Dai
media nazionali e internazionali apprendiamo dei fatti – in una certa misura
indiscutibili nella loro fattualità – ma ascoltiamo anche un accavallarsi di
opinioni, molte delle quali presentate a loro volta come fatti; si tratta però
di fatti di secondo livello, ossia di notizie riguardanti le “reazioni” delle
istituzioni (Chiesa cattolica, rappresentanti delle altre comunità religiose,
parlamenti nazionali, capi di Stato e di governo) ai fatti di primo livello.
Questa breve premessa massmediologica serve per ragionare da cattolici
sull’evento tragico dell’irruzione di due terroristi islamici nella chiesa di
Saint-Etienne-du-Rouvray, nei pressi di Rouen, e dell’assassinio brutale
dell’abbé Jacques Hamel che stava celebrando la Santa Messa.
Le “reazioni” a questo fatto sono state tante, e alcune corrispondono in
pieno alla logica della coscienza cristiana: esecrazione di fronte a un
sacrilegio così orribile (profanazione di un luogo sacro e aggressione di una
persona sacra nel momento stesso in cui svolgeva il rito più sacro), preghiera
e opere di riparazione e al sentimento di venerazione di fronte alla vittima
innocente della violenza anticristiana. Il professor Roberto de Mattei, per
esempio, ha subito pubblicato un editoriale nella sua agenzia “Corrispondenza
romana” onorando «il primo martire dell’islam in Europa».
Altre “reazioni” sono invece dissennate. I media di ieri hanno
parlato di una decisione che dovrebbe attuarsi già oggi: invitare i musulmani a
partecipare alla Messa domenicale assieme ai fedeli cattolici, nelle chiese cattoliche.
La proposta, inizialmente avanzata dal mondo musulmano e sposata dal parroco di
Saint Etienne, è stata poi approvata (sembra) dall’intero episcopato francese,
e per ultimo anche dall’episcopato italiano, il cui portavoce ha detto (e la
frase a effetto ha ottenuto il suo scopo, quello cioè di essere citata da tutte
le radio, le televisioni, Internet e i giornali) che «si tratta di un
gesto enorme!».
Di “enorme” in questa uscita del portavoce, c’è solo
l’insensatezza (che
spero non sia davvero di tutta intera la Conferenza Episcopale Italiana) e la
stupidità di esprimersi in questo modo di fronte a eventi come quello di cui si
sta parlando. Queste dichiarazioni rispondono evidentemente al dettato di una
legge non scritta, ma rigorosamente applicata all’unisono da tutti i poteri
forti del nostro mondo occidentale, siano essi poteri ecclesiastici che
civili (politica, finanza, informazione).
La legge è che non bisogna condannare nulla, ma proprio nulla, se la
condanna deve mettere in cattiva luce la religione dell’islam, senza troppo
distinguere tra islam considerato moderato e il cosiddetto islam radicalizzato,
e senza sottilizzare troppo sulle intenzioni di guerra santa professate
dall’autoproclamato Stato islamico. Non bisogna parlare male dell’islam
e non bisogna presentare le vittime cristiane dell’islam come vittime e/o
come cristiane. Bisogna parlare d’altro. Meglio tornare a parlare
un’altra volta, come da anni, dell’uguaglianza di tutte le religioni, che sono
tutte per la pace e non usano mai la violenza per imporsi le une sulle altre.
In questa linea di retorica pacifista, l’idea di invitate i musulmani a Messa
costituisce una trovata geniale. Così almeno dice (non so se lo pensa davvero)
il portavoce della Cei.
Ma c’è un problema. Oltre alla responsabilità
istituzionale che
obbliga in un certo grado ed entro certi limiti la Chiesa gerarchica a
occuparsi di diplomazia inter-religiosa (buon vicinato, rispetto incondizionato
per l’altro, silenzio sulle colpe altrui e richiesta di perdono per la proprie
colpe, vere o presunte che siano, non importa), c’è anche – ed è la più
importante, anzi è quella essenziale, tanto che se manca quella non c’è proprio
più Chiesa – la responsabilità di dare a Cristo Gesù, realmente presente «in
corpo, sangue, anima e divinità» nell’Eucaristia, il dovuto culto adorazione.
Nelle chiese cattoliche questo culto si dà con la santa Messa
e con la “riserva” eucaristica nel Tabernacolo. Per questo le chiese
cattoliche non sono un semplice luogo di incontro della comunità, e quindi non
sono qualcosa di analogo alle sinagoghe e alle moschee: sono – in senso
proprio, cioè in senso teologico e soprannaturale – la “casa di Dio”. Sono un
“luogo sacro”, e la profanazione di un luogo sacro è un orrendo peccato agli
occhi di Dio, perché è esattamente il contrario di ciò che Dio ordina nel primo
comandamento del Decalogo. Anche il sacerdote cattolico è una “persona sacra”,
come la Chiesa ha sempre riconosciuto; è una “persona sacra” per effetto della
consacrazione sacerdotale ricevuta nel momento in cui un vescovo gli ha
conferito il sacramento dell’Ordine, che imprime nell’anima del soggetto un
“carattere” indelebile, come il Battesimo.
E’ vero che il mondo contemporaneo è dominato, nella sua cultura
apparentemente egemone, dall’ideologia del secolarismo e dal processo sociale
della secolarizzazione, quindi anche dalla smania di dimenticare, anzi di
rimuovere ogni forma di presenza del Sacro. E’ vero che molti pensatori
protestanti (a cominciare da Paul Tillich) pretendono che anche i cristiani di
oggi sappiano accettare la secolarizzazione come un fatto positivo, che
addirittura risponderebbe al messaggio cristiano originario; è vero che Martin
Lutero ha abolito il sacramento dell’Ordine sacro e che per i luterani i preti
cattolici, considerati alla stregua dei “pastori” protestanti, non hanno alcun
carattere sacro.
Ma tutto ciò non toglie che la nostra condizione di
cattolici ci
impone in termini assoluti (cioè, non in termini relativi a qualche convenienza
politica del momento) di professare in ogni luogo e in ogni tempo la nostra
santa fede, il cui nucleo fondamentale è il mistero della Santissima Trinità e
il mistero dell’Incarnazione del Verbo, che è Gesù Cristo, vero Dio e vero
Uomo. Professare questi misteri della fede non è compatibile con l’invito,
rivolto ai musulmani, di riunirsi con i cattolici nelle chiese
cattoliche per manifestare i propri sentimenti di pace.
Fare opera di pacificazione, di perdono e di ricerca
di un’intesa su
qualche valore condivisibile è legittimo, anzi doveroso, in quanto corrisponde
a quel dialogo inter-religioso che è stato promosso dal Vaticano II con il
decreto Nostra Aetate. Ma fare questa opera di pacificazione nel
modo che è stato ora prospettato è assurdo. E’ un «gesto enorme», nel senso che
è un’enorme (e abnorme) testimonianza di fede al contrario. Alla fine risulta
una vera e propria profanazione, la seconda per quanto riguarda la chiesa di
Saint Etienne a Rouen, già orribilmente profanata dall’assassinio rituale di un
sacerdote cattolico mentre celebrava la Santa Messa.
E’ inutile far finta di non sapere (lo sanno tutti) che i
musulmani che si vogliono invitare a partecipare alla santa Messa professano
una fede religiosa che è non solo diversa ma esplicitamente contraria alla fede
cattolica. I musulmani non accettano in alcun modo quelli che sono i
fondamentali misteri della fede cattolica che nella Messa si celebrano, anzi,
li considerano bestemmie contro l’unico Dio, e sono sempre in qualche modo
ostili a noi che siamo, ai loro occhi, gli infedeli, gli idolatri.
Che cosa si spera dunque di ottenere dall’ingresso dei musulmani nelle
nostre chiese quando viene celebrata la Messa? Nessuno di loro penserà di
entrare in luogo sacro, dove si svolge una funzione sacra e si adora il vero
Dio in tre Persone, dove si celebra sacramentalmente il sacrificio redentore
del Figlio di Dio per la remissione dei nostri peccati. Nessuno di loro,
entrando in chiesa, si farà il segno della Croce con l’acqua benedetta (un
sacramentale che prepara i fedeli all’atto penitenziale e alla degna ricezione
dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia). Nessuno di loro si
inginocchierà al momento della consacrazione per adorare il Santissimo
Sacramento dell’Altare. Soprattutto, nessuno di loro ascolterà l’omelia del sacerdote
celebrata come commento liturgico al Vangelo di Gesù Cristo proclamato nella
Messa: al massimo, la potranno considerare come qualcosa di analogo (e di
contrario) ai sermoni del loro imam.
A che pro tutto questo? Per il bene del dialogo
inter-religioso? Per
la pace nel mondo? Sono tutti risultati che corrispondono a una pia
illusione irenista. Quello che realmente ne risulterà è un’empia profanazione
della Santa Messa, del luogo sacro dove essa viene celebrata e della persona
sacra del celebrante, che sull’altare è Cristo stesso, in quanto presta la voce
e i gesti a Cristo sommo ed eterno Sacerdote, che si fa Vittima perla nostra
salvezza.
E se qualcuno, leggendo queste poche righe, penserà che qui si dà
troppa importanza al dogma e che quello che conta è la pastorale e l’azione
ecumenica, ebbene, sappia che è vittima di accecamento prodotto dalla falsa
teologia e dai cattivi pastori. La fede della Chiesa è quella che ho ricordato;
nessun Concilio e nessun papa l’ha voluta cambiare, né avrebbe potuto. E sappia
che nessuna pastorale e nessuna iniziativa ecumenica raggiunge i suoi veri
scopi se ignora o contraddice il dogma.
(Fonte:
Antonio Livi, La nuova bussola quotidiana, 31 luglio 2016)
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