Li
hanno dipinti come “vecchi rincoglioniti”, quattro cardinali isolati e fuori
dal mondo, rimasuglio di una Chiesa ormai superata che vede solo la rigidità
della dottrina e non capisce la Misericordia che entra nelle pieghe della vita.
Insomma, uno scarto della Chiesa, un’appendice marginale neanche degna di un
“sì” o un “no” alle loro domande.
Eppure
devono averne una gran paura se
da giorni stiamo assistendo a un crescendo di insulti e accuse pesanti, ormai
un vero e proprio linciaggio mediatico, contro i quattro cardinali – Raymond
Burke, Walter Brandmuller, Carlo Caffarra e Joachim Meisner – rei di aver resi
pubblici cinque “Dubia” già presentati a papa Francesco riguardo
all'esortazone apostolica Amoris Laetitia. Addirittura siamo
arrivati a richieste di dimissioni dal collegio cardinalizio o, in alternativa,
suggerimenti al Papa di togliere loro la berretta cardinalizia.
I
protagonisti sono i più vari: vescovi che hanno da regolare conti personali, ex filosofi che rinnegano il principio di non contraddizione, cardinali amici di papa Francesco che malgrado l’età
non hanno abbandonato i sogni rivoluzionari, intellettuali e giornalisti che si
considerano “guardiani della rivoluzione”, e l’immancabile padre Antonio
Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e vera eminenza
grigia di questo pontificato, tanto da essere conosciuto a Roma come il
vice-Papa. Quest’ultimo poi, come un adolescente qualsiasi, si è reso
protagonista di bravate sui social che lasciano esterrefatti: dapprima con
un tweet ha apostrofato il cardinale Burke paragonandolo al “verme idiota” del Signore
degli anelli (tweet poi cancellato); quindi si è messo a rilanciare
tweet offensivi nei confronti dei quattro cardinali partiti dall’account “Habla
Francisco” (Parla Francesco), che si è scoperto ieri riportare
all’indirizzo e-mail di padre Spadaro alla Civiltà cattolica. E poi
l’immancabile Alberto Melloni, punto di riferimento della Scuola di Bologna che
lavora per una riforma della Chiesa fondata sullo “spirito” del Concilio
Vaticano II.
È
un vero e proprio nuovo tribunale dell’Inquisizione che, colpendo i quattro,
intende intimidire chiunque abbia l’intenzione di esprimere anche semplici
domande, figurarsi chi volesse esternare delle perplessità.
È
un atteggiamento inquietante, una
difesa del Papa quanto meno sospetta da parte di chi ha apertamente contestato
i predecessori di papa Francesco. E solo per aver posto delle semplici domande
di chiarimento a proposito dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia che,
come chiunque può constatare, ha dato origine a interpretazioni opposte e
sicuramente non conciliabili. Al proposito bisogna ricordare che i “Dubia” sono
uno strumento molto utilizzato nel rapporto tra vescovi e Congregazione per la
Dottrina della Fede (e attraverso questa con il Papa). La novità in questo caso
è semplicemente nell’aver resi pubblici questi Dubia, ma dopo ben due mesi di
vana attesa di una risposta, che i quattro cardinali hanno legittimamente
interpretato come un invito a proseguire la discussione.
Eppure per Melloni si tratta di «un atto sottilmente eversivo, parte di un gioco
potenzialmente devastante, con ignoti mandanti, condotto sul filo di una storia
medievale». Atto eversivo, spiegherà Melloni in un’altra intervista, perché
fare domande significa mettere il Papa sotto accusa, un metodo da inquisizione.
Cose da non credere: chiedere chiarimenti è diventata un’attività eversiva, da
Inquisizione. E gli «ignoti mandanti» poi: accuse vaghe, scenari fantasiosi ma
che devono dare l’impressione di una cospirazione da fronteggiare con
decisione. E infatti ecco il passaggio successivo: «Chi porta attacchi come
questo (…) è qualcuno che punta a dividere la Chiesa», dice. E quindi ecco le
conseguenze auspicate: «…nel diritto canonico è un crimine, punibile».
Addirittura
criminali, dunque, perché vogliono dividere la Chiesa. Poco importa se la realtà
è esattamente opposta: la spinta a rivolgere delle domande al Papa nasce
proprio dalla constatazione della divisione nella Chiesa che si è palesata con
le opposte interpretazioni di Amoris Laetitia.
C’è
proprio puzza di maoismo nella Chiesa,
rumore di Guardie Rosse e di avanguardie rivoluzionarie; ci mancano solo i
campi di rieducazione. Anzi no, pare che già ci siano anche quelli, almeno
stando al solito Melloni. Infatti, ci spiega il perché papa Francesco non abbia
usato nei confronti di monsignor Lucio Vallejo Balda – nelle carceri vaticane
per lo scandalo Vatileaks – quella clemenza che ha invece invocato per i
carcerati nei vari paesi del mondo: «A fine Giubileo si capisce il perché: papa
Francesco non vedeva in quel processo una procedura penale, ma un gesto
pedagogico verso gli avversari» che ora «rischiano molto». Insomma, colpirne
uno per educarne cento.
Si
tratta di una lettura davvero inquietante, a maggior ragione se si pensa che quanti
oggi si scatenano a difesa del Papa per delle semplici domande di chiarimento
che dovrebbero essere normali, fino a ieri contestavano apertamente i
predecessori di papa Francesco. Anzi, vedono oggi in papa Francesco la
possibilità di cancellare quanto sulla famiglia hanno insegnato Paolo VI e
Giovanni Paolo II. L’enciclica Humanae Vitae(Paolo VI) e
l’esortazione apostolica Familiaris Consortio (Giovanni Paolo
II) sono state nel mirino di vari episcopati europei (Austria, Germania,
Svizzera, Belgio) anche nel recente doppio Sinodo sulla famiglia.
E
chi di costoro si è scandalizzato quando il cardinale Carlo Maria Martini ha scritto chiaro e tondo
(Conversazioni notturne a Gerusalemme) che l’Humanae Vitae ha
prodotto «un grave danno» col divieto della contraccezione cosicché «molte persone
si sono allontanate dalla Chiesa e la Chiesa dalle persone»? E ha auspicato un
nuovo documento pontificio che la superi, soprattutto dopo che Giovanni Paolo
II seguì «la via di una rigorosa applicazione» della Humanae Vitae?
Certamente nessuno, perché ciò che conta non è l’oggettività del Magistero (il
cui riferimento è la Rivelazione di Dio), ma il progetto ideologico di queste
avanguardie sedicenti interpreti della volontà popolare.
E
allora c’è un’intima coerenza nel fatto che i papisti di oggi siano i ribelli
di ieri. Sì,
ribelli. Perché da Paolo VI in poi, questi vescovi e intellettuali, questi
maestri di obbedienza al Papa, hanno dichiarato guerra al Magistero in quanto
non recepiva lo spirito del Vaticano II; hanno firmato manifesti, documenti e
appelli in cui contestavano apertamente il Papa regnante, fosse Paolo VI,
Giovanni Paolo II o Benedetto XVI. Ricordiamo almeno il pesante documento del
noto moralista tedesco Bernard Haring nel 1988 contro Giovanni Paolo II che
tanto sostegno ricevette in tutta Europa, subito seguito dalla Dichiarazione
di Colonia, nel 1989, dello stesso tenore, firmata da numerosi e influenti
teologi tedeschi, austriaci, olandesi e svizzeri. E in Italia subito accolta
con favore, tra gli altri, da quel Giovanni Gennari che oggi fa il
quotidiano custode dell’ortodossia dalle colonne di Avvenire.
Ma
nello stesso anno in Italia arriva anche il Documento dei 63 teologi, una Lettera ai
cristianipubblicata sulle colonne de Il Regno, in cui si
contesta apertamente il magistero di Giovanni Paolo II. E nell’elenco dei
firmatari ci troviamo nomi noti che hanno imperversato in seminari e atenei
pontifici negli ultimi decenni, realizzando un vero e proprio magistero
parallelo di cui oggi vediamo gli amari frutti. Facevano le vittime, ma tutti
hanno fatto brillanti carriere, qualcuno è anche diventato vescovo come quel
monsignor Franco Giulio Brambilla, attualmente vescovo di Novara e in corsa per
succedere al cardinale Angelo Scola a Milano. Ma guarda caso, tra le firme
troviamo l’immancabile Alberto Melloni, con i suoi colleghi della Scuola di
Bologna (Giuseppe Alberigo in testa), il priore della Comunità di Bose Enzo
Bianchi, Dario Antiseri, Attilio Agnoletto.
Sono
gli stessi che hanno continuato ad attaccare pubblicamente Benedetto XVI, anche con palesi prese in
giro, riguardo alla corretta interpretazione del Concilio Vaticano II che
Melloni, Bianchi e co. hanno sempre visto come svolta radicale e irreversibile
«nella comprensione della fede ecclesiale», contro l’ermeneutica della riforma
nella continuità spiegata da papa Ratzinger. E come non ricordare le vesti
stracciate per la scomunica tolta ai lefevriani mentre ora neanche un sospiro
si è levato di fronte alle aperture unilaterali di papa Francesco.
Sono
questi i personaggi che oggi pretendono di giudicare cardinali, vescovi e
laici preoccupati della grave confusione che si è creata nella Chiesa. Una
banda di ipocriti e sepolcri imbiancati, che perseguono da decenni una loro
agenda ecclesiale, che usano il Papa per affermare un loro progetto di Chiesa,
e che oggi si permettono l’arroganza di chi pensa di essere al comando di una
vincente e gioiosa macchina da guerra. Sono questi i veri fondamentalisti,
sostenuti da una stampa compiacente che non vede l’ora di cancellare
definitivamente ogni traccia di identità cattolica. Che però, purtroppo per
loro, non soccomberà.
(Fonte:
Riccardo Cascioli, La Nuova Bussola Quotidiana, 1 dicembre 2016)
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