Sì, perché io – anacronisticamente – considero miei “amici” solo quelli che conosco nella vita reale, quelli veri, autentici, che mi sono stati vicini – e continuano ad esserlo - nelle vicissitudini della vita, nei suoi momenti belli e tristi; quelli che sono sinceramente interessati a me, alla mia vita, alla mia attività; quelli insomma sulla cui spalla posso, se necessario, anche piangere: perché sono certo della loro comprensione, della loro condivisione.
Ultimamente però sono entrati in questo ristretto cenacolo di vita vissuta, anche alcuni cosiddetti “amici virtuali”: parlo ovviamente di quelli nati, nonostante la mia iniziale diffidenza, dalla frequentazione di Facebook; e devo riconoscere che tra i molteplici contatti, un certo numero di persone si sono rivelate vere, sagge, umili e discrete; dotate in pratica di quelle qualità che ritengo indispensabili per poter instaurare un sincero e rispettoso legame di amicizia.
Si tratta dunque di una quantità di “amici” molto variegata. Prima di tutto un discorso a parte, meritano quelle persone di grande spessore culturale e religioso, cui mi riesce difficile attribuire la qualifica tradizionale di “amici”, in quanto l’interesse è rigorosamente unilaterale: sono io cioè che ambisco ad intessere con loro un qualche reciproco scambio di opinioni. Mi riferisco alle personalità “eccellenti”, ai personaggi “pubblici”, ai VIP indiscussi (professori, scrittori, giornalisti, opinionisti, attori, politici, ecc.); personaggi, è vero, che mi hanno sì concesso l’amicizia su mia richiesta, ma che per loro io continuerò ad essere un “carneade” qualunque, uno dei “tanti” e basta; risultato? Ho capito che è inutile e illusorio aspettarsi da loro qualunque cenno di “amicizia”, anche il più piccolo. Sono persone che non penso agiscano così per cattiveria o mala educazione, ma più semplicemente per motivi logistici (infatti anche il solo scorrere con lo sguardo centinaia di messaggi è già un’impresa ardua!). Del resto è anche comprensibile che la loro vera preoccupazione sia quella di promuovere le loro molteplici, serie iniziative, di promuovere la vendita dei loro libri, la diffusione delle loro opere, per tenere sempre viva e attuale la loro notorietà professionale.
In tale categoria, per mia fortuna, ci sono in controtendenza anche tante altre persone, altrettanto eccellenti sia culturalmente che professionalmente (docenti universitari, giornalisti, scrittori, ecc.) che si dimostrano invece di grande disponibilità umana: ed è con esse che ho avuto e continuo ad avere piacevolissimi scambi di opinioni, nonostante anche con loro mi risulti problematica l’etichettatura di “veri amici”.
Ci sono poi quelli che obiettivamente, oltre che amici, mi è decisamente impossibile considerarli anche dei VIP: pur se in pectore essi sono convinti di essere tali; persone tutto sommato “pavoni” che dedicano gran parte della loro permanenza sul web per allargare a dismisura la loro ruota, ammorbando ogni spazio con i loro interventi prolissi, dai quali filtra, “sbrodolando” ovunque, l’immensa stima per se stessi, per la loro intelligenza, per la loro “cultura” e via dicendo: e quando - interpellato mio malgrado ad esprimere un giudizio, una mia valutazione sulle loro tanto strombazzate iniziative, mi sono permesso di rispondere, pur con grande garbo, che tutto sommato le ritenevo una solenne boiata, mi hanno sbattuto la porta in faccia, togliendomi il saluto e ignorando sdegnosamente ogni mio cenno di esistenza.
Sempre tra questi 151, ci sono ovviamente anche gli amici veri, quelli non virtuali, anche se si sono adeguati alle offerte rivoluzionarie del Web. Sono quelli che prediligo: perché sono persone per le quali Facebook è solo un mezzo pratico e veloce per interagire con gli amici; persone sincere, che non disdegnano di dimostrarmi con i loro “mi piace” la loro vicinanza, la loro condivisione di vedute; sono semplici consensi che, pur non risolvendomi i problemi della vita, sono comunque gradevoli, bene accetti, perché conosco l’autenticità della loro provenienza, legata a persone reali, conosciute, stimate, con alcune delle quali ho addirittura condiviso anni di gioventù, anni di lavoro, anni di spensieratezza, momenti esaltanti e momenti tragici e dolorosi; persone con cui mi lega una identità di pensiero e di vedute, con nuovi comuni obiettivi culturali, sociali e religiosi da raggiungere o da difendere.
Non mancano ovviamente i parenti: più che “amici”, sono persone di famiglia, quelle per lo più lontane, difficilmente avvicinabili; i più sono ovviamente i giovanissimi, le nuove generazioni, i ragazzi che forse, in altro modo, non avrei mai la possibilità di incontrare. “Amici” magari di poche parole, ma che meritano una considerazione tutta speciale, decisamente “di parte”.
Infine, in tanto marasma “virtuale”, il resto è purtroppo solo zavorra, tanta zavorra inutile.
Ma quali sono le caratteristiche comuni alla gran parte di questi amici “virtuali, quelle che immediatamente mi sono balzate all’occhio? Cerco di farne una veloce sintesi.
Mi capita a volte infatti di scorrere le pagine dei più noti social networks, e mi diverto appunto a passare in rassegna i vari comportamenti di questi miei sedicenti “amici”. Ovviamente, quelli che mi fanno più sorridere sono quei commenti senza senso, decisamente insipidi e stupidotti, postati soprattutto sulle bacheche di donne, meglio se giovani e carine, con la palese intenzione di una captatio benevolentiae, che tradotto in linguaggio parlato, molto più prosaicamente significa “speranza di rimorchiare”: e sorrido, provando più tenerezza che disapprovazione; del resto, questo è un fenomeno tipicamente maschile: sappiamo tutti infatti che da un sacco di crusca non si può pretendere di estrarre fior di farina. È la natura umana: transeat! (=lasciamo correre).
Ma al di là di queste evoluzioni mirate, emergono anche altre tipologie relazionali nei cosiddetti “amici virtuali”: in primis, caratteristica pressoché generale, è la voglia di farsi autopromozione, di mettersi cioè in mostra ad ogni costo, di esibire al mondo intero la propria genialità, la propria arguzia; in genere chiedono l’amicizia soltanto per loro comodità: perché in tal modo aumentano il numero dei loro “followers” (chi arriva oltre il migliaio può considerarsi un grande, un VIP!).In tal caso l’obolo da versare sull’altare di tale amicizia è di condividere caritatevolmente quelli che essi pomposamente chiamano “post” personali, ma che in realtà sono delle vere e proprie fesserie,che con puntualità cronometrica provvedono a sfornare quotidianamente in quantità industriale: “post personali” dicono; anche se di personale non hanno nulla, visto che sono semplici condivisioni di link altrui.
Detto questo, non so se la quantità di 151 amici rimarrà tale fino alla fine dei miei giorni, se si ridurrà fisiologicamente per ritorsione a seguito di questi miei giudizi, oppure se miracolosamente lieviterà, tanto da indurmi a pensare che anch’io forse ho dei “meriti”, anche se non capisco quali. In ogni caso sono sereno: non sarà certo un numero “x” piuttosto che “y” a complicarmi la vita: anche perché nel mio piccolo ho già sufficienti riferimenti validi, e qualunque scalata al successo, qualunque escalation, alla mia età, mi procura solo il “fiatone”.
(Ma.
La., 30 settembre 2014)
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