giovedì 10 aprile 2008

Realismo elettorale

Vi confesserò che davanti alla politica, e in particolare a questa politica spettacolo, io resto piuttosto freddo. Non capisco come si faccia a vedere in "Silvio" una specie di liberatore, come gli si possa dire "grazie di esistere". Figuratevi se posso entusiasmarmi davanti al democratico "amerikano" Walter Veltroni, con quella sua faccia sempre pensosa, preoccupata e seria, con quell'aria da uomo che incarna la Morale, con quel suo lancio di sogni epici alla Martin Luther King de noantri. Ma figuriamoci!
Queste campagne elettorali sempre più stile convention americana mi lasciano piuttosto indifferente. Non mi piace questa idolatria del personaggio. Sono un cattolico e credo in molte cose, ma non credo che un Berlusconi o un Veltroni o un vattelapesca qualsiasi mi possano risolvere la vita. Vi confesso che i radicali che imperversano su Radio Radicale mi sembrano tutti matti. La politica sembra l'unica dimensione possibile. Sì, mi sembrano malati, sul serio!
Comunque, l'altra sera non mi sono perso l'occasione di assistere ad un mega raduno berlusconiano nel Palasport della mia città. Quasi più di un'ora e mezza di attesa con le note di "Azzurra libertà" e di "Per fortuna che Silvio c'è". Robaccia orribile, che uno si chiede come faccia il Cavaliere a sopportarla. Il video della seconda canzone è qualcosa di inguardabile. Sembra che il Berlusca faccia apposta a fornire materiale utile ai suoi detrattori.
Poi Silvio arriva e parla per almeno un'altra ora e mezza. Nel suo discorso (ti piaccia o no il personaggio, ti stia simpatico o meno, lo consideri un salvatore o un demagogo) ci sono molte verità. La prima è che l'Italia è ridotta talmente male e che la situazione generale in Europa e nel mondo è talmente grave, che chiunque stia pensando a guidare il Paese non riesce a dormire la notte. Questo è un realismo che mi piace. Sarebbe demagogico dire "la sinistra ha fatto solo casini, ora arriviamo noi e tutto andrà meglio". Berlusca non lo dice. Analizza la situazione a partire dalla crisi mondiale ed Europea. Poi viene all'Italia, indica i vari punti di debolezza e propone i rimedi. Compreso quello (udite udite) di pagare tutti le tasse, in modo giusto, ma pagarle tutti. Con un avvertimento anche agli evasori.
Certo, i casini combinati dal governo Prodi non se li tiene per sé. Ma solo degli inguaribili fanatici coi prosciutti agli occhi non ammettono che questi due anni di Prodi sono stati (complessivamente) un disastro, conclusosi con una morte naturale, arrivata molto presto, ma a lungo attesa. Ed ha ragione da vendere, Berlusca, quando dice che Veltroni di quei due anni è responsabile e che si tiene in casa tanta gente che ha sorretto con le stampelle il povero malato. Ancora poche settimane prima del decesso, lo stesso Veltroni diceva con una gran faccia tosta che il governo Prodi avrebbe fatto tutta la legislatura. E che dire dei vari D'Alema, Bindi, Franceschini, Rutelli, Bersani, Di Pietro e compagnia bella? Veltroni può pure tenerli nascosti, ma tutti costoro sono suoi compagni di viaggio e sono stati personaggi di spicco dell'entourage di Prodi. Dov'è il nuovo?
Nel fatto, si risponde, che il PD ha messo fuori la sinistra radicale, cioè i casinari del pugno chiuso, i veri responsabili della paralisi dell'Italia. Sì, forse a livello nazionale sarà così. Ma nelle giunte locali il PD continua ad andare a braccetto con i rossoverdi. O si rompe per bene, o non si rompe. Dov'è il nuovo? Veltroni non può pretendere di far finta di niente. Non può tagliare il cordone ombelicale con tanta disinvoltura. E' un tentativo patetico, non convince.
Il nuovo, paradossalmente, sembra essere ancora una volta Berlusconi. La nascita del PDL, e la conseguente rottura con l' UDC e con tutti i nostalgici della Democrazia Cristiana, sono stati alla fin fine dei gesti coraggiosi. In questo caso (anche nelle amministrazioni locali) c'è vera concorrenza. E Casini continua a ripetere che non appoggerà un governo Berlusconi. I toni sono molto più duri qui che altrove. Clamoroso è stato anche l'aver mantenuto una certa coerenza generale non imparentandosi con Giuliano Ferrara, un berlusconiano DOC. Si può discutere di queste esclusioni, ma i fatti restano.
Il Cavaliere ha anche ragione da vendere a proposito del "voto utile". E' anche in questo caso una lezione di realismo. Il meccanismo elettorale premia chi raccoglie più voti. Occorre allora puntare sui cavalli che hanno più probabilità di vincere la gara. Ce ne sono in giro solo due: il PDL e il PD. Ognuno è libero di regolarsi come gli pare e piace, certo, ma se vuole che il suo voto conti davvero qualcosa, se vuole incidere sul futuro del Paese, in questo momento deve schierarsi. Magari tappandosi il naso, ma schierarsi, da una parte o dall'altra.
Un'ultima osservazione riguarda i valori di riferimento. Berlusconi si è preso un paio di minuti per rileggere il proclama con cui entrò in politica nel 1994. Niente è cambiato da allora, i valori sono gli stessi. E tra i valori, quelli che collimano con una cultura cristiana, a cominciare dal principio di sussidiarietà, di più società e meno Stato, di centralità della famiglia, di libertà di educazione. E anche in questo caso ha gioco facile nello smarcarsi dal governo Prodi, che ha sferrato un attacco formidabile, nelle intenzioni, quanto goffo, nei risultati, alla cultura cristiana. Due anni passati a sognare di "fare come in Spagna".
In conclusione mi pare che, realisticamente parlando, la scelta sia piuttosto scontata... (Gianluca Zappa, La Cittadella, 5 aprile 2008)

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