Inversione tra pastori e pecore: le pecore finiscono per svolgere il ruolo dei pastori, nella scelta dei propri pastori; sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI avevano messo in guardia dal clericalizzare i laici, conferendo loro ruoli e ministeri che spettano invece ai ministri sacri. Il problema delle tre donne (una laica) scelte dal Papa nel Dicastero dei vescovi non è di abilità e competenze, ma di ordine sacro. Una manovra sbadata di “modernizzare” la Chiesa o un ulteriore passo verso il sacerdozio femminile?
Il Papa aveva anticipato
la nomina di due ladies, circa
una settimana prima, durante l’intervista concessa a Phil Pullella della
Reuters (vedi qui). Ma, come si sa, non c’è due senza tre; e così sono
ben tre le donne che condivideranno con gli altri membri, tutti vescovi (e un
abate), la responsabilità per la nomina dei vescovi, nonché della costituzione,
raggruppamento o soppressione di chiese locali e dell’erezione di Ordinariati
militari o personali, compiti propri del Dicastero presieduto dal cardinale
Marc Oullet.
Oltre alla già in carriera
suor Raffaella Petrini, la quota rosa
sarà nutrita anche dalla presenza della superiora generale delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, sr. Yvonne Reungoat, e dalla sociologa argentina Maria Lia
Zervino, presidente dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili
Cattoliche e appartenente all’Ordo Virginum. La notizia è stata
generalmente accolta con favore, quale segno di apertura della Chiesa cattolica
alle donne e riconoscimento del loro peculiare contributo.
È stato anche
correttamente sottolineato che queste tre nomine sono in linea con le indicazioni di riforma della Curia romana,
espresse nella Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, pubblicata il 19 marzo
scorso.
È il § 10 ad incoraggiare
la presenza di laici nei vari Dicasteri della Curia, per il fatto che «il Papa, i Vescovi e gli altri
ministri ordinati non sono gli unici evangelizzatori nella Chiesa». La Costituzione
enfatizza che «ogni cristiano, in virtù del Battesimo, è un
discepolo-missionario “nella misura in cui si è incontrato con l’amore di
Dio in Cristo Gesù”». Pertanto, nel progetto di aggiornamento della Curia,
«si deve prevedere il coinvolgimento di laiche e laici, anche in ruoli di
governo e di responsabilità», la cui presenza è considerata addirittura
«imprescindibile».
C’è un però. E lo ha fatto
presente padre Gerard Murray,
sacerdote dell’arcidiocesi di New York e canonista (vedi qui,
min.6:46-8:06): «La presenza di laici alla Congregazione dei vescovi è un
grosso problema. I vescovi nella Congregazione suggeriscono al Papa i candidati
da promuovere come vescovi e lo fanno sulla base della condivisione del governo
della Chiesa, come consiglieri del Papa, essendo essi stessi vescovi». Fr.
Murray spiega che in questo modo c’è un’inversione tra pastori e pecore: le
pecore finiscono per svolgere il ruolo dei pastori, nella scelta dei propri
pastori; sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI avevano messo in guardia dal
clericalizzare i laici, conferendo loro ruoli e ministeri che spettano invece
ai ministri sacri.
Il governo, nella Chiesa,
può essere esercitato legittimamente solo dai pastori, che divengono tali mediante l’ordinazione sacramentale.
Non si tratta fondamentalmente di abilità e competenze, ma di ordine sacro.
Nell’Udienza Generale del 26 maggio 2010, Benedetto XVI spiegava
che la parola “gerarchia” significa «“sacra origine”, cioè: questa autorità non
viene dall’uomo stesso, ma ha origine nel sacro, nel Sacramento; sottomette
quindi la persona alla vocazione, al mistero di Cristo; fa del singolo un servitore
di Cristo e solo in quanto servo di Cristo questi può governare, guidare per
Cristo e con Cristo». È questo principio sacro che crea il pastore; ed il
pastore è tale «proprio guidando e custodendo il gregge, e talora impedendo che
esso si disperda. Al di fuori di una visione chiaramente ed esplicitamente
soprannaturale, non è comprensibile il compito di governare proprio dei
sacerdoti».
Non è un caso che il
capitolo IV del Codice di Diritto Canonico, dedicato alla Curia romana, sia inserito non solo nella seconda parte
che riguarda “la costituzione gerarchica della Chiesa”, ma addirittura nella
sua prima sezione, intitolata “la suprema autorità della Chiesa”. I Dicasteri
della Curia Romana sono organi di governo della Chiesa; ed in modo particolare
quello dei vescovi. Ora, poiché il governo della Chiesa spetta ai pastori e
poiché si entra a far parte della gerarchia della Chiesa mediante l’ordine
sacro, la nomina di laici a ruoli di governo nella Chiesa non può non porre più
di un interrogativo.
Che si tratti di una
manovra sbadata di “modernizzare” la Chiesa, corrispondendo alla richiesta montante di dare più spazio al
femminile? Oppure che sia un ulteriore passo per muoversi nella direzione del
sacerdozio femminile, concedendo intanto senza ordinazione quello che può
essere conferito solo con l’ordinazione?
(Fonte: Luisella Scrosati,
LNBQ, 15 luglio 2022)
https://lanuovabq.it/it/pastori-scelti-dalle-pecore-ce-un-problema-con-laici-e-donne-nel-dicastero
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