giovedì 15 settembre 2011

Azione legale contro il Papa. Ultima aberrazione di uomini scriteriati

Sono crimini contro l'umanità. Per un gioco del destino, nemmeno trop­po imprevedibile, il Papa rischia di trovarsi accanto a Hitler, a Mengele. Gli avvocati americani rappresen­tanti di due associazioni in difesa del­le vittime delle violenze sessuali dei preti hanno depositato il loro enor­me memoriale presso il Tribunale dell'Aia. Quello che sarà poi non si sa, nel frattempo però gli avvocati hanno fatto il loro dovere. C'è in tutto questo qualcosa di orripilante, che va oltre il grottesco di una denun­cia ai danni del successore di Pietro. È di questo orrore, capace di far driz­zare i peli sulla schiena, che voglio dar conto.
Siamo in America, dove vige una legge non scritta, indirizzando spesso quelle scritte. È la legge della visibilità. Secondo questa legge, la forza di un'associazione ­per fare un esempio- dipende dalla sua ca­pacità di far parlare di sé. Un'associazione delle vittime di abusi sessuali sarebbe trop­po vaga, ci vorrebbero studi di avvocati trop­po grandi, con troppe sotto-specializzazio­ni.
Se si vogliono far le cose in modo brillan­te, rapido e visibile, meglio definire bene il nemico. Il taglio dell'inchiesta deve andare di pari passo con la sua comunicabilità. Vit­time di abusi, ok, ma da parte di chi? Di elet­tricisti? Di taglialegna? Di impiegati pubbli­ci? Di avvocati? Molto meglio i preti, e fra tut­ti preti meglio quelli cattolici, così da coin­volgere la Chiesa intera: così si ottiene visi­bilità. La Chiesa, inoltre, non mette paura fi­sica: non arma eserciti, non tira bombe, non fomenta il terrorismo, aiuta i poveri e i bisognosi, assiste gratuitamente i malati, porta una parola di speranza a chi l'ha per­sa.
È facile attaccare la Chiesa, anche se è dif­ficile vincerla, togliendo di mezzo le verità scomode che annuncia instancabilmente, e che fanno - quelle sì - molta paura: che la vita non ci appartiene, che siamo deboli e mortali, che non porteremo con noi nulla di quello che abbiamo accumulato sulla ter­ra, che siamo poveri e nudi, che il senso del­la nostra vita non ce lo daremo mai da noi stessi, tanto che Dio si è scomodato a nasce­re e morire per accendere una luce di spe­ranza nel mondo. Certo, se si potesse mette­re a tacere quella voce così odiosa! Se potes­simo coltivare in pace il nostro sogno di on­nipotenza e immortalità!
Colpisce, nel nostro caso, non tanto il ten­t­ativo di incriminare il Papa e altri tre Cardi­nali, quanto il disorientamento umano to­tale di chi ha intrapreso questa azione. L'idea che la giustizia risieda nella lettera della legge, nella legge come tale, è il segno di uno stordimento antropologico senza precedenti. La legge, che dovrebbe servire il bene dell'uomo ed essere usata perciò con intelligenza, come tutti gli strumenti preziosi, si trasforma - in mancanza di altri punti cardinali -in una specie di divinità ti­rannica, in un Moloc al quale sacrificare ogni altra istanza.
Il tema in gioco non è, qui, gli abusi ses­suali patiti da giovani ad opera di uomini di chiesa: delitti terribili, sui quali la Chiesa ha dimostrato tutta la volontà di fare luce, e sui quali il Papa ha speso più volte parole com­moventi, fino all'incontro che ebbe con al­cune delle vittime. La posta in gioco, qui, è la criminalizzazione della Chiesa Cattoli­ca. Pensiamo bene, prima di dare ragione a questa gente, in nome di cosa il Papa do­vrebbe essere trattato da criminale: non in nome di una vita migliore, ma in nome del­la legge umana trasformata in divinità, con gli avvocati in veste di preti e i magistrati in veste di esegeti.
Alla radice di questi atteggiamenti vedo solo un uomo che ha smarrito ogni valore, cinicamente deciso a trarre vantaggio da tutto, anche dalle proprie sofferenze e dalle proprie difficoltà. Quest'uomo è la cosa che mi fa orrore più di tutte le denunce contro la Chiesa.
Ma da un uomo così è lecito aspet­tarsi (per fortuna) anche qualche solenne scivolone. Bisognerebbe per esempio ricor­dare a quegli avvocati americani che il loro Paese non ha mai firmato il protocollo di le­gittimazione del Tribunale dell'Aia, perciò detto tribunale non è competente per l'af­fronto del caso, e sarebbe perciò un autenti­co scandalo se decidesse di prenderlo in esame. In ogni caso, non bisogna avere pau­­ra di affrontare la verità, e io so che la Chiesa lo farà, come lo fece Gesù Cristo. L'impor­tante è poterlo fare in un tribunale compo­sto d­a uomini decisi non già a far valere a tut­ti i costi il proprio punto di vista, ma a stabili­re- anche contro i propri convincimenti- la verità dei fatti.

(Fonte: Il Giornale, 14 settembre 2011)


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