Il primo di questi nuovi peccati passibili di scomunica è la partecipazione alla messa e ai sacramenti celebrati dalla Fraternità San Pio X, fondata dall’arcivescovo Marcel Lefebvre.
La Fraternità lefebvriana ha una sede nella diocesi di Albano, alle porte di Roma, e il vescovo di questa diocesi, Marcello Semeraro, che è anche il segretario del consiglio dei nove cardinali che assistono papa Francesco nel governo della Chiesa universale, ha emesso lo scorso 14 ottobre una notificazione per vietare ai suoi fedeli di andare a messa e ricevere i sacramenti dalla Fraternità, pena la scomunica:
“Qualunque fedele cattolico che richiede e riceve sacramenti nella Fraternità San Pio X si porrà di fatto nella condizione di non essere in comunione con la Chiesa cattolica. Una ammissione nella Chiesa cattolica dovrà essere preceduta da un adeguato percorso personale di riconciliazione, secondo la disciplina ecclesiastica stabilita dai vescovi”.
Quella scomunica, quindi, da cui sono stati liberati nel 2009 gli unici membri della comunità lefebvriana che ne erano stati precedentemente colpiti, cioè i quattro vescovi che la reggono, fulminerebbe oggi i cattolici che semplicemente vanno a messa da loro.
La questione non è nuova. Già nel 2003 la commissione vaticana “Ecclesia Dei” che si occupa dei lefebvriani aveva risposto così a due domande provenienti dagli Stati Uniti, in una lettera del 18 gennaio firmata dal prelato lussemburghese Camille Perl, all’epoca membro della commissione:
D. – “Posso assolvere il mio obbligo domenicale assistendo a una messa della Fraternità San Pio X?”
R. – “In senso stretto potete assolvere al vostro obbligo domenicale assistendo a una messa celebrata da un prete della Fraternità San Pio X”.
D. – “Commetto peccato assistendo a una messa della Fraternità San Pio X?”
R. – “Se, assistendo a questa messa, la vostra ragione principale fosse di manifestare il vostro desiderio di separarvi dalla comunione col Pontefice romano e con quelli che sono in comunione con lui, si tratterebbe di un peccato. Se la vostra intenzione consiste semplicemente nel partecipare a una messa detta col Messale del 1962, non si tratta di peccato”.
Ma evidentemente oggi i tempi sono cambiati. Alle stesse domande, la riposta del vescovo Semeraro, fiduciario del papa, è diametralmente opposta.
Una seconda plateale contraddizione riguarda i vescovi della Germania, notoriamente i più misericordiosi nel voler concedere la comunione ai divorziati risposati, ma contemporaneamente i più spietati nello scomunicare chi rifiuta di versare l’obolo alla Chiesa, che nel loro paese è obbligatorio per legge e frutta ogni anno molto più dell’8 per mille in Italia.
In Germania questa imposta per la Chiesa (Kirchensteuer) è talmente obbligatoria che per non pagarla più occorre dichiarare la propria uscita dalla Chiesa di appartenenza, cattolica o protestante che sia, con un atto pubblico davanti a una competente autorità civile.
Negli ultimi anni queste dichiarazioni di uscita (nelle quali non è facile distinguere le ragioni della fede da quelle della pecunia) sono molto cresciute di numero. E ad esse i vescovi hanno reagito emanando nel 2012 un decreto che commina al fuggitivo una micidiale serie di sanzioni:
“- non può ricevere i sacramenti della penitenza, de!l’eucaristia, della confermazione e dell’unzione degli infermi, tranne in pericolo di morte;
- non può ricoprire alcun ministero ecclesiastico e svolgere alcuna funzione nella Chiesa;
- non può essere padrino/madrina al battesimo e alla confermazione;
- non può essere membro dei consigli parrocchiali e diocesani;
- perde il diritto attivo e passivo di voto nella Chiesa;
- non può essere membro delle associazioni pubbliche della Chiesa”.
E ancora:
“- alla persona uscita dalla Chiesa che non abbia manifestato prima della morte un qualche segno di pentimento possono essere negate le esequie cattoliche;
- alla persona uscita dalla Chiesa che esercitasse dei servizi in base a un’autorizzazione ecclesiastica deve essere ritirata I’autorizzazione”.
Per ricondurre il reprobo all’ovile è previsto un colloquio col parroco del luogo. Ma se la riconciliazione fallisce, può arrivare anche di peggio:
“Quando nel comportamento del fedele che ha dichiarato la propria uscita dalla Chiesa si ravvisa un atto scismatico, eretico o di apostasia, I’ordinario avrà cura di prendere le misure corrispondenti”.
Chi tocca muore. Su almeno un paio di questioni “sensibili”, tradizionalismo e Kirchensteuer, pare proprio che non ci debba essere misericordia.
(Fonte:
Sandro Magister, Settimo cielo, 29 ottobre 2014)
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/10/29/tempo-di-misericordia-ma-anche-di-scomuniche/
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