L’America è impazzita per Benedetto XVI. O meglio, è impazzita per il suo look giudicato dalla maggior parte dei cronisti d’oltre Oceano più eccentrico, ricercato e insieme elegante di quello di Wojtyla. Mentre Ratzinger camminava sabato scorso per la Quinta Strada di New York, in molti vedendolo hanno girato lo sguardo a pochi passi da lui, verso il superstore Prada che per l’immaginario collettivo è la griffe che gli commissiona le scarpe rosse, in pelle, su misura, con incise su lato esterno le sue iniziali: BXVI. E poi la discesa nella voragine lasciata dallo schianto delle Torri Gemelle. Sopra un cielo grigio e nebbioso. Tanto freddo. E sotto, nella voragine, le telecamere fisse sul Papa con indosso un raffinato cappotto bianco. Scarpe e cappotto, dunque, che hanno catturato le attenzioni dei media americani.
Eppure, a ben vedere, l’attenzione mediatica per il Ratzinger’s look altro non è stata che un’illusione. Una sovreccitazione ingiustificata perché tutti gli abiti indossati da Benedetto XVI sono - e lo sono stati anche in America - esattamente uguali a quelli che indossavano i suoi predecessori. Come Ratzinger, insomma, lo stesso Wojtyla e prima di lui Luciani, Montini, Roncalli e via indietro finché si vuole. Wojtyla, è vero, non indossava il camauro (berretto rosso invernale) e raramente lo si è visto con la mozzetta di velluto rosso ornata di ermellino, ma era soltanto perché era più caloroso del suo successore, mica per altro. Insomma, nel look di Ratzinger, non c’è una ricerca di particolare raffinatezza o - lo hanno detto taluni - un ritorno all’Ottocento, quanto un’acquisizione degli abiti papali di sempre, alcuni dei quali nel lungo pontificato di Giovanni Paolo II era meno usuale vedere.
Ma torniamo alla sovra eccitazione per il Ratzinger’s look. E sfatiamo un mito. Le scarpette rosse - come detto le stesse di Wojtyla, di Luciani, di Montini, di Roncalli, etc. - non sono di Prada. Bensì provengono dalle mani del meno noto e meno pubblicizzato calzolaio Adriano Stefanelli, from Novara. Stefanelli, proprio nei giorni precedenti la partenza di Ratzinger per gli Stati Uniti, è stato ricevuto dal Papa al terzo piano del palazzo apostolico. Per Benedetto XVI, infatti, pare debba ideare, oltre che le scarpe rosse in pelle che gli servono quando esce fuori dal palazzo apostolico, anche quelle della stessa forma e colore ma di materiale diverso - di stoffa per la precisione - che deve usare quando nel suo appartamento indossa l’abito corale, quando, cioè, è vestito col suo abito bianco ma deve restare in casa. Scarpe rosse, dunque, non per un vezzo modaiolo, ma perché il rosso, colore anche del mantello, del cappello e della mozzetta, è il colore del martirio - martire fu san Pietro, di cui il Papa è successore - e insieme dell’amore ardente, del fuoco dello Spirito.
Come le scarpe, anche il cappotto bianco - elegante ma comunque uguale, colore a parte, a quello di tanti sacerdoti - non è firmato da uno stilista particolare. Viene semplicemente da una sartoria romana, da sempre impegnata nella fattura di abiti per religiosi. E da sartorie religiose vengono anche gli altri abiti che da secoli i Pontefici indossano: berretta, camauro, camice, cingolo, cotta, dalmatica, falda, mozzetta etc.
Che i Papi, come fa Ratzinger, non si inventino nulla di nuovo quando si alzano al mattino e si vestono è cosa importante per la Chiesa. Ogni particolare dell’abito, infatti, obbedisce a regole precise le quali rispondono a motivazioni non soltanto stilistiche ma anche teologiche. E, infatti, se è vero che l’abito non fa il monaco, è altrettanto vero che senza abito non c’è monaco. Ovvero, che un prete senza abito non è tale. Come non lo è un vescovo o un Papa. L’ordinazione sacerdotale, come la consacrazione dei religiosi a Dio, comporta l’acquisizione di un dato abito e non indossarlo è un po’ come per un militare tradire la propria divisa. Infatti l’abito sacro è un segno per il mondo di una vocazione abbracciata. È un modo attraverso il quale, chi si consacra a Dio, si rende riconoscibile agli occhi della comunità. Non solo: è un modo attraverso il quale il prete, il sacerdote, il vescovo, e pure il Papa, si sottomettono con umiltà alla volontà di Dio. Il rango ecclesiastico impone infatti obbedienza. E quale forma migliore di obbedienza se non quella di accettare di vestirsi nella modalità prevista per tutti dalla Chiesa? Benedetto XVI è a queste norme che risponde col proprio vestiario. Sovente, soprattutto in certi paesi, l’abito sacro ha perso di valore e il clero e i vescovi non ne fanno più uso. È probabilmente anche per questo motivo che Benedetto XVI, se d’inverno ha freddo, ripropone il camauro e non un cappello qualsiasi. O un cappotto completamente bianco e non altro. E ancora, le scarpe di pelle rossa che più che di Prada sono del successore di San Pietro, il primo Papa martire della storia della Chiesa.
(Rodari, Il Riformista, 23 aprile 2008)
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