La
figura del Papa è approdata alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno nel
modo peggiore che si potesse immaginare. Essa è stata dileggiata, schernita,
vilipesa con gli strumenti dell’affabulatore pensiero contemporaneo, ammantato
di abilità artistica e cerebrale.
A
Venezia sono state presentate le prime due puntate (sulle complessive dieci)
della serie tv The Young Pope, diretta dal regista pluripremiato
Paolo Sorrentino e prodotta da Sky, HBO e Canal+: investimento sostanzioso per
un prodotto che, in contemporanea al Pontificato di Francesco, elimina in
toto l’aura di sacralità del Pontefice.
Sorrentino,
che si è limitato a raccogliere tutto ciò che offre la secolarizzata e
materializzata civiltà occidentale, con questo provocatorio lavoro sorpassa in
bruttezza, in volgarità e blasfemia il satirico Habemus Papam di
Nanni Moretti: là il Papa, che aveva comunque già perso il suo ruolo di Vicario
di Cristo, era un uomo insicuro, bisognoso dello psicanalista. Qui, invece,
siamo di fronte ad un uomo diabolico.
La
Chiesa viene rappresentata soltanto come un contenitore di vanità, di potere,
di fobie e di manie di grandezza. Vero squallore per gli squallidi tempi che
viviamo, dove il limite non esiste più, come ha dimostrato l’orrenda vignetta
di Charlie Hebdosulle vittime del terremoto del 24 agosto scorso.
Miasmi di un’età in cui il Papato da 50 anni a questa parte ha sempre più
rinunciato ad assolvere il suo compito fondativo: confermare i fedeli nella
fede ed evangelizzare le genti per la salvezza eterna delle anime.
Il
papa di Sorrentino è americano, si chiama Lenny Belardo – interpretato da Jude
Law – e, una volta eletto, prende il nome di Pio XIII. Fuma in maniera
compulsiva, mette le infradito, indossa scarpe Louboutin.
Dal 21
ottobre andrà in onda su SKY Atlantic e, forse, sarebbe buona cosa che gli
uomini di Chiesa, soprattutto le alte gerarchie, ne prendessero visione al fine
di rendersi conto che cosa sia davvero accaduto nel voler, con il Concilio
Vaticano II, dialogare con il mondo e con i lontani: non solo le vocazioni sono
rare e le chiese sempre più vuote, ma ormai la figura del Capo della Chiesa
viene sbeffeggiata e dileggiata con arroganza, tanto da arrivare a far dire al
papa: «Non credo in Dio» per poi sogghignare mefistofelicamente e dire «Sto
scherzando». Ma questo film non è affatto uno scherzo e neppure una
buffonata. È, al contrario, estremamente serio nel rispecchiare un’epoca in cui
la Chiesa terrena ha perso l’orientamento, ha smarrito, in sintesi, l’altare
rivolto verso oriente, verso Dio.
Il
regista non ha nessun timore per i commenti oltre Tevere. «Quali reazioni mi
aspetto dal Vaticano? È un problema loro, non mio, capiranno che è un lavoro
onesto, senza sterili provocazioni o pregiudizi, sulle contraddizioni e le
difficoltà di quel mondo, e di un prete speciale che è il Papa» ha detto al Corriere
della Sera lo scorso 3 settembre. Perverso e pasoliniano meditare
cinematografico quello di Sorrentino in questa architettonica operazione.
Comunque sia, il film infierisce pesantemente sul Vaticano, che dovrebbe porsi
davvero il «problema»: dalla crisi della Chiesa postconciliare si è passati
all’agonia, sulla quale irridono coloro che utilizzano le debolezze altrui per
farne il proprio successo e per servire il padrone degli abissi.
L’astuto
Sorrentino non vuole far intendere che la Chiesa sia cambiata, perché, così
facendo, metterebbe in allarme, allora indaga su «come si gestisce e si
manipola il potere in uno Stato che ha come dogma e come imperativo morale la
rinuncia al potere e l’amore disinteressato verso il prossimo». Ci
vorrebbe, secondo il regista, più e più libertà nella Chiesa (siamo di fronte
all’abbraccio mortale con il mondo): «Che il cammino della Chiesa verso la
liberalità continui dopo Francesco è illusorio pensarlo, come è illusorio
pensare che la Chiesa sia cambiata». (http://www.corriere.it/spettacoli
/16_settembre_03/mostra-cinema-venezia-2016-papa-provocatorio-sorrentino-012eb5c4-71bb-11e6-a5ab-6335286216cb.shtml).
Gode nel colpire e ferire l’immagine pseudopetrina, ben sapendo di trovarsi di
fronte ad una realtà sempre meno sacra, sempre più svuotata dei suoi contenuti
dottrinali e di fede, sempre più fragile, vulnerabile e corrotta spiritualmente
e moralmente.
Il
cast è di prim’ordine: oltre al già citato divo protagonista, troviamo Diane
Keaton, segretaria particolare del papa, che nel film indossa una t-shirt con
il titolo della canzone di Madonna Louise Veronica Ciccone, Like a
Virgin; Silvio Orlando interpreta, invece, il segretario di Stato avversato
da Pio XIII, una sorta di Jago, che cerca di studiare i punti deboli del
pontefice, «perché gli uomini sono come Dio: non cambiano mai». Orlando
pensa soprattutto ai giocatori del Napoli, ai soldi e al potere; mentre Cécile
de France è la responsabile del marketing del Vaticano.
Sorrentino
parla «dei segni evidenti dell’esistenza e dell’assenza di Dio, di come si
cerca e di come si perde la fede, della grandezza della Santità, così grande da
ritenerla insopportabile». Il suo è un pontefice spigoloso, imprevedibile
(«ho imparato a confondere i pensieri del prossimo fin da bambino»),
solitario, contraddittorio, tradizionalista, che rinvia la prima omelia dal
balcone di San Pietro, perché vuole essere irraggiungibile come una rockstar, «invisibile
come Salinger e Mina». Molte le scene forti, in particolare quelle della
libertà sognata da questo antipapa, che esorta le persone a peccare e a non
avere più sensi di colpa…
Non
andiamo oltre, tutto ciò è sufficiente per bussare alla porta del Vaticano e
chiedere: per quanto tempo ancora dovremo rinunciare alla condanna di ciò che è
giusto per ciò che è ingiusto e malvagio? Per quanto tempo ancora deve essere
sottratta la Verità portata dal Figlio di Dio a questa povera umanità
contemporanea, ubriacata da Kant, Freud, Rahner, Teilhard de Chardin… dai
Pasolini, Pannella, Scalfari, Sorrentino? Per quanto tempo ancora, dopo aver
elargito perle agli indegni, si continuerà ad essere superbi con la Santissima
Trinità, umiliandosi senza onore davanti agli uomini per vedere calpestare le
perle di inestimabile valore ed essere sbranati dai senza Dio?
(Fonte:
Cristina Siccardi, Corrispondenza Romana, 7 settembre 2016)
Nessun commento:
Posta un commento