«La Coop sei tu, chi può darti di più?». Chiunque, ma non la Coop. Nelle regioni rosse fare la spesa in un qualsiasi supermercato della catena controllata da Legacoop, il gigante economico agli ordini di Pci–Pds-Ds, costa fino al 15% in più, la qualità delle merci è peggiore e anche l’assortimento dei prodotti biologici – uno dei cavalli di battaglia del marchio Coop - è di gran lunga inferiore a quello di altre catene. E’ l’effetto del quasi monopolio che la Coop conquista ovunque può contare sulla complicità di amministratori locali e sindacalisti della Cgil proni agli ordini di scuderia ma anche causa della insipienza di un management che si è formato nelle sezioni del partito anziché alla scuola del mercato e della produzione.
Per chi vive in Emilia Romagna, Liguria, Toscana o Umbria senza prosciutto sugli occhi non è una novità. In queste regioni, dove vige da più di mezzo secolo un regime socialista, “non cade foglia che Pci (e successive varianti) non voglia”.
Gli altri, gli scampati, farebbero bene a leggere il libro di Bernardo Caprotti, Falce e carrello. Le mani sulla spesa degli italiani , pubblicato da Marsilio.
Chi è Caprotti? È il fondatore e il timoniere di Esselunga, l’imprenditore che per primo ha portato in Italia il supermarket facendo della sua azienda un caso di eccellenza nella grande distribuzione. Dopo anni di strenue battaglie, prima contro un sindacalismo arrabbiato, cinghia di trasmissione dell’ideologia del Pci nella società italiana, poi contro il gigante “rosso” della vendita al dettaglio ha deciso di portare i panni sporchi della Coop in piazza.
Siamo dunque di fronte alla rivalsa polemica e stizzita di uno sconfitto? Niente affatto. Falce e carrello è piuttosto la testimonianza, resa inoppugnabile da una inedita documentazione, di un imprenditore lombardo che chiedeva soltanto di fare il suo mestiere e si è invece scontrato con un concorrente sleale che per affermare ed estendere la propria supremazia sul mercato non esita a usare le Giunte di sinistra per lasciare scadere licenze, che poi prontamente si fa girare, pagare terreni sei volte il valore di mercato, usare il ritrovamento di reperti archeologici come grimaldello grazie alla complicità di assessori e soprintendenti. Terreni agricoli acquistati per due lire diventano in un batter d'occhio edificabili, fino a giungere – è cronaca dell'ultimo anno - alle pressioni di Romano Prodi su Caprotti perché l’azienda resti «in mani italiane». “Voci” pretestuosamente messe in giro da una stampa “amica” (Espresso, Corriere della Sera, l'Unità) avevano infatti dato per imminente la cessione di Esselunga. Naturalmente queste «mani» dovevano essere quelle della Coop.
Insomma un libro «di grande coraggio personale e civile», come si dice in certi ambienti “democratici” quando qualcuno denuncia pubblicamente la Mafia. In questo caso il potere è quello di Legacoop e Pds-Ds, che per consolidare ed estendere il proprio sistema di affari usa ovunque è possibile gli apparati di Regioni, Province e Comuni. Dopo le ultime elezioni – gli italiani provano un gusto tutto particolare nel darsi zappate sui piedi - ci sta provando anche con quelli dello Stato. Il caso Unipol e le “liberalizzazioni” di Bersani, sono solo un prologo.
Lettura assai istruttiva e interessante è anche la ricca appendice di Falce e carrello, dalla quale si apprende quale sia la reale entità dell’impero “rosso”, immenso serbatoio di capitali, clientele e voti. Un impero che Tangentopoli, guarda il caso, non ha neppure scalfito e che il terremoto del 1997 in Umbria ha consolidato.
Terminata la lettura viene alla mente l’ultima pagina de La fattoria degli animali, di Orwell, quando cavalli, mucche, oche si affacciano alla finestra della casa dove viveva l’antico, odiato, padrone: l’uomo. I maiali, artefici e ispiratori della gloriosa rivoluzione che doveva cancellare per sempre la schiavitù e lo sfruttamento, stavano trattando la pace con i proprietari delle fattorie vicine e l’avvio di vantaggiosi commerci, ma le povere creature, fuori la finestra, guardano ora gli uomini, ora i maiali ma per loro è diventato ormai impossibile distinguere chi sono gli uni e chi sono gli altri. (Pietro Licciardi, Rassegna Stampa, 26 novembre 2007)
Per chi vive in Emilia Romagna, Liguria, Toscana o Umbria senza prosciutto sugli occhi non è una novità. In queste regioni, dove vige da più di mezzo secolo un regime socialista, “non cade foglia che Pci (e successive varianti) non voglia”.
Gli altri, gli scampati, farebbero bene a leggere il libro di Bernardo Caprotti, Falce e carrello. Le mani sulla spesa degli italiani , pubblicato da Marsilio.
Chi è Caprotti? È il fondatore e il timoniere di Esselunga, l’imprenditore che per primo ha portato in Italia il supermarket facendo della sua azienda un caso di eccellenza nella grande distribuzione. Dopo anni di strenue battaglie, prima contro un sindacalismo arrabbiato, cinghia di trasmissione dell’ideologia del Pci nella società italiana, poi contro il gigante “rosso” della vendita al dettaglio ha deciso di portare i panni sporchi della Coop in piazza.
Siamo dunque di fronte alla rivalsa polemica e stizzita di uno sconfitto? Niente affatto. Falce e carrello è piuttosto la testimonianza, resa inoppugnabile da una inedita documentazione, di un imprenditore lombardo che chiedeva soltanto di fare il suo mestiere e si è invece scontrato con un concorrente sleale che per affermare ed estendere la propria supremazia sul mercato non esita a usare le Giunte di sinistra per lasciare scadere licenze, che poi prontamente si fa girare, pagare terreni sei volte il valore di mercato, usare il ritrovamento di reperti archeologici come grimaldello grazie alla complicità di assessori e soprintendenti. Terreni agricoli acquistati per due lire diventano in un batter d'occhio edificabili, fino a giungere – è cronaca dell'ultimo anno - alle pressioni di Romano Prodi su Caprotti perché l’azienda resti «in mani italiane». “Voci” pretestuosamente messe in giro da una stampa “amica” (Espresso, Corriere della Sera, l'Unità) avevano infatti dato per imminente la cessione di Esselunga. Naturalmente queste «mani» dovevano essere quelle della Coop.
Insomma un libro «di grande coraggio personale e civile», come si dice in certi ambienti “democratici” quando qualcuno denuncia pubblicamente la Mafia. In questo caso il potere è quello di Legacoop e Pds-Ds, che per consolidare ed estendere il proprio sistema di affari usa ovunque è possibile gli apparati di Regioni, Province e Comuni. Dopo le ultime elezioni – gli italiani provano un gusto tutto particolare nel darsi zappate sui piedi - ci sta provando anche con quelli dello Stato. Il caso Unipol e le “liberalizzazioni” di Bersani, sono solo un prologo.
Lettura assai istruttiva e interessante è anche la ricca appendice di Falce e carrello, dalla quale si apprende quale sia la reale entità dell’impero “rosso”, immenso serbatoio di capitali, clientele e voti. Un impero che Tangentopoli, guarda il caso, non ha neppure scalfito e che il terremoto del 1997 in Umbria ha consolidato.
Terminata la lettura viene alla mente l’ultima pagina de La fattoria degli animali, di Orwell, quando cavalli, mucche, oche si affacciano alla finestra della casa dove viveva l’antico, odiato, padrone: l’uomo. I maiali, artefici e ispiratori della gloriosa rivoluzione che doveva cancellare per sempre la schiavitù e lo sfruttamento, stavano trattando la pace con i proprietari delle fattorie vicine e l’avvio di vantaggiosi commerci, ma le povere creature, fuori la finestra, guardano ora gli uomini, ora i maiali ma per loro è diventato ormai impossibile distinguere chi sono gli uni e chi sono gli altri. (Pietro Licciardi, Rassegna Stampa, 26 novembre 2007)
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