Al di
là che si sia d’accordo o meno con le modalità di papa Francesco o piuttosto
con quella di chi gli pone degli interrogativi, il saggio “Disorientamento
Pastorale” di Danilo
Quinto (edizioni Leonardo da Vinci, 265 pagine, 20 euro) aiuta a giudicare quanto sta avvenendo all’interno della Chiesa
cattolica a partire dalle verità millenarie della fede e del Magistero.
Spesso
infatti i fedeli sono spaesati dalla confusione e non ne sanno uscire per
ignoranza. Ad esempio: chi sa quando il papa è infallibile o meno? Chi sa quando
la dottrina permette di interpellarle il Santo Padre pubblicamente su
determinati temi? Chi sa davvero cosa significa l’obbedienza al pontefice?
Purtroppo la maggioranza dei fedeli non è più in grado di rispondere a questi
interrogativi, anche a causa di una voluta ambiguità di comunicazione della
fede, che non è certo cominciata con l’azione pastorale di Francesco ma che fu
già assunta da un certo linguaggio adottato dal Concilio Vaticano II.
Ora siamo solo alla radicalizzazione del problema
dunque. Questa la
tesi del teologo Antonio Livi nell’introduzione al volume di Quinto, che
parlando dell’attuale pontefice spiega: “Si tratta del grande mutamento del
paradigma pastorale per cui già il Concilio ecumenico Vaticano II (…) ha deciso
di privilegiare il linguaggio parenetico su quello dogmatico, il tono
conciliante su quello polemico (…) il risultato è stato che in alcuni documenti
del Concilio (…) il nuovo linguaggio del Magistero è risultato oggettivamente
ambiguo, provocando quella ridda di opposte interpretazioni che tanto hanno
diviso la Chiesa”. E sebbene alcuni teologi del Concilio non ne “riconoscono
l’autorità propriamente magisteriale”, continua Livi, la deriva anti dogmatica
odierna ha assunto comunque proporzioni enormi, tanto da portare a un “
disorientamento pastorale”. Anche perché “dopo la pratica legittimizzazione
dell’”ermeneutica della rottura” da parte di papa Francesco con il suo
programma di riforme “pastorali” (che contraddicono sostanzialmente i dogmi del
Concilio di Trento e gli insegnamenti irreformabili del magistero ordinario
anche recente, come quello di Giovanni Paolo II) ciò che obiettivamente è in
crisi è l’autorevolezza stessa del magistero ecclesiastico”.
Quinto analizza quindi il Concilio Vaticano II, ricostruendone la
traiettoria, sottolineandone le ispirazioni e i danni recati da certe
formulazioni visibili oggi con chiarezza. Insieme prende in esame molti
passaggi problematici del pontificato attuale circa la dottrina e la fede
cattolica, come ad esempio le affermazioni di Francesco su Lutero, la sua
prassi nei confronti dei protestanti, le sue esternazioni sull’Islam, sul
matrimonio e sul significato di misericordia e di accoglienza. Vengono vagliati
anche certi discorsi papali di fatto più vicini al linguaggio umanitarista,
piuttosto che a quello legato alla salvezza delle anime. Mentre molte
affermazioni del papa di carattere colloquiale (interviste, battute,
telefonate), dunque soggette a critiche come spiega sempre Livi, vengono
esaminate dal saggio di Quinto alla luce del Vangelo e dei commenti dottrinali
di altri teologi.
Quella di Quinto dunque è una battaglia che si può giudicare
opportuna o meno, ma non si può affermare che non contribuisca a rimettere al
centro le grandi verità immutabili della Chiesa che ogni fedele dovrebbe
conoscere. E questo non può che essere un servizio, data l'impossibilità ad
uscire dalla confusione per prendere una posizione certa sulla fede senza conoscere
le verità immutabili custodite del magistero della Chiesa.
A questo punto ricordiamo le parole di una grande santa
(usate da Quinto per mettere in guardia dell’irenismo che piace a chi mira
all’instaurazione di un ordine mondiale basato sull’appiattimento delle
differenze) per rispondere chi accusa quanti affermano il vero davanti alla
confusione di essere dei divisori: “E’ vero che la guerra stessa è crudele (…)
ma più crudele è l’intenzione di chi la usa per combattere la santa Fede,
portando la guerra dove regna la pace di Cristo, e dove si è costretti a
muovere guerra per riportarla. Quelli che fanno le giuste guerre hanno la pace
come scopo: essi non sono contrari che alla pace cattiva (…) la pace mondana
che non è affatto quella che il Signore volle e venne a portare sulla terra” (S. Caterina da Siena).
(Fonte:
Benedetta Frigerio, La nuova BQ, 30 gennaio 2017)
Nessun commento:
Posta un commento