; si fa finta che il
gender sia una cosa e l’omosessualità un’altra; si spaccia per aiuto alle
persone ciò che è invece pura e semplice promozione di uno stile di vita; si
difende il matrimonio ma poi si promuovono le unioni omosessuali «basta che non
siano equiparate alla famiglia». Tanto per capire che in confronto ai
personaggi che guidano l’opinione nella Chiesa oggi, i capi dei farisei al
tempo di Gesù erano dilettanti.
Per questo la condanna dell’ideologia del gender non
è più sufficiente, si
deve affermare con chiarezza che questa ideologia e la promozione
dell’omosessualità, la pretesa che essa sia una semplice «variante della
natura», sono un tutt’uno. Si deve dire in modo inequivocabile che accogliere
le persone e accompagnarle è cosa ben diversa dall’accettare stili di vita
incompatibili non con la dottrina ma con il bene delle persone stesse. Così
come si bastona quanti usano la dottrina come pietre da scagliare contro le
persone, si deve denunciare con forza quanti stravolgono e usano il Magistero
della Chiesa per affermare dottrine personali o, peggio, per sistemare le
proprie situazioni affettive.
Senza un intervento chiaro in questo senso, non c’è dubbio che l’attuale ondata catto-gay diventerà uno tsunami.
Senza un intervento chiaro in questo senso, non c’è dubbio che l’attuale ondata catto-gay diventerà uno tsunami.
(Fonte:
Riccardo Cascioli, Nuova Bussola Quotidiana, 2 ottobre 2016-10-02
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