Diciamolo
francamente: “La
piramide dell’odio” ovvero la Commissione “Jo Cox” su fenomeni di odio,
intolleranza, xenofobia e razzismo, voluta dalla Boldrini e che ha coinvolto
ben 26 persone tra deputati ed esperti a vario titolo, è un falso ideologico.
O, detto più, semplicemente un’operazione di bassa e soprattutto pericolosa
propaganda.
Sì,
pericolosa.
Già il
titolo è fuorviante. Le commissioni, quelle serie, espongono le proprie
conclusioni alla fine di una dotta e spassionata analisi, in questo caso,
invece si urla una denuncia forte e scioccante. Quel titolo “la piramide
dell’odio” antepone il giudizio all’analisi, pone sulla difensiva il lettore,
lo colpevolizza a prescindere. E’ un’operazione, spinta, di spin a cui
un’istituzione come la Camera dei deputati non dovrebbe mai prestarsi, Ma, si
sa, con la Boldrini, tutto diventa relativo. Anche i contenuti di un rapporto
che ha richiesto un anno di lavori.
Mi
aspettavo dati scioccanti su un’Italia intollerante e razzista. E invece esce
il quadro di un Paese tollerante. Pensate un po’, il 20% degli italiani pensa
che sia disdicevole avere un collega gay. Io lo leggo positivamente: l’80% non
ha più pregiudizi omosessuali. Stessa percentuale di chi pensa che gli uomini
siano migliori dirigenti o migliori politici delle donne. Non mi scandalizzo
affatto per il fatto che il 49,7% ritiene che l’uomo debba provvedere alle
necessità economiche della famiglia e questa non può essere considerata una
falsa rappresentazione, ma la proiezione di una concezione tradizionale e
legittima della famiglia.
La
Boldrini e i suoi esperti inorridiscono sapendo che la maggior parte degli
interpellati ritiene che quartieri ad alta densità di immigrati favoriscano il
terrorismo e la criminalità e che il 65% pensa che i rifugiati siano un peso
perché godono di benefits sociali e del lavoro degli abitanti. Ma non sono dato
scioccanti, bensì inevitabili quando l’immigrazione diventa incontrollata e
supera le soglie fisiologiche e quando riguarda un Paese gravato dalle tasse e
con un alto tasso di disoccupazione. Il problema non lo risolvi biasimando gli
italiani ma ponendo fine a una situazione fuori controllo e rilanciando
l’economia del Paese.
E se
l’80% degli italiani esprime un’opinione negativa rispetto ai rom, inclusi
dunque molti elettori di sinistra, forse bisognerebbe chiedersi non se gli
italiani siano razzisti ma perché i rom – che non sono più i romantici gitani
di una volta – accentuino, con la loro violazione delle più elementari regole
civili, la diffidenza nei propri confronti.
Questo
rapporto è inconsistente ma diventa pericoloso quando propone le misure
correttive. Perché emerge la finalità liberticida dell’operazione
“boldriniana”. Il vero scopo non è di contrastare un inesistente razzismo ma di
mettere a tacere chi non la pensa come vuole lei, chi non si adegua
passivamente al politicamente corretto, chi si oppone a sfacciate operazioni di
ingegneria sociale. Insomma, chi pensa liberamente diventa un nemico da far
tacere.
La
Boldrini ci ha già provato cavalcando strumentalmente la polemica sulle Fake
news. Ora che la fine della legislatura si avvicina e con essa la fine, mai
tanto auspicata, del suo mandato di presidente della Camera, costei sa di non
avere più tempo e per questo invoca la censura. E lo fa furbescamente.
Quando
“esige l’autoregolazione delle piattaforme al fine di rimuovere l’hate
speech online” e invita a “stabilire la responsabilità giuridica sociale
dei provider e delle piattaforme di social e a obbligarli a rimuovere con la
massima tempestività i contenuti segnalati come lesivi da parte degli utenti“,
intende togliere di mezzo i commentatori scomodi demandando a un entità
astratta – “gli utenti” – il compito di giudicare chi semina odio e chi no.
Quando
propone di “sostenere e promuovere blog e attivisti no hate o testate che
promuovono una contronarrazione” compie un’operazione orwelliana, perché si
arroga il diritto di stabilire chi detenga la Verità, negando uno degli elementi
costitutivi della democrazia: il confronto delle idee.
Ma si
supera quando sostiene “l’istituzione di un giurì che garantisca la
correttezza dell’informazione“. Ma sì un Miniculpop, il Ministero della
Censura, che impedirebbe a voi, cari lettori, di leggere questo blog, o goofynomics di Alberto Bagnai o
i tweet di Vladimiro Giacchè o i siti che a destra e a sinistra difendono il
diritto a un’interpretazione diversa dalla realtà.
Questi
sono propositi inaccettabili in democrazia e fonte di rabbia e di diffidenza.
Nei suoi confronti, cara presidente Boldrini. Perché, a ben vedere, la vera
propagatrice d’odio è lei. Non noi.
(Fonte:
Marcello Foà, blog-il giornale.it, 23 luglio 2017)
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