giovedì 10 ottobre 2013

Il Dio di Eugenio Scalfari

Come sappiamo, nell’ormai nota conversazione a Santa Marta, Scalfari ha esposto al Papa la sua concezione dell’Essere, usando la maiuscola, il che fa capire che questo Essere assoluto e sussistente è il suo Dio, tanto più che da esso “sorgono le forme, gli enti”.
Scalfari si ferma a descrivere questo Essere che a tutta prima potrebbe far pensar all’ipsum Esse per se subsistens di S.Tommaso d’Aquino, il quale però secondo l’Aquinate è purissimo Spirito e somma sapienza, creatore del mondo e niente affatto un essere “caotico” senza intelligenza o intenzionalità, dal quale sorgerebbe a caso il mondo, per quanto possa trattarsi di un mondo umano ed ordinato da leggi e forme.
Dice Scalfari: “L’Essere è un tessuto di energia. Energia caotica ma indistruttibile e in eterna caoticità. Da quell’energia emergono le forme quando l’energia arriva al punto di esplodere. Le forme hanno le loro leggi, i loro campi magnetici, i loro elementi chimici, che si combinano casualmente, evolvono, infine si spengono ma la loro energia non si distrugge. L’uomo è probabilmente il solo animale dotato di pensiero, almeno in questo nostro pianeta e sistema solare. Ho detto è animato da istinti e desideri ma aggiungo che contiene anche dentro di sé una risonanza, un’eco, una vocazione di caos”.
Davanti a questo strano Essere, ci si domanda come fa l’ordine a nascere dal caos e dal caso, come fa la forma a sorgere dall’informe e come fa il pensiero a sorgere dalla materia. Lo so che queste concezioni non sono nuove ad hanno avuto nel passato molto successo; ma resta sempre da obiettare.
Evidentemente qui, sotto l’influsso di un evoluzionismo materialistico e una falsa scienza, manca la logica e il rispetto del principio fondamentale della ragione e della scienza, che è il principio di causalità, per il quale è impossibile che l’effetto (per esempio il pensiero) sia superiore alla causa (per esempio la materia), dato che la causa, per spiegare l’effetto, deve aggiungere all’effetto il fattore nuovo di intelligibilità che serve appunto a rendere intelligibile l’effetto, in modo che così si ha un aumento del sapere, secondo l’esigenza della scienza.
Mancando questo fattore, l’effetto resta inspiegato e la causa resta priva di contenuto, non aggiunge nulla alla conoscenza dell’effetto, ed anzi resta meno intellegibile dell’effetto, fallendo nel suo compito di spiegare l’effetto.
Il Dio di Scalfari assomiglia inoltre curiosamente al dio dei manichei, che, secondo la condanna pronunciata dal Concilio di Braga del 561, sorge “dal caos” (Denz. 457), “senza esser creato da nessuno”, e quindi come principio primo e assoluto, con la differenza che nel caso dei manichei si tratta del “demonio” inteso come dio del male, creatore del mondo fisico.
Ma quando si parla di “caos” si può forse escludere il male? E dunque il Dio di Scalfari principio del mondo fisico e dio caotico, per quanto egli lo chiami col nome divino di Essere che si presenta come assoluto ed originario, come non potrà essere paragonato al dio-demonio dei manichei?
Certo il Papa non s’imbarca in una discussione filosofica con Scalfari, comprendendo che essa avrebbe portato troppo lontano. Si limita ad accennare a come egli intende l’Essere assoluto, in perfetta linea non dico con S.Tommaso, ma con la stessa fede cattolica, con queste ferme e brevi parole, che però dicono tutto e ben si adattano a confutare la tesi di Scalfari, senza con ciò affrontarla esplicitamente. Il Papa definisce così l’“Essere” al quale pensa lui: “Osservo dal canto mio che Dio è luce che illumina le tenebre anche se non le dissolve e una scintilla di quella luce divina è dentro ciascuno di noi”.
Evidentemente la luce è l’opposto dal caos, amico delle tenebre, anche se il Papa giustamente non nega l’esistenza delle tenebre. È un richiamo al Prologo di Giovanni, a quella Luce divina, che “splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno compresa” (Gv 1,5), verbo (katalambano) che può significare sia “accogliere” che “sopraffare”.
L’uomo, inoltre, nella risposta del Papa, non è il vertice di un essere caotico che sale casualmente dal basso della materia, ma al contrario è partecipazione (una “scintilla”) dell’immenso ed infinito Fuoco di Luce che è il vero Dio trascendente e creatore dell’uomo.
Una domanda che poi potremmo farci e che il Santo Padre non si pone, è come salta fuori lo “Essere caotico” dal cogito cartesiano, che, al dire dello stesso Scalfari, sarebbe stata la grandiosa scoperta che lo ha indotto ad abbandonare la fede.
Racconta infatti Scalfari: “Sono stato educato da una madre molto cattolica. A 12 anni vinsi addirittura una gara di catechismo tra tutte le parrocchie di Roma ed ebbi un premio dal Vicariato. Mi comunicavo il primo venerdì di ogni mese, insomma praticavo la liturgia e credevo. Ma tutto cambiò quando entrai al liceo. Lessi, tra gli altri testi di filosofia che studiavamo, il Discorso sul metodo di Descartes e rimasi colpito dalla frase, ormai diventata un’icona, «Penso, dunque sono». L’io divenne così la base dell’esistenza umana, la sede autonoma del pensiero”.
Il Papa non raccoglie lo spunto estremamente interessante, ma risponde con un laconico “va bene”, che non è affatto da intendersi come approvazione di quanto dice Scalfari, ma che è solo una formula di cortesia, un inciso, un prender atto per passare ad altro, limitandosi ad osservare che comunque Cartesio era un praticante cattolico.
Scalfari, dal canto suo, mostra la prudenza di non insistere su questo terreno e passa ad altro, certo secondo il desidero dello stesso Pontefice. Non siamo davanti ad un dialogo filosofico stile dialoghi di Platone, ma semplicemente gli interlocutori sono interessati a fare una specie di giro d’orizzonte su vari argomenti di comune interesse.
Ma ciò non toglie che quanto dice Scalfari sia molto interessante e ci stimoli a chiarire, per quanto ci è possibile, le sue affermazioni, che colpiscono per la loro sincerità, la loro portata culturale e la loro franchezza un po’ audace,  considerando che son fatte alla presenza del Papa.
Il dialogo del Papa con Scalfari ha come perno la questione della modernità in rapporto al Concilio. Da qui i temi come quelli della libertà, della giustizia, della coscienza, della fede, della scienza, della morale, del progresso, della politica, della Chiesa. Nè poteva mancare un accenno alla visione di fondo della realtà.
Sappiamo altresì quanto nei secoli i discepoli di Cartesio che giungono sino all’idealismo tedesco, dal quale poi sorge il marxismo e vengono i moderni totalitarismi, sino alle attuali tendenze idealistiche e modernistiche, tengano a considerare il loro maestro come fondatore e simbolo della “filosofia moderna”, quasi che il cartesianismo sia il novum che arreca finalmente la luce definitiva della verità dopo i lunghissimi tempi bui del medioevo e la notte dell’antichità. La svolta nell’umanità per costoro, anche se si dicono cattolici, non viene da Cristo ma da Cartesio.
In realtà è oggi noto agli storici come Cartesio non fa che riesumare sotto le apparenze di una rifondazione della filosofia e di un’alta spiritualità, il vecchio scetticismo e soggettivismo protagoreo dell’uomo come “misura del reale”, come notò a suo tempo lo stesso Heidegger. Quindi, ben lungi dall’essere il fondatore della modernità, Cartesio è rimasto indietro persino rispetto a Platone, Aristotele, Agostino e Tommaso.
Il cattolicesimo di Cartesio è un cattolicismo di facciata. Maritain sospetta che servisse per eludere la sorveglianza dell’Inquisizione. Di fatto il “cattolicesimo” di Cartesio non hai mai costruito né una solida teologia né una solida morale cattoliche.
Semmai è stato subito captato dai protestanti per il suo soggettivismo, che ben si sposava con quello di Lutero, e le sue opere furono messe all’Indice nel 1663, ma nessuno purtroppo ha preso in seria considerazione questo grave e saggio avvertimento della Chiesa, trascurando il fatto che quando la Chiesa fa un ammonimento in tal senso, non c’è in gioco una particolare dottrina filosofica, ma la purezza stessa della fede.
In realtà il cartesianismo contiene un potenziale dirompente che nei secoli seguenti avrebbe prodotto l’ateismo. Scalfari, perdendo la fede con Cartesio, accolse incautamente questo germe velenoso e se ne lasciò avvelenare. Dall’io fondato in Dio è passato all’io fondato su se stesso e dall’autonomia che è dono di Dio è passato ad un’“autonomia” che si sostituisce a Dio. Immagino il dolore della povera mamma di Eugenio, se ancora era al mondo. Quante madri oggi subiscono questa prova! In nome di che cosa si può tradire l’amore ricevuto da una madre?
Purtroppo Papa Bergoglio nell’osservare che comunque Cartesio continuò ad essere cattolico, non ricorda all’interlocutore che la riforma filosofica cartesiana non ha provocato affatto un avanzamento ma un corruzione della filosofia e di conseguenza della fede, la quale si spegne o è impossibile, quando la luce della ragione è oscurata dal sofisma e dall’orgoglio.
Bisognerebbe che la cultura moderna, dopo le amare esperienze degli ultimi secoli, prescindendo ovviamente dai fatti positivi, si rendesse conto una buona volta che Cartesio non è stato un restauratore o uno scopritore ma un affossatore della ragione.
Non c’è da stupirsi che la ragione cartesiana faccia perdere la fede. Scalfari ha capito benissimo il senso della riforma cartesiana e proprio per questo ha perso la fede. Egli è stato logico nella sua fondamentale avventatezza. Ma era conveniente che il Papa in quella circostanza rinfacciasse a Scalfari una tesi del genere? Non possiamo pretendere neppure da un Pontefice l’abilità dialettica eccezionale che sarebbe occorsa per mettere Scalfari con le spalle al muro. Il Papa se l’è cavata elegantemente, semplicemente citando la sua pura e quasi fanciullesca fede di cristiano nel Dio della Luce. Starà al filosofo tentare una confutazione ed è quello che adesso modestamente cerco di fare.
Come dunque Scalfari è potuto arrivare da Cartesio al suo Essere caotico evolutivo e  panteista? E più in radice, come mai il cogito gli ha fatto perdere la fede dandogli l’ebbrezza di una falsa libertà di pensiero?
Il cogito (=“io penso”), dice Fabro, è un volo (=io voglio). Non è tanto una scoperta o un’intuizione del pensiero, quanto piuttosto un’arbitraria decisione della volontà. Cartesio non è uno che si arrende alla verità oggettiva, ma uno che dice: sulla verità, decido io. Fabro quindi ha ragione a dare questo giudizio.
Si tratta infatti dell’assolutizzazione dell’io che, libero dal reale, diventa l’io che decide liberamente del reale : un io non più davanti alle cose, agli altri, a Dio, ma solo davanti a se stesso in una forma di autoriflessione – quella che sarà chiamata dagli idealisti “autocoscienza” -, quell’io che, come già osservò acutamente il Maritain, scambia il soggetto umano per uno spirito puro che invece di ricavare le conoscenze dai sensi, se le trova immediatamente nella coscienza, un io che diventa così principio unico della certezza ignorando la verità dei sensi e con la pretesa di ricavare dall’ interno di questo io la totalità della verità.
Ecco fondato il soggettivismo. Invece, la vera e sana filosofia moderna è ben altra cosa. Essa è quella che è sorta dalle basi sicure del realismo biblico ed aristotelico-tomista sotto il patrocinio della Chiesa, la quale ancor oggi con il Concilio Vaticano II ci raccomanda il vero progresso della filosofia e della teologia, indicando ancora una volta nell’Aquinate il riferimento per una sana modernità capace di dialogare efficacemente col mondo moderno e di evangelizzare l’uomo d’oggi. Se questo non lo ha detto il Papa, desideroso di passare ad altri argomenti, lo diciamo noi, nella convinzione che il Santo Padre sarebbe perfettamente d’accordo.
Dall’io di Cartesio scappa dunque fuori l’Essere caotico di Scalfari non perché esista un nesso di logico sviluppo tra l’uno e l’altro, ma semplicemente perchè, così almeno penso, Scalfari, sentendosi autorizzato, grazie all’io cartesiano a spaziare liberamente negli orizzonti infiniti del pensiero e a scegliere liberamente nel supermercato delle ideologie moderne, ha trovato congeniale alla sua indole e al suo carattere questo Essere caotico e confuso, tessuto ed energia universale, simile al prana dell’induismo, dal quale panteisticamente sorgono tutte le leggi e le forme sino ai livelli più elevati dell’essere e alla persona umana, insomma un misto delle idee di Monod, Spencer, Darwin, Teilhard de Chardin e Mancuso, un cocktail oggi assai gradito a un vasto pubblico, pensiamo soprattutto ai lettori di Repubblica, il quale, senza mancare certo di basi culturali, è però incapace di operare una sintesi ordinata e decente nel vortice caotico delle più disparate e contraddittorie idee nel confronto attuale tra occidente ed oriente, dall’Africa alla Cina, dall’America Latina all’India.
Ma alfine siamo proprio sicuri che da questo agitato calderone cosmico-ontologico in ebollizione del caos e della casualità, che sembra proporci Scalfari, possa sorgere la limpidezza, l’acutezza e l’oggettività dello sguardo e della libertà della coscienza, responsabile dell’agire, del bene e della felicità del singolo e della società? O ci troveremo in mezzo ad un’immensa ed inestricabile confusione, dove non saremo più in grado, come dice la Bibbia, di distinguere la destra dalla sinistra?
Papa Francesco, con francescana e giovannea semplicità e profondità, oppone al Dio di Scalfari il Dio della Luce e dell’Amore, che lotta contro le tenebre e le vince senza annullarle. Non sarà forse questo il vero Dio al quale Papa Bergoglio vuol convertire l’intraprendente Fondatore di Repubblica?
 

(Fonte: P. Giovanni Cavalcoli, OP, Riscossa Cristiana, 8 ottobre 2013)
 

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