Il documento del card. Víctor Manuel Fernández, detto Tucho presentato il 17 maggio è in chiara discontinuità con l'atteggiamento che la Chiesa ha sempre avuto nei confronti dei fenomeni soprannaturali. Le nuove norme negano la possibilità di riconoscere le tracce dell'intervento di Dio nella storia degli uomini.
Le
nuove norme sulle apparizioni mariane presentate lo scorso 17 maggio,
costringono a riprendere in mano l'atteggiamento tradizionale della Chiesa
davanti a fenomeni soprannaturali per comprendere se tali norme siano o meno in
continuità. Da sempre, si sa che in questo campo l'atteggiamento della Chiesa è
all'insegna della prudenza. D'altra parte, abbiamo gli imperativi dell'apostolo
Paolo: «Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni
cosa, tenete ciò che è buono» (1Ts 5, 19-21). Si tratta di due aspetti
complementari: la prudenza è precisamente a servizio dell'esortazione paolina,
vale a dire che la Chiesa è chiamata ad esaminare ogni cosa, per arrivare
quanto più possibile alla certezza morale se un certo evento sia effettivamente
manifestazione dello Spirito.
Da
sempre l'atteggiamento della Chiesa è stato appunto quello di osservare,
esaminare, vagliare, per giungere ad un giudizio positivo o negativo circa la
possibile origine soprannaturale di determinati fenomeni. Una certa
sistematizzazione di questi criteri fu opera di importanti teologi del XV
secolo, come il domenicano cardinale Juan de Torquemada, e del Doctor
Christianissimus, Jean de Gerson. Sembra che ad aver acceso l'interesse
teologico per l'argomento dei fenomeni soprannaturali sia stata la decisione
del (discusso) Concilio di Basilea di porre sotto esame le famose Rivelazioni
celesti di Santa Brigida di Svezia.
Due
concili ecumenici successivi, il Lateranense V (1512-1517) e il Tridentino
(1545-1563) esprimeranno che spetta al Vescovo competente agire e pronunciarsi
in modo definitivo su eventuali fenomeni soprannaturali, servendosi dell'aiuto
di alcuni uomini «docti et gravi» (Lateranense) e «theologi et pii»
(Tridentino). Si tratta di un duplice principio – competenza del vescovo e
ricorso ad esperti – che garantisce da un lato la dimensione della comunione
gerarchica, dall'altra la necessaria scienza e competenza per giungere ad un
giudizio che si avvicini quanto più possibile alla certezza morale. Rimane la
cosiddetta “riserva apostolica”, ossia la possibilità di intervento della Sede
Apostolica, anche senza il consenso del Vescovo.
Il
XVI secolo ha poi conosciuto lo straordinario apporto di mistici come santa
Teresa d'Avila, san Giovanni della Croce, sant'Ignazio di Loyola, che hanno
arricchito di criteri più fini il discernimento relativo a presunti fenomeni
soprannaturali. I secoli successivi hanno visto sorgere importanti trattati
teologici, tra i quali spicca il De discretione spirituum del cardinale
Giovanni Bona, e soprattutto l'opera del cardinale Prospero Lambertini, futuro
Benedetto XIV, sia la monumentale De servorum Dei beatificatione, che l'opera,
ormai dalla critica a lui attribuita e da qualche giorno finalmente disponibile
in edizione critica, Notæ de miraculis.
Si
giunge quindi alle Normæ del 1978, le quali compendiano il lungo sviluppo
storico tracciato, enumerando alcuni criteri positivi e negativi avvalendosi
dei quali l'Ordinario possa giudicare del fatto attenzionato, le relazioni con
la Conferenza episcopale di riferimento e con la Congregazione per la Dottrina
della Fede. Le Normæ succitate servivano per «giudicare, almeno con una certa
probabilità» circa la possibile origine soprannaturale del fenomeno
interessato.
Il
documento del 1978 già aveva ben presenti l'odierna rapidità di diffusione di
notizie relative ai presunti fenomeni, così come «la mentalità odierna e le
esigenze scientifiche e quelle proprie dell'indagine critica» che «rendono più
difficile, se non quasi impossibile, emettere con la debita celerità i giudizi
che concludevano in passato le inchieste in materia». Ma è proprio per queste
sopraggiunte difficoltà che erano state emanate le Normæ, per giungere «alla
luce del tempo trascorso e dell'esperienza, con speciale riguardo alla
fecondità dei frutti spirituali» ad, «esprimere un giudizio de veritate et
supernaturalitate, se il caso lo richiede».
Il
lettore perdoni il lungo excursus, necessario però per comprendere la direzione
della Chiesa in questa materia: massima prudenza, senza aver fretta di
pronunciarsi in un modo o nell'altro, ma anche apertura a riconoscere la
presenza dello Spirito, mediante l'attestazione di elementi che fanno appello
alla ragionevolezza dell'uomo, capace di giungere ad un giudizio altamente
probabile e ad una certezza morale.
Sullo
sfondo di tutto questo sviluppo storico si può identificare proprio questo
punto fermo: la Chiesa ha la consapevolezza della capacità della ragione umana
di cogliere i segni del soprannaturale. Questo principio è alla base della
credibilità della Persona stessa di Gesù Cristo, del Vangelo e
dell'evangelizzazione. L'apostolo Pietro, il giorno di Pentecoste, rivolgendosi
ai Giudei, qualificò il Signore Gesù come l'«uomo accreditato da Dio presso di
voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni» (At 2, 22); Dio accreditava anche
l'operato degli stessi Apostoli per mezzo di «molti segni e prodigi» (At 5,
12). Il miracolo, l'evento soprannaturale è una specie di “firma di Dio”, che
l'uomo è in grado di saper decodificare, indizio che Dio offre precisamente alla
ragione dell'uomo, perché ne possa riconoscere l'origine. Tutta l'azione
profetica, di Cristo stesso e degli Apostoli è basata precisamente su questo
principio: l'uomo è in grado non di conoscere direttamente il soprannaturale,
ma di identificarne i segni, le tracce, così da riconoscere l'impronta di Dio e
aprirsi ad accoglierne l'azione e il messaggio.
Ora,
che cosa troviamo nelle Nuove Norme? Il cardinale Fernández ha provato a
giustificare il nuovo documento con la necessità di una maggiore prudenza da
parte della Chiesa, in ragione della confusione generata dall'azione di alcuni
vescovi e da pronunciamenti contraddittori. Ma la verità è che il problema non
si colloca nella carenza di norme o nella loro oscurità, ma più semplicemente
nell'azione imprudente di singoli prelati; tant'è vero che le Nuove Norme
riprendono sostanzialmente i criteri del documento del 1978. Se il problema
fosse dunque quello della prudenza, il documento sarebbe inutile.
La
vera novità del documento sta invece nel fatto che d'ora in avanti verrà
preclusa la possibilità di esprimersi positivamente quanto alla
soprannaturalità di un evento, ma ci si dovrà limitare, al massimo, ad un nihil
obstat; il caveat presente nell'art. 22 §2 esprime questa novità: anche nel
caso del nulla osta, «il Vescovo diocesano presterà attenzione (...) a che i
fedeli non ritengano nessuna delle determinazioni come un’approvazione del
carattere soprannaturale del fenomeno». Il concetto è stato ribadito da
Fernández in Conferenza Stampa, rispondendo ad una domanda della giornalista
Diane Montagna; giustificandosi con il fatto che occorre limitarsi ad una
decisione prudenziale, il cardinale ha affermato che «non si può chiedere una
dichiarazione dell'origine soprannaturale per decidere in questo caso,
precisamente perché il rischio di dichiarare [un fenomeno] come soprannaturale
è quello di dare piena certezza. In modo che, in ultima analisi, non si possa
più dubitare».
Ora,
anche i sassi sanno che quando un vescovo si esprime favorevolmente circa la
soprannaturalità di un'apparizione o di un miracolo, ed anche quando lo dovesse
fare un papa, né intende né può vincolare la coscienza dei fedeli, quasi stesse
insegnando un dogma o una verità de fide tenenda. Si è sempre trattato di un
giudizio prudenziale, anche quando ci si esprimeva con un constat de
supernaturalitate, il cui massimo grado di assenso è la certezza morale, non la
certezza assoluta di un atto di fede. Tant'è vero che l'opposizione al giudizio
autorevole del vescovo in tale materia di per sé significherebbe al massimo
temerarietà, non eresia o scisma.
Il
contenuto specifico del documento è pertanto ben altro: la negazione che la
Chiesa abbia i mezzi per poter portare su un evento un giudizio di probabilità
o di certezza morale circa la sua origine soprannaturale; ma come dare credito
alla Chiesa che annuncia il miracolo della guarigione dell'idropico da parte
del Signore, o dello storpio da parte di Pietro e Giovanni, se quella stessa
Chiesa oggi ci dice che in sostanza non è possibile dire alcunché circa la
soprannaturalità di un evento? Perché il punto in questione non è ciò che è
oggetto di fede e ciò che non lo è, ma la capacità di esprimersi sulla
credibilità di un fatto. Al netto delle molteplici differenze a riguardo tra i
teologi, la linea che il Dicastero sta portando avanti appare del tutto nuova
nella storia della Chiesa: sacrificare la credibilitas, per salvaguardare la
credentitas, ossia rinunciare a pronunciarsi sulla soprannaturalità di un fatto
per custodire l'atto di fede. Il cruccio di Tucho, come afferma nella
Presentazione delle Nuove Norme, è che l'approvazione di alcune rivelazioni
conduca ad apprezzarle «più dello stesso Vangelo»; ergo, meglio non dare segni
di approvazione, ma solo di concessione.
L'esperienza
è però diversa e considera le ragioni di credibilità un ausilio all'atto di
fede vero e proprio e non un ostacolo. Lo si osserva quotidianamente nelle
nostre chiese e nella pratica del popolo di Dio: se certe apparizioni mariane,
come Lourdes, Fatima, Guadalupe, non fossero state accolte dalla Chiesa, la
vita cristiana del popolo e la frequenza dei sacramenti sarebbe persino
peggiore di quanto già non sia. La forza dei segni di credibilità dei miracoli
eucaristici o delle apparizioni, emersi proprio grazie alla prudente e talvolta
diffidente indagine dei vescovi, ha sempre sostenuto la fede delle persone,
specie nei momenti di oscurità. Altro che ostacolare la fede.
La
sensazione è che Tucho sia del tutto condizionato da quella corrente che da
svariati decenni ha polverizzato l'apologetica, creando non un salto ma un
vuoto tra le esigenze della ragione e l'atto di fede, sostenendo una
sostanziale impossibilità di riconoscere con certezza (morale) le tracce degli
interventi di Dio nella storia degli uomini.
(Fonte: Luisella Scrosati, LNBQ, 23 maggio
2024)
https://lanuovabq.it/it/le-nuove-norme-sulle-apparizioni-fanno-a-pezzi-lapologetica
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