giovedì 3 aprile 2008
Da Santoro l’aborto diventa come la prostata
Questo articolo è un tardivo omaggio alla fantasia perversa di una donna che stimavo. Emma Bonino (ma ho capito giusto? mi pare impossibile) mentre si parlava di quella strana cosa che a un certo punto cresce nel ventre di una donna e alla quale dopo un po' di tempo si mette un golfino, mentre insomma si discuteva di bambini non ancora nati ha detto: prostata. Levarsi di dosso una creatura, buttarla nell'immondezzaio, è tale e quale che occuparsi di una prostata. Mi è tornato in mente Marco Pannella. In una discussione pubblica, cui mi aveva invitato a Rimini, sostenne che un feto, uno zigote (lui chiama così i bambini quando non si sentono piangere perché immersi nelle acque materne) è meno di un foruncolo. La 194 si intitola: "Norme per la tutela della maternità e l'interruzione volontaria della gravidanza". Perché usare parole così? Perché non inserire in questa legge la parola prostata e foruncolo? Si potrebbe utilmente cambiare il nome alla legge e renderla più realistica. Così: "Norme per la tutela della prostata e dei foruncoli e per la loro volontaria eliminazione". I bambini come ghiandole, la gravidanza come malattia. Per questo poi la società muore, diventa vecchia, si isterilisce. Fa impressione che accada sotto Pasqua. E stupisce come questa cultura di tipo prostatico e foruncolare oggi sia il nerbo - al di là di discorsi e distinguo - del Partito democratico e della sinistra in generale. La Bonino è capolista del Partito democratico. Non una presenza generica, un ospite con cui si stabilisce un patto di reciproca convenienza, ma una bandiera preziosa. Capolista, olè, avanti prostata. Il tutto è avvenuto ad "Anno zero" di Michele Santoro e Marco Travaglio. Santoro è stato eurodeputato dell'Ulivo. La sua trasmissione è la punta di lancia della sinistra. Travaglio ne è il bazooka cattolico. La trasmissione di giovedì ha mostrato in azione quale sia l'idea di che cosa sia il nascere e quali siano i nemici della vita e del bene di questo popolo che ha in Santoro e Travaglio i suoi campioni. Di solito si dice: i temi etici. Io rifuggo dalla parola "etica". L'etica è la filosofia morale, detta le norme dei comportamenti, del dover essere. Qui siamo prima. Siamo alla concezione dell'essere uomini, al valore stesso dell'esistenza, del nostro e altrui respirare. Santoro e Travaglio dovevano occuparsi di aborto. Hanno invece fatto un processo a chi cerca di applicare la legge nel suo punto essenziale: la tutela della maternità. Con livelli di ignoranza che denotano l'ideologizzazione del tema: Santoro non sa la differenza tra pillola del giorno dopo e Ru486, ma allora di che parla? Il cattolico Travaglio nella puntata sull'aborto se l'è presa con i ciellini e la sanità lombarda. Nessuna pietà per i bambini abortiti, ma solita copiatura di sentenze per screditare chi, povero ingenuo, ritiene che la vita vada tutelata sin dal primo istante di concepimento. Questa è la Rai in tempo elettorale. Formigoni è intervenuto al telefono dopo che si è cercato di affondare la sanità della Lombardia che è la migliore d'Europa (chiedere pure a Umberto Veronesi), e Santoro irritato lo ha zittito. Intanto Franca Rame ha spiegato che il Papa e Ferrara devono tacere, l'aborto è una faccenda solo delle donne. Un po' - direbbe Emma Bonino - come la prostata per gli uomini. Mi domando ancora se ho capito giusto. Amici mi confermano. Sul sito internet di "Anno zero" ho cercato di rivedere la puntata. Non c'è ancora. In compenso in questo sito pagato dalla Rai la prima notizia in grande è questa, ma a caratteri maiuscoli: "Intervento della Corte dei Conti. Dirigenti Rai richiamati per la vicenda Santoro". Testo: «I dirigenti della Rai Antonio Marano e Agostino Saccà hanno ricevuto dal Sostituto Procuratore Regionale della Corte dei Conti Angelo Canale un "invito a dedurre" sul mancato impiego, nel periodo dal 2002 al 2005, dei giornalisti Michele Santoro e Sandro Ruotolo». Come dire: provate a toccarci, la pagherete, la magistratura è con noi. Ma sapete, cari Santoro e Travaglio, che l'avevamo sospettato? (Renato Farina, Libero 22 marzo 2008)
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