Un
lettore di Stilum Curiae ci ha mandato una serie di fotografie e una piccola
storia. Una compagnia probabilmente amatoriale di teatro-danza organizza con
l’appoggio del comune e evidentemente dei responsabili di Chiesa uno spettacolo
che ha come palcoscenico il sagrato di una chiesa in provincia di Parma. Il
problema è che come backstage viene usata la chiesa stessa; con tutta la
libertà che un backstage comporta: comprese ragazze in slip e reggiseno.
È un
episodio minimo, rispetto ad altri – come far parlare dal presbiterio di una
chiesa Emma Bonino, probabilmente la più nota abortista del Paese, convinta
adesso dell’aborto come lo era mezzo secolo fa – e probabilmente vissuto con
innocenza e ingenuità. Ma, secondo il nostro modesto parere, mette in luce un
problema: quale sensibilità esiste nel clero, o in una gran parte di esso verso
la sacralità del luogo in cui si svolge ogni giorno, o almeno ogni domenica il
sacrificio eucaristico? Una chiesa è solo uno spazio polifunzionale, da
utilizzare per ogni scopo, dai concerti in giù? Nei seminari che cosa viene
insegnato ai futuri preti, sotto questo aspetto? Un luogo consacrato è
realmente vissuto come tale da molti preti? Credo che siano domande non
marginali, e che attengono in maniera diretta alla banalizzazione e al degrado
della fede nel nostro Paese.
Ecco
alcuni brani della lettera del lettore, che ringraziamo di cuore per questa
informazione :
“Le
immagini (tratte da Facebook e nella qualità possibile) si riferiscono al
“dietro le quinte” di uno spettacolo presentato da una compagnia teatrale –
amatoriale ritengo – chiamata “Tuttoattaccato”…
Lo
spettacolo, tuttavia, ha avuto quale palcoscenico il sagrato della chiesa
parrocchiale di Sant’Antonino e la stessa chiesa è stata ritenuta “spazio
adatto” per le necessità di trucco e preparazione degli artisti: le immagini
che sono allegate lo documentano bene…
Inutile,
mi pare, andare ad indagare circa la presenza del Santissimo Sacramento: il
problema attiene alla sacralità del luogo e impone serie domande circa la
concezione che taluni possono avere di tale sacralità (e qui mi fermo stante
l’ampiezza che tale discorso potrebbe sviluppare) e amare e tristi prese d’atto
da parte di chi percepisce ed ha un po’ più chiara tale sacralità.
E dico
questo anche solamente considerando che, a fianco della facciata della chiesa,
c’è l’ingresso agli spazi ed ai locali dell’oratorio, della canonica e
dell’asilo parrocchiale e che, pertanto, potevano essere utilizzati come
camerino.
Per
inciso, in due immagini, si nota, in fondo, in penombra, ben esposta la statua
della Beata Vergine del Carmine, patrona di Borgo val di Taro”.
(Fonte:
Marco
Tosatti, Stilum curiae, 29 luglio 2017)
Nessun commento:
Posta un commento