Non è che ci serva l'Ocse con i suoi numeri per farci capire che siamo un Paese in agonia. Se ci guardiamo intorno, vediamo che tutto è bloccato: i cantieri delle grandi infrastrutture, gli impianti per la produzione di energia e quelli per lo smaltimento dei rifiuti, le riforme (delle istituzioni, della scuola, delle pensioni...). Per salvare la Compagnia di bandiera dobbiamo inchinarci ai Francesi, dai quali, del resto, acquistiamo già l'energia elettrica.
In Italia non cresce l'economia e non cresce la popolazione e le due cose sono correlate. Le famiglie faticano a tirare avanti e non c'è nessuno che le aiuta. Le donne fanno pochi figli e comunque il loro tasso di occupazione è molto basso. Perchè tutto è bloccato anche qui e una donna non è aiutata a fare la madre e a realizzarsi un una professione. Ma in piazza si va a far casino per chiedere più aborto. Siamo un popolo di insulsi idioti.
I ragazzi a scuola sono parcheggiati: la scuola serve più che altro ad allontanare il più possibile dal mondo del lavoro, perchè non collassi. I giovani sono condannati ad una vita da bamboccioni. Che piaccia o no.
E si potrebbe continuare con la lista (abbiamo ancora un Sud paralizzato dal potere alternativo della mafia), ma non faremmo che dire cose che già tutti sappiamo.
In questa situazione l'Italia è andata a votare.
E qui ci ha preso di nuovo lo sconforto. In un momento in cui più che mai c'era bisogno di unità, ognuno è andato per conto suo. Ognuno ha cercato, a modo suo, visibilità e, per essere visibile, ha giocato a spararle grosse. Abbiamo dovuto sentire la Santanchè richiamarsi ai valori cristiani e ripetere il ritornello di dare un calcio nel sedere agli immigrati.
Abbiamo dovuto constatare che la sinistra radicale ha innalzato la bandiera dell'"aborto-conquista-di-civiltà" e dei transgender, mentre Bertinotti si è ostinato a difendere l'ormai indifendibile lobby sindacale. In giro si son fatti avanti ancora gruppuscoli di No-Tav, No gassificatori, No Ponte sullo stretto, No Vat, No Nato, No aeroporti, No Tutto.
Poi c'è stato il movimento di Grillo, quello dell'antipolitica, che si è presentato in politica. Il movimento di quelli che "tanto sono tutti ladri, tanto sono una casta, mandiamoli a casa" e compagnia cantante. E questi, badate, sono il peggio del peggio, non sono il futuro. Sono l'anticamera della dittatura.
Sì, ci sarebbe stato bisogno di fare quadrato, di unirsi, di cambiare insieme. Sono rimasto deluso, parecchio deluso, da Casini, che ha tradito gli elettori del centrodestra, quelli che credevano in un progetto che nasceva dal confronto e dall'incontro di posizioni culturali e politiche molto vicine. Berlusconi è quello che è, ma la soluzione non è quella di farsi il centro per conto proprio. Se uno ha delle idee si batte e le difende, ma non spacca, non rompe.
E che dire di Veltroni? Ha preso in giro gli italiani. Ha prudentemente occultato tutti i suoi alleati coinvolti nel governo Prodi (un esempio su tutti, Fioroni. Ma che fine ha fatto?), perchè la gente dimenticasse in fretta e, cadendo nel tranello, gli desse fiducia. Chi, da sinistra, lo ha accusato di dire le stesse cose che dice da anni e anni il centrodestra, non ha detto altro che la verità. Forse la vera novità è stata la conversione di una parte della sinistra ad una politica liberale. Ma Veltroni non è il nuovo. E tanto meno sono nuovi quei radicali che ha voluto legare alla sua scalata. Tra le tante persone scomparse, azzerate, e buttate via dagli Italiani (persone note per il loro livore anticattolico…) l’unico rammarico è che il “centro” di sedicenti cattolici cristiani abbia salvato proprio lo zoccolo duro della lotta ai principi non negoziabili del cristianesimo.
Poi c'è Bossi, che ogni tanto le ha sparate grosse, ma per fortuna non spara sul serio! In ogni caso avrebbe fatto meglio a starsene zitto. Chi ha sparato davvero (uova e oggetti contundenti, Ferrara docet!) sono ben altri.
Poi sono ricominciate nelle strade, sia cittadine che dell’etere, le contestazioni, sempre e comunque contro Berlusconi: un vecchio e deprimente copione, privo di fantasia, che però sta riprendendo vigore mediatico in onda, come dimostrato da Santoro, Marco Travaglio & C., in Anno zero di giovedì 17 aprile: una trasmissione che ha riproposto solo la sgradevole puzza della sinistra antagonista più becera: il conduttore, messo alle strette da un risultato elettorale per lui incomprensibile, ha rabberciato il meglio di una serie di interventi squallidi e qualunquistici, contornato dalla solita claque di affabulatori inqualificabili, da un Di Pietro che, schiumando a rivoli nel sentirsi salvatore degli italici principi, inciampava nei verbi e nel periodare, incalzato e indirettamente chiamato in causa dall’esibizionismo culturale di un antipatico Fucsas che disquisiva sull’ignoranza crassa di parlamentari e affini; attorniato da ragazzotti filo-sinistrorsi, imboccati all’uopo dalla loro bionda coetanea “so tutto io”, che non perde occasione (in quale veste, poi?) per mandare frecciate velenose a cattolici, papa, chiesa e quant’altro.
E insomma, sì, sono davvero disgustato. Ma non perdo la speranza. Un cristiano non può perdere la speranza. Casomai reciterò un rosario per questa povera Italia. Perchè ora che dalle urne è uscito finalmente un risultato che le permette di avere un governo dalla maggioranza solida, si apra una stagione nuova, all'insegna della collaborazione, del dialogo, dell'aiuto reciproco. Perchè voglio bene a questo Paese, e voglio che i miei figli e nipoti vi possano avere un futuro. (Adattamento da Gianluca Zappa, La Cittadella, aprile 2008)
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