“Il
sacerdozio cattolico in Occidente sta vivendo una «morfogenesi» che rischia di
cambiare perfino il suo «genoma» divinamente istituito”: queste parole di
allarme per il ministero dei preti vengono dal Card. Carlo Caffarra. Sono
datate al 19 gennaio scorso, ma in realtà inedite fino a oggi, perché
costituiscono la prefazione del libro appena uscito in memoria di un
sacerdote cesenate, don Ezio Casadei (1925-2015).
Parole significative, perché non riguardano la pastorale né la
sociologia ecclesiale - temi già ben illustrati dagli spot video dell’otto
per mille ed ampiamente discussi in mille convegni e articoli - bensì
l’ontologia, il DNA stesso del sacerdozio. Secondo l’arcivescovo emerito
di Bologna, il «genoma» del prete così come è stato disegnato e voluto da
Dio stesso rischia di trasformarsi pericolosamente in qualcosa d’altro. I
motivi indicati a Caffarra: “Straziato come è (il sacerdozio, ndr) dalla
tentazione di ridursi ad esercitare le opere di Misericordia corporale e
dalla tentazione di conservare ciò che non esiste più».
Ulteriori indizi su tale doppia tentazione, il cardinale non ne fornisce.
Ma in un altro brano della prefazione si comprende bene il livello della
sua preoccupazione: dal racconto tratteggiato nel libro, a cura di Raffaele
Bisulli, “risulta con chiarezza - scrive Caffarra - la coscienza drammatica
che don Ezio aveva del suo sacerdozio. Per coscienza drammatica intendo
la consapevolezza che il ministero sacerdotale vive nel cuore del dramma
il cui prot(o)-agonista è Cristo nella potenza operante del suo atto
redentivo. Il secondo attore è la persona umana nella sua libertà.
L’ant(i)-agonista è il Satana. La trama si può riassumere in due [non una!]
parole: «Misericordia di Dio» - «libertà dell’uomo»”. Quindi la lotta fra
Cristo e Satana disegna drammaticamente l’identità del prete.
Caffarra si sofferma sulla “centralità che per questo sacerdote
aveva la celebrazione dell’Eucarestia, e la celebrazione del Sacramento della
Confessione. E non dammeno, la passione per l’educazione della persona
come educazione alla libertà”. Nel libro, intitolato «Don Ezio. Una
fede indomabile, un’amicizia fedele», ed. Alpha Service, Cesena, sono proprio
quelle sul sacerdozio le pagine più dense.
“C’era in don Ezio - scrive Bisulli - un’acuta consapevolezza
del compito primario ed essenziale del prete: quello di essere ministro
dei sacramenti dell’Eucarestia e della Confessione. Spesso ricordava a noi
che senza il sacerdote non c’era la Messa e non c’era l’Eucarestia, l’unica possibilità
di un incontro fisico con Gesù, e che senza il sacerdote non c’era la
possibilità di dire a una persona: «Va’ in pace i tuoi peccati sono
stati perdonati»”. Frasi semplici e di cristallina chiarezza, oggi non più
scontate.
“Don Ezio - prosegue Bisulli - non era in senso
stretto un liturgista, anzi qualche volta criticava le scelte che gli
specialisti di liturgia avevano imposto nella celebrazione della Messa; altre
volte, invece, non era persuaso delle traduzioni delle lettere di san
Paolo o dei brani evangelici: pensava che in certi casi avevano fatto
perdere il vigore di alcune espressioni di Gesù e di san Paolo, ma questo
non gli impediva affatto di amare la celebrazione della Messa che si
capiva benissimo aveva un ruolo importantissimo nella sua giornata”.
Bisulli e gli altri amici più stretti lo capirono
quando don Ezio,
già avanti negli anni, ebbe uno svenimento prima di celebrare Messa nella
cappella di palazzo Ghini: non voleva essere trasportato in ospedale, “con
la sua proverbiale grinta si arrabbiò e disse che non voleva assolutamente
andarci”. Dovette cedere solo perché le ragioni terapeutiche non
lasciavano alternative.
Il “noi” di cui parla ampiamente Bisulli nel tratteggiare la vita
di don Casadei, “Billy” per gli amici, è il movimento di Gioventù Studentesca,
poi Comunione e Liberazione, che lui incontrò e seguì poi come educatore e
responsabile a partire dal 1962 fino alla fine della sua giornata terrena.
Colpisce, in fondo al libro - presentato il 30 maggio
al Teatro Verdi di Cesena alla presenza del vescovo mons. Regattieri - il
testo dell’omelia predicata da don Ezio Casadei il 24 giugno 2008 a Macerone
per il 60° anniversario della sua ordinazione: “Non c’è gioia più grande di
quella di poter dire: «Prendi e mangia Cristo per ristorarti, per non venir
meno per via, per la strada». E ancora, dire a uno che è oppresso, come
dice la colletta di questa Messa, oppresso dal peccato: «Sei perdonato. Il
Signore è con te!»”. Parole semplici, immediate, comprensibili e profonde,
nelle quali traspare il «genoma» del prete. Quel DNA che, secondo il Card.
Caffarra, rischia una mutazione.
(Fonte:
Paolo Facciotto, LNBQ, 03 giugno 2017)
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