Un sottoprodotto della
propaganda protestante made in
USA, rilanciato ingenuamente in Italia in ambienti parrocchiali e
affini.I significativi precedenti professionali del regista Harold Cronk, e il
ruolo della rock-band protestante. Nessuna traccia di qualcosa che somigli
almeno vagamente al cattolicesimo, nemmeno nella sua versione contraffatta
conciliare e modernista. Sullo sfondo, la Dominus Production e i Cavalieri di
Colombo, la massoneria e altro ancora.
È il fenomeno cinematografico del momento, in auge in ambienti parrocchiali e affini, pubblicizzato via giornali, siti, facebook, whatsapp. Ricevutane segnalazione, ognuno la rilancia sulla fiducia, ed esorta il prossimo suo a recarsi nella sala più vicina secondo calendario allegato.
È il fenomeno cinematografico del momento, in auge in ambienti parrocchiali e affini, pubblicizzato via giornali, siti, facebook, whatsapp. Ricevutane segnalazione, ognuno la rilancia sulla fiducia, ed esorta il prossimo suo a recarsi nella sala più vicina secondo calendario allegato.
Imperativo
categorico: vedere “Gods Not Dead”,
pellicola americana datata 2014 e divenuta stranamente, d’improvviso, portentoso
strumento di apologetica e veicolo di conversione.
Ma
apologia di chi, conversione a cosa?
La
domanda non è pretestuosa.
In
realtà non ci vuole molto per grattare via la patina posticcia spalmata sulla
pietanza di importazione, così da servirla nelle mense nostrane dei cattolici
affamati di spiritualità quale che sia, abitanti smarriti di un cattolicesimo
in avanzato stato di decomposizione. Del resto – sappiamo – nel frattempo
fervono i preparativi per celebrare ufficialmente la sua tanto attesa confluenza
nel luteranesimo, in omaggio al dogma ecumenista.
Ci
vuole poco, dicevamo: basta leggere le prime righe della pagina Wikipedia
dedicate al film, tanto nella versione inglese quanto in quella italiana, per
capire che si tratta di un (sotto)prodotto della propaganda protestante
statunitense, dato in pasto al fedele-medio autoctono e montato come la panna
dal passaparola compulsivo.
Il
film narra della conversione – rigorosamente senza pentimento – di un
professore ateo, per il tramite di un suo studente evangelico; la folgorazione
del docente, presunto novello San Paolo, avviene sulla strada di un concerto
rock, nel pieno stile sensista di marca pentecostale.
Nessuna
traccia della Chiesa di Cristo, dei suoi Sacramenti, della madre di Dio. Nessuna traccia di qualcosa
che somigli almeno vagamente al cattolicesimo, nemmeno nella sua versione
contraffatta conciliare e modernista. Pura eresia, farcita del buonismo
invincibile che tira nel “cattolicesimo” trasversale, quello buono per tutti
gli usi che rimbalza ogni santo giorno dalle stanze Santa Marta a quelle del
Corriere a quelle di Palazzo Chigi. Qualche minaccioso richiamo a Satana è
piazzato lì a far fede di una fede in qualcosa di ultraterreno, e dal sapore
forte.
Il
lancio segue la tattica consueta: un attore riciclato, dalla faccia già
vagamente famigliare (in questo caso tale Kevin Sorbo, interprete di B-movie e
di una immortale serie TV dedicata a Ercole), e un regista di un certo
mestiere. E qui si scopre che la regia di “Gods Not Dead” porta il nome di tale Harold
Cronk, noto per avere diretto in precedenza capolavori come “I monologhi
della vagina”, pièceteatrale della femminista Eve Ensler
definita nel New York Times “la più importante opera di teatro politico della
decade”, tradotta in 35 lingue, che infesta da una ventina d’anni i
palcoscenici da Broadway in giù, e anche italiani, con edificanti sketch quali
“La mia vagina arrabbiata”, “La mia vagina è il mio villaggio”, “La donna che
rendeva le vagine felici”; opera dalla quale ha preso origine il V-Day (dove V
sta per vagina), cerimonia annuale contro la violenza sulle donne (cui dal 2004
sono felicemente ammessi, come lettori, anche individui transgender). Per la
gioia delle nostre donne di istituzioni e di spettacolo, tutte a loro modo
“artiste” e tutte nei rispettivi campi “impegnate”.
Proprio
Cronk ha allestito l’edizione 2006 dello show del Vday, prima di passare ad
altro tipo di monologhi: appunto, i monologhi di Lutero.
Tornando
al film – del cui seguito è prevista l’uscita in America il prossimo aprile –
si è detto che la conversione che ne costituisce il cuore avviene durante un
concerto. Attenzione, perché il gruppo che suona sullo schermo interpreta se
stesso ed esiste nella realtà: si tratta dei Newsboys, rock-band protestante le cui
performance sono vendute nel mercato americano della musica carismatica
giovanile quasi come vere funzioni religiose, dove l’aura mistica del rock –
come insegna il protestantesimo sensista, penetrato anche da noi attraverso
alcuni movimenti – si fonde con la “preghiera” e con la presenza del “divino”.
La qual cosa non appare irrilevante, perché non è fantasioso ipotizzare che i
ragazzi abbeverati alla sostanza spuria della pellicola piglino dentro in un
sol colpo anche gli idoli schitarranti, in attesa magari di un loro tour
europeo sull’onda del vento protestante che soffia impetuoso su Roma e
dintorni.
Fatto
sta che, in attesa della propaganda musicale, già qualcuno pare avere colto
l’occasione offerta dalla insperata diffusione del film in ambienti vulnerabili
perché ormai privi di anticorpi, per distribuire fuori dalle sale bibbie
evangeliche e altro materiale promozionale eretico. In effetti, ai diversamente
credenti manca un papa che, per interposto Scalfari, definisce il proselitismo
“una solenne sciocchezza”, e dunque nulla osta a procedere con le operazioni.
Ciò
dimostra che il film sta di fatto fungendo da volano delle comunità
protestanti, già numerose anche in Italia e ultimamente nutrite anche dalla
“conversione” di idoli del pallone e di altri falsi modelli confezionati ad
arte. E il Brasile insegna come una roccaforte del cattolicesimo possa
trasformarsi in men che non si dica in luogo di delirio pentecostale: lo
permette la “libertà religiosa”, lo favorisce la Chiesa conciliare che, si sa,
ha un debole sempre più forte per Lutero e i suoi seguaci.
Resta da chiedersi come possa realizzarsi senza
colpo ferire, e senza che nessuno batta un colpo, una così smaccata eterogenesi
dei fini: un film distribuito e osannato dai cattolici che lancia, in casa
loro, il credo protestante.
La
ditta di distribuzione, la Dominus Production, è la stessa che non molto tempo
fa ha importato anche il kolossal americano “Cristiada”, con cui sono
stati accesi i riflettori sull’epopea dei Cristeros. Un film poderoso,
coinvolgente, benemerito nella funzione di dissotterrare dal tumulo della
storiografia ufficiale i fatti tragici ed eroici della guerra cristera. Con una
mancanza, tuttavia, di non poco conto: il silenzio totale e assordante sulla
massoneria. La pellicola fallisce stranamente nel descrivere la rivolta in
Messico per quello che essa veramente era: ossia la guerra dei cattolici contro
un governo massonico. Plutarco Elias Calles era un massone convinto e
conclamato, come tutti i suoi colleghi di governo; la persecuzione
anticristiana, dunque, aveva una chiara unica matrice. Sorprendentemente
taciuta nel film deputato a narrarla (“dettaglio” questo che, a suo tempo, è
stato evidenziato anche dai più attenti commentatori cattolici americani).
Eppure
lo stesso Giovanni Paolo II, proprio dal pulpito messicano, nella
tana del lupo, non si astenne dal tuonare senza rispetto umano contro la
massoneria locale, responsabile della aggressione alla chiesa e al suo popolo.
Un
motivo della curiosa omissione nella sceneggiatura si può forse trovare
scavando nella identità di chi ha in buona parte finanziato l’impresa
cinematografica, i ricchissimi Cavalieri di Colombo – più
volte nominati nel corso del film a mo’ di pubblicità occulta – gruppo di
cattoattivisti la cui deriva abortista e omosessualista è
ormai percorsa alla luce del sole, al punto da portare alla riforma del
regolamento interno nel senso di permettere l’accesso a cariche rappresentative
non più a chi risulti practising catholic, ovvero cattolico
praticante, ma a chi si definisca practical catholic, ossia
cattolico pratico (che non si sa bene cosa significhi, ma ad orecchio suona
assai affine al nostro cattolico adulto). La manifesta apertura
alla perversione da parte dei Cavalieri di Colombo, sfociata in atti pubblici
conseguenti di rilievo anche politico, può in qualche modo giustificare il
perché Cristiada non la dica tutta – non la dica dritta – sulla vera storia
messicana. Tenuto conto, peraltro, che la componente massonica è riccamente
rappresentata tra vescovi e cardinali, e che le tendenze sincretistiche in voga
nelle gerarchie si spingono oggidì fino ad abbracciare, fraternamente, anche la
setta rivoluzionaria.
L’obiettivo ultimo, nemmeno troppo velato, è quello
di riscrivere orwellianamente la storia, cancellando la massoneria. Cancellando la distinzione
tra le forze del bene e quelle del male. A ciò concorrono congiuntamente la
propaganda cinematografica e i vari ravasi in libera
circolazione. Del resto – come è noto – la più grande vittoria del nemico è
convincere la chiesa che il nemico non esiste.
Ecco
dunque che, a ben vedere, la filmografia spacciata per cattolica non sempre
corrisponde alle apparenze, o alla presentazione promozionale che viene di essa
offerta al pubblico. Al di là della buona fede di molti che si rendano
inconsapevoli promotori di un messaggio fuorviante, la macchina che muove tutto
dietro le quinte è quella che ben conosciamo, che a vari livelli sta lavorando
senza tregua per triturare fede ragione e verità.
In un
tempo in cui la devastazione infuria, la confusione regna sovrana, mancando una
guida che segni la via, è ben comprensibile aggrapparsi a qualsiasi fenomeno
assuma le sembianze di una boa, e di segnalare la boa agli altri naufraghi. Ma
un campanello di allarme va fatto suonare per stimolare un supplemento di senso
critico verso ciò che passa il convento. Per non cadere nella rete di chi vuole
convincerci tutti che siamo chiamati, tutti insieme appassionatamente, ad
adorare un unico imprecisato dio nella pace universale.
Abbiamo santi, beati, martiri che ci dimostrano con
la loro vita l’esistenza di Dio. Abbiamo Gesù Eucaristico, e chiese che
trasudano la memoria di una devozione millenaria.
Dobbiamo pendere dalle labbra di uno studentello
protestante per illuderci di vivificare una fede sbiadita?
(Fonte:
Elisabetta Frezza, Riscossa Cristiana,
22 marzo 2016)
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