«E la
Chiesa si rinnova per la nuova società…», cantava Giorgio Gaber già all’inizio
degli anni ’70, ironizzando sui tentativi di adeguamento alla modernità. Ma
oggi la smania di adeguarsi alla cultura dominante è diventata un fiume in
piena e anche da pulpiti insospettabili si reclama ormai a gran voce il
cambiamento della dottrina. Il caso più recente è l’atteggiamento davanti
all’omosessualità e alle unioni fra persone dello stesso sesso, ed è il
quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), Avvenire, a
promuoverla in modo sempre più esplicito.
Ne
è un esempio eclatante l’intervista apparsa con grande rilievo il 9 marzo al
vescovo di Orano (Algeria),
Jean Paul Vesco, il quale con la modestia tipica degli ecclesiastici al passo
con i tempi, propone tra l’altro anche il cambiamento del Catechismo.
Nell’intervista monsignor Vesco sostiene nell’ordine: la Chiesa deve accogliere
senza pretendere di dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato (dire che un
comportamento è male significa escludere); quello omosessuale è un amore
autentico per cui sbaglia il Catechismo a parlare di “disordine oggettivo”; sì
alle adozioni per coppie gay, ma non all’utero in affitto; anche l’unione tra
omosessuali è indissolubile (ma per Vesco una persona può vivere più unioni
indissolubili); l’astinenza sessuale non può essere un modello.
Come
catalogare questa intervista? Una svista? Un incidente di percorso? Niente
affatto. È
solo l’ultima tappa – la più sconvolgente – di un lungo percorso iniziato molto
tempo fa ma che dal doppio Sinodo sulla Famiglia in poi è diventato sempre più
esplicito ed ha subito anche una forte accelerazione. La stessa pagina del 9
marzo ne è una prova. L’intervista a Vesco è infatti a corredo di un servizio
su un convegno promosso dall’Istituto Giovanni Paolo II sulla Famiglia che
aveva a tema la cura pastorale per le persone con tendenze omosessuali. Il
convegno aveva un indirizzo assolutamente fedele al Magistero della Chiesa, ma
dal servizio diAvvenire si ricava invece l’impressione della
ricerca di una pastorale in linea non tanto con l’accoglienza per le persone
quanto per l’omosessualità tout court. Tanto è vero che ci si rammarica
dell’occasione persa al Sinodo sulla Famiglia (e chissa perché bisognava
affrontare il tema omosessualità nel Sinodo dedicato alla famiglia?).
L’intervista a Vesco, che con il convegno non c’entrava nulla, completa
l’opera.
Ma
anche il nome di Vesco non è casuale: già
durante il Sinodo era stato ampiamente lodato da Avvenireper aver
pubblicato il libro “Ogni amore vero è indissolubile” (Queriniana),
ossia il tentativo di giustificare teologicamente l’accesso alla comunione per
i divorziati risposati.
Come
si diceva, però, quella del 9 marzo è solo l’ultima tappa. Aveva ad esempio destato
una certa sorpresa un’intera pagina di Cultura dedicata lo scorso 15 settembre al
libro di un magistrato omosessuale e credente, Eduardo Savarese, dal titolo
inequivocabile: Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma. Il
contenuto è ovviamente esposto in modo problematico, ma l’obiettivo è evidente:
«Perché un omosessuale cattolico deve essere costretto a scegliere tra l’amore
e la religione?», ci chiede partecipe Avvenire. Ed ecco
puntuale l’esame di coscienza: «Occorre ammetterlo – dice il quotidiano della
CEI -, nella Chiesa troppo spesso si è preferito non vedere, non discutere, non
affrontare il problema».
Affermazione
davvero sorprendente quest’ultima: perché
da San Paolo in poi molte volte la Chiesa si è interessata ed ha preso
posizione sul tema. E non solo per condannare i comportamenti omosessuali:
bisognerà almeno ricordare in tempi recenti il documento della Congregazione
per la Dottrina della Fede“Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura
pastorale delle persone omosessuali”, del 1° ottobre 1986.Avvenire in
realtà intende un’altra cosa: della questione omosessuale nella Chiesa non se
ne è mai parlato in termini di accettazione del comportamento, che è
esattamente ciò che si vuole perseguire ora. E infatti chi interpella per un
parere sul libro di Savarese? Il teologo morale don Aristide Fumagalli, insegnante presso
il Seminario diocesano ambrosiano di Venegono, autore di numerosi volumi sul
tema della sessualità ma soprattutto noto per le sue posizioni pro-gender. Il
titolo al suo intervento è chiaro: “È ora di parlarne”, ovviamente nel senso di
considerare naturale l’omosessualità.
Non
meno sorprendente il forum su amore e gender pubblicato il 6 febbraio: a confrontarsi Chiara Atzori,
impegnata da anni in un cammino di aiuto a persone con tendenze omosessuali,
autrice di “Gendercrazia, nuova utopia” (SugarCo); e Michela Marzano, docente
di filosofia e deputato PD, grande sostenitrice del diritto all’aborto nonché
del matrimonio gay e della legge sull’omofobia. Atzori e Marzano perAvvenire pari
sono, una opinione vale l’altra. Poco importa se Chiara Atzori difenda la
realtà dell’uomo e i princìpi dell’antropologia cristiana mentre la Marzano
rappresenta ai massimi livelli l’attacco al progetto creatore di Dio e quindi
all’uomo, che papa Benedetto XVI aveva definito come la principale sfida che la
Chiesa ha oggi davanti (discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2012). Quel che
conta per Avvenire è far circolare idee “nuove”, per cambiare
passo dopo passo la mentalità dei cattolici sul tema.
A
far comprendere che si tratta di un’operazione “culturale” non casuale sta anche la firma di
tutti questi articoli e interviste, ovvero Luciano Moia, firma di punta del
quotidiano della CEI, esperto di famiglia e responsabile fin dalle origini del
mensile allegato ad Avvenire “Noi Genitori e Figli”, ora
diventato “Noi Famiglia & Vita”. Proprio in occasione del lancio in gennaio
del nuovo mensile, avevamo notato un cambiamento culturale significativo
laddove nell’articolo di presentazione si afferma: «La vita può
nascere – in senso biologico, personale e spirituale – solo in una famiglia
formata da una donna e da un uomo, meglio se uniti in matrimonio, meglio ancora
se quell’unione matrimoniale rientra in un progetto di fede fondato sui valori
del Vangelo». Vale a dire che per Avvenire il concetto di
famiglia è già stato esteso alla convivenza, ora attendiamo con pazienza il
giorno in cui per il quotidiano della CEI saranno famiglia anche le unioni gay.
(Fonte:
Riccardo Cascioli, La nuova bussola quotidiana,16-03-2016)
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