Provo
schifo per i maglioni della Benetton e per tutta la roba con quel marchio. Uno
schifo antico che risale ai tempi in cui una tragica scena di morte per Aids
diventò la scusa per vendere maglioni. Il bacio in bocca del Papa con l’imam, srotolato davanti a San Pietro, e di cui abbiamo parlato più sotto, è solo l'ultima schifosa provocazione pubblicitaria di questo marchio (d'infamia). Per non dire del retrobottega della multinazionale: dove produce, come produce, con chi e come si allarga. Meglio non parlarne, dicono, sarebbe pubblicità per loro; ed è quel che vogliono.
Ma il disprezzo etico e merceologico supera ogni calcolo. Non invito al boicottaggio, non credo a queste militanze, esprimo solo un’avversione a pelle per tutti i suoi prodotti, che spero largamente condivisa. Dopo queste campagne, il ribrezzo che suscita il loro marchio è naturale, spontaneo. Sento che quei maglioni puzzano di sciacallo, non sono lana di pecore tosate ma peli di iene e piume di avvoltoi.
Li trovo perciò repellenti, urticanti sul corpo,ripugnanti per l’anima. Qual è la ragione di tanto disprezzo? L’uso del dolore, della morte, della malattia, della fede, della speranza e della disperazione per vendere un volgarissimo maglione. L’umanità diventa strumentale alla merce. Ci sono nel commercio tanti abusi in questo senso; ma Benetton li rende espliciti e brutali anche se li traveste di messaggi ideologici finto- amorevoli. La loro è barbarie autentica. Andassero a zappare, loro e i loro pubblicitari!
(Fonte:
Marcello Veneziani, Il Giornale, 19 novembre 2011)
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