La ramanzina sul rispetto delle regole è un sottofondo che ci accompagna dall’inizio della pandemia. È così che l’innata esuberanza dei giovani, ogni qual volta è trascesa in episodi come le risse su appuntamento, è stata prontamente stigmatizzata da giornali e opinionisti vari. Tuttavia, quando la riluttanza alle norme riguarda determinati temi, molti di quegli stessi moralisti si trasformano in libertari. Proverbiale in tal senso la scia di polemiche seguita a quanto successo nei giorni scorsi al liceo romano “Giulio Cesare”.
Il fatto
Dal 9
febbraio si è tenuta la «Settimana dello studente», esperienza didattica
alternativa che ha visto gli alunni organizzare dibattiti sui temi più
disparati. Non va confusa con l’occupazione: si tratta di incontri in orario
scolastico, la cui approvazione deve prima passare per la dirigenza e per il
Collegio docenti. Durante uno dei colloqui preliminari con i ragazzi, la
preside, la prof.ssa Paola Senesi, ha posto «alcune perplessità» su titoli e
contenuti di tre proposte e ha invitato i proponenti a «riformularle». I dubbi
riguardavano un incontro sull’aborto affidato alla ginecologa Silvia Agatone,
uno sull’identità di genere affidato allo psichiatra Stefano Corvino e infine
un corso sulla questione balcanica con lo storico Davide Conti. Sia quest’ultimo,
troppo simile nel tema a un’altra proposta inerente al Giorno del Ricordo, che
gli altri due sono stati espunti dagli stessi studenti nell’ultima versione del
programma.
La difesa della preside
Sembrava
allora che la questione si fosse chiusa. E invece, dopo pochi giorni di quiete,
è sopraggiunta una tempesta mediatica che ha tentato di travolgere la preside,
la quale si è ritrovata addosso l’etichetta di oscurantista e censoria.
Particolarmente solerte è apparsa la Repubblica, che ha dedicato
alla vicenda diversi articoli. La prof.ssa Senesi, che ha alle spalle un curriculum robusto,
dopo una fase iniziale di sorpresa non s’è persa d’animo e ha impugnato carta e
penna per
spiegare la propria versione dei fatti.
Riguardo
alla proposta di parlare di aborto, la preside aveva rilevato che «non dovesse
concentrarsi solo su una dimensione socio-sanitaria, ma dovesse acquisire una
maggiore rilevanza comprendendo anche altri aspetti essenziali della tematica,
del resto principi fondanti della legge 194». Quanto invece il corso gender,
la prof.ssa Senesi ha spiegato di aver assunto le sue prerogative di
responsabilità rimandando alla Nota
del ministero dell’Istruzione n. 1972 del 15 settembre 2015. E cosa
dice questo documento? Che «tra i diritti e i doveri e le conoscenza da
trasmettere non rientrano in nessun modo né “ideologie gender” né
l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo».
La solidarietà
Ma
spiegare di aver osservato le leggi dello Stato non l’ha messa al riparo
dall’eco mediatica. Nei giorni scorsi la Repubblica ha
ospitato una
lettera con la quale alcuni docenti del “Giulio Cesare” (40, secondo
quanto si legge nel sottotitolo) si dissociano dalla posizione della preside.
Gli stessi hanno
ricevuto il sostegno della Flc Cgil. Si registra inoltre una presa di
posizione contro la preside di alcuni rappresentanti istituzionali locali. A
fare da contraltare la solidarietà alla prof.ssa Senesi espressa
dall’associazionismo familiare (Scienza
& Vita, il
prof. Massimo Gandolfini, Articolo
26 e Pro Vita &
Famiglia) e da esponenti politici quali Paola Binetti, Paola Frassinetti,
Carmela Bucalo, Isabella Rauti, Lucio Malan, Enrico Aimi, Maurizio Gasparri e
Simone Pillon (questi tre hanno presentato due interrogazioni parlamentari sul
tema). Inoltre, la dirigente del “Giulio Cesare” ha ricevuto l’appoggio di
decine di genitori che hanno rivendicato il rispetto del «consenso
informato» quando si trattano argomenti sensibili.
La versione degli studenti
Sono
inoltre usciti due comunicati: uno dei rappresentanti degli studenti che
sposerebbe sostanzialmente la versione dei fatti della preside e uno della
lista Factotum,
un cui rappresentante è eletto tra i quattro del Comitato studentesco.
«Intendiamo […] condividere con voi il nostro sdegno in merito alle
strumentalizzazioni politiche e giornalistiche alle quali abbiamo assistito
negli ultimi giorni», scrivono gli studenti di Factotum. Che aggiungono: «Ci
impegneremo personalmente ad organizzare corsi su temi etici e sociali,
invitando sempre le due controparti per fare in modo di informare gli studenti
in maniera oggettiva, come abbiamo sempre fatto». Ma, come lascerebbe supporre
qualche articolo, gli insegnanti si sono schierati contro la preside? Per
rispondere è d’uopo segnalare che mercoledì 17 febbraio si è tenuto il Collegio
dei docenti, dove la versione dei fatti della preside è stata votata a larga
maggioranza. Chissà se questo episodio scriverà la parola fine.
Atto n.
4-04920 (Simone Pillon – Lucio Malan)
Pubblicato
il 24 febbraio 2021, nella seduta n. 299
Premesso
che:
è
notizia di questi giorni la polemica che ha riguardato il liceo classico
“Giulio Cesare” di Roma, con riferimento alle iniziative organizzate in
occasione della “settimana dello studente”, un momento di aggregazione e
confronto in cui i ragazzi propongono dibattiti su diverse tematiche;
nello
specifico, risulta che una delle associazioni studentesche, il collettivo “Zero
Alibi”, tramite la sua rappresentante studentesca, abbia proposto alla
dirigenza un incontro sull’interruzione volontaria di gravidanza, incentrato
principalmente sull’aspetto socio-sanitario, cui la preside, Paola Senesi,
avrebbe opportunamente contrapposto l’incompatibilità dell’argomento con il
piano dell’offerta formativa della scuola, suggerendo una rimodulazione della
proposta, che ricomprendesse altri aspetti, come quello culturale ed emotivo, o
altri aspetti fondanti della legge n. 194 del 1978, come la tutela della
maternità;
inoltre,
lo stesso collettivo avrebbe proposto un incontro su tematiche inerenti
all’identità di genere, cui la preside avrebbe risposto ricordando che, ai
sensi della circolare ministeriale n. 1972 del 2015, “tra i diritti e i doveri
e tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo” le “ideologie
gender”;
infine,
il collettivo avrebbe proposto un dibattito sulla “occupazione fascista dei
Balcani”, che la preside avrebbe accolto con riserva, visto che nel programma
era già stato inserito un evento inerente alla giornata del ricordo delle
foibe;
alla
luce dei rilievi sollevati, la questione è stata discussa dai rappresentanti
degli studenti che hanno presentato una nuova versione del programma
modificata, poi approvata dal collegio docenti dopo ampia discussione;
tuttavia,
in seguito, i membri del collettivo “Zero Alibi” hanno pubblicato, a mezzo di
social media, una nota indirizzata agli studenti dell’istituto, nella quale
accusavano la preside di aver censurato le loro proposte, attribuendole
“convinzioni inaudite” e pregiudizi ideologici, con l’auspicio che gli altri
studenti condividessero la loro indignazione;
la
questione è, quindi, finita sulla stampa locale e nazionale e sulla preside
sono piovute critiche diffamatorie, anche da parte di associazioni di studenti
e non, con accuse di censura e di ritorno al Medioevo, ponendo l’attenzione
persino sugli eventi pubblici cui la preside aveva partecipato in passato, al
fine di sondarne le idee e le convinzioni;
considerato
che:
il
comportamento tenuto dalla preside appare conforme alla normativa in vigore, in
quanto per affrontare progetti d’insegnamento extracurricolari occorre il
requisito fondamentale del coinvolgimento o consenso dei genitori, anche alla
luce delle linee guida ministeriali (art. 1, comma 16, legge n. 107 del 2015 e
circolare ministeriale n. 19534/18);
nel
programma è stato comunque inserito un dibattito sul genere nelle culture non
occidentali, circostanza difficilmente conciliabile con l’esposta accusa di
censura;
lo
storico che avrebbe dovuto affrontare il tema della “occupazione fascista dei
Balcani” ha potuto comunque tenere una relazione in altra data su altro
argomento storico e politicamente sensibile, come la strage di piazza Fontana:
sintomo di una decisione presa, appunto, per ragioni di opportunità, non certo
per preclusione ideologica, e comunque nel pieno rispetto del pluralismo,
si
chiede di sapere quali misure il Ministro in indirizzo intenda assumere al fine
di garantire anche ai dirigenti scolastici di svolgere il proprio dovere
nell’osservanza delle leggi e nel rispetto del dettato dell’articolo 30 della
Costituzione in ordine alla libertà educativa, senza per questo essere
sottoposti a indebite pressioni di carattere ideologico.
(Fonte: Marco
Tosatti, Stilum Curiae, 25 febbraio 2021)
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