In conferenza stampa Gloria Branciani denuncia richieste di natura sessuale sempre più aggressive e blasfeme. Un passo decisivo per far luce sul caso del sacerdote sloveno, che getta un'ombra sulla trasparenza dell'attuale pontificato.
«Il
tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è
certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il
cuore». Sono passati quasi vent'anni dall'indimenticabile commento dell'allora
cardinale Joseph Ratzinger alla nona stazione della Via Crucis al Colosseo.
Sembra incredibile, ma diciannove anni dopo quel grido di dolore siamo ancora a
fare i conti con la scarsa trasparenza delle più alte autorità ecclesiastiche
in un clamoroso caso di abusi.
La
vicenda è quella che vede protagonista don Marko Rupnik, ex gesuita e famoso
artista sloveno accusato da più donne di abusi spirituali, psicologici e
sessuali. I fatti risalgono alla fine degli anni Ottanta e all'inizio dei
Novanta, ma ancora nel 2019 l'archistar assolveva in confessione una donna con
cui aveva avuto un rapporto sessuale, beccandosi un anno più tardi la scomunica
più breve della storia da parte della Congregazione per la Dottrina della fede.
Scomunica ritirata, non si sa bene da chi e perché. Da quando il
"bubbone" Rupnik è scoppiato in Vaticano, con la notizia di una prima
indagine – finita in prescrizione nel 2021 – sulle sue presunte malefatte nella
Comunità Loyola di Lubiana durate fino al 1993, alcune protagoniste hanno deciso
di parlare, raccontando la loro esperienza in forma anonima ai giornali.
La
giornata di ieri, però, fa segnare un passo in più: una presunta vittima,
Gloria Branciani, ha deciso di metterci il volto e la voce al fine di reclamare
verità e giustizia. Sono le due parole più ricorrenti nella lunga testimonianza
fatta dall'ex suora di fronte ai giornalisti accorsi negli uffici della
Federazione Nazionale della Stampa Italiana in via delle Botteghe Oscure. Al
suo fianco una ex consorella ritrovata, Mirjam Kovac, che della fondatrice
Ivanka Hosta è stata persino segretaria e che ha lodato il coraggio dimostrato
già all'epoca da Gloria, quando decise di scappare dalla comunità dopo essere
stata isolata per le sue denunce.
Le
parole di Kovac sono molto importanti perché confessando di aver capito nel
giro di pochi mesi che «Rupnik ha sfruttato la sua posizione alla ricerca di
approcci erotico-sessuali su almeno venti sorelle su un totale nella comunità
di quaranta» sembra rafforzare l'idea che, tanto per citare la nota dei
gesuiti, il «grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato sembra
essere molto alto».
Da
ieri, dunque, sappiamo che si chiama Gloria Branciani la presunta vittima del
racconto più duro sull'ex gesuita sloveno, quello sulla richiesta blasfema di
rapporti sessuali a tre fatta tirando in ballo la Trinità. Con voce esile ma
determinata, interrompendosi solamente tre volte per la commozione, la donna ha
ricostruito l'incontro che le ha rovinato la vita. Da studentessa universitaria
di medicina, con il desiderio di diventare missionaria e la passione per
l'arte, Gloria ha spiegato di aver conosciuto il religioso sloveno quando già
era noto come figura di grande spiritualità. La personalità dell'ex gesuita si
impose nella sua vita con complimenti ed attenzioni in un momento di scarsa
autostima. Poi, il primo episodio che diede il via all'incubo: «mentre
dipingeva in atelier, fissava il mio corpo e mi alzò la gonna dicendo che era
il gesto che faceva la Madonna per rivelare la divina umanità di Cristo».
Continua il racconto dell'ex suora: «Dopo quella volta mi diceva che se non
rifacevo quel gesto sarebbe stata una prova di uno stop nella crescita
spirituale. Io ero molto perplessa, disorientata, ma lui insisteva dicendo che
potevo vivere quella relazione molto speciale perché avevo il dono della
mistica».
La
"ricezione indegna del suo Corpo" evocata da Ratzinger nella Via
Crucis del 2005 fece capolino nel dramma di Gloria: «molte volte celebrava
l'Eucarestia da solo con me nell'atelier e dopo l'Eucarestia o la confessione
mi spingeva ad abbracciarlo. Poi dagli abbracci, lentamente, passò ai baci,
sempre più profondi. Una volta mi disse che baciava me come bacia l'altare in
cui celebra l'Eucarestia. Io in quel periodo ero molto ingenua e pensavo
veramente che quel tipo di fisicità tra noi sarebbe finito quando la mia
crescita spirituale lo avrebbe permesso». Ma non fu così. Rupnik la allontanò
dalla famiglia e dagli amici, spingendosi a criticare il suo cammino di fede
davanti agli altri se in privato si mostrava titubante di fronte alle sue
richieste fisiche.
Il
racconto di Gloria è stato molto lucido, scandito da tappe importanti nella
relazione con il suo presunto abusatore. Una di queste si registrò una sera del
giugno 1986, la sera prima di una partenza di Rupnik per la Grecia: «mi chiese
di celebrare l'Eucarestia nell'atelier. Io avevo capito che era una scusa per
farmi spogliare, così decisi di spostare l'attenzione sulla conversazione ma
lui era molto spazientito ed accompagnandomi all'autobus la sua rabbia esplose,
dicendo che non valevo niente e che voleva interrompere ogni rapporto. Me lo
disse in modo molto aggressivo, sentivo che si era spezzato qualcosa». Il
giorno dopo, però, al telefono cambiò tono e dalla Grecia le inviò una
cartolina di saluti. Strategie che sembrano appartenere a quella che Gloria ha
chiamato senza mezzi termini «manipolazione».
La
donna ha sostenuto che il controllo del religioso divenne tale da spingerla a
lasciare studi e città d'origine per trasferirsi in Slovenia, dopo pressioni
esercitate anche da Hosta e culminate in una chiamata dell'allora arcivescovo
di Lubiana monsignor Alojzij Šuštar. Questo è stato ricordato dalla
protagonista come il periodo peggiore perché «gli abusi fisici divennero più
violenti, soprattutto in auto perchè lui doveva fare giri per impegni
spirituali». «Abusi molto gravi – ha rivelato la donna – a causa dei quali io
persi anche la verginità e fui costretta ad altri tipi di rapporti intimi per i
quali era evidente il mio disprezzo». Rupnik, però, di fronte alle resistenze
si sarebbe dimostrato pronto a giustificare le sue richieste, sostenendo che la
contrarietà della donna era dovuta al suo modo sbagliato di vivere la
sessualità. Dopo aver emesso i voti perpetui, Gloria dovette fare i conti con
la richiesta più blasfema: «mi disse che sentiva nella preghiera che il nostro
rapporto non era esclusivo ma doveva essere ad immagine della Trinità, quindi
dovevamo invitare un'altra sorella a vivere come noi». Ancora una volta, di
fronte ai dubbi di Gloria, l'allora gesuita avrebbe fatto leva sull'aspetto
psicologico e spirituale, dicendole che le mancavano determinazione e forza da
assumere con l'aggressività sessuale. La prima traumatica esperienza a tre, con
una suora indicata dal padre spirituale, sarebbe avvenuta in una casa di
un'amica a Gorizia. Di fronte ai primi cedimenti della donna, Rupnik l'avrebbe
minacciata di farla passare per pazza e si sarebbe giustificato dicendo di aver
ottenuto dal suo padre spirituale «la conferma teologica sulla sua modalità di
sessualità».
La
situazione non cambiò a Roma dove Gloria fece ritorno, sempre soggiogata –
secondo il suo racconto – da quello che era il suo confessore e garante per il
discernimento davanti alla Chiesa. Accusata di atteggiamenti infantili, la
suora ha raccontato di essere stata condotta da Rupnik per due volte in alcuni
cinema porno romani, sulla Salaria e sulla Tuscolana: «si vedeva che lui era un
abituale frequentatore», ha detto.
Continuando
la testimonianza sul periodo romano: «le richieste di atti sessuali anche
mentre dipingeva erano sempre più aggressive e spesso avvenivano quando
dipingeva il volto di Gesù per qualche nostra cappella».
Esasperata,
Gloria decise coraggiosamente di denunciare le presunte violenze di Rupnik nel
1993 con la superiora Ivanka. Da quel momento cominciò ad essere guardata a
vista all'interno della comunità. La donna ha raccontato: «Cerco di parlare con
Rupnik ma non ci riesco, provo col suo padre spirituale ma quando comincio a
parlargli in confessione di tutto quello che avevo vissuto, dopo due minuti mi
ferma e dice che sono cose mie e che non vuole saperle. Infine mi consegna due
fogli e mi dice di scrivere una lettera di dimissioni nella comunità Loyola».
Una lettera che fu proprio il padre spirituale di Rupnik a firmare perché
Gloria non se la sentiva. Ieri la donna ha rivelato di conservare ancora quel
documento che come motivazione per l'abbandono tirò in ballo la pressione
troppo alta.
La
fuga dalla comunità, elogiata diciannove anni dopo dall'ex consorella Mirjam
che la visse da segretaria della superiora Hosta, culminò in una notte nei
boschi in cui, ha spiegato Gloria in uno dei pochi momenti di commozione, sentì
«profondamente che il Signore non voleva la mia morte». Quella dell'ex suora,
infatti, non è stata una testimonianza di un'anticlericale: lei stessa ha
raccontato che la prima persona con cui ha avuto il coraggio di aprirsi su
quanto le è successo è stato un francescano. Inoltre, ai giornalisti presenti
ieri ha detto che la sofferenza maggiore le proveniva dal sentirsi «violata
nell'intimità, nel rapporto col divino, un'umiliazione per corpo, anima e
spirito» aggiungendo, però, di essere riuscita a rialzarsi grazie all'«amore di
Dio, quello vero, che ha trasformato questo peso in vita».
Queste
parole intrise di fede dovrebbero far provare ancora più sconcerto per
l'atteggiamento che le autorità ecclesiastiche coinvolte hanno dimostrato non
solo all'epoca dei fatti ma anche in questi ultimi anni, da quando il Dicastero
per la Dottrina della Fede ha iniziato le sue indagini sulle accuse contro
Rupnik. Gloria ha detto di non essere rimasta stupita dalla misteriosa revoca
della scomunica ai danni di Rupnik per il caso del 2019. E alla domanda se
fosse delusa dal Papa, la donna non ha nascosto di ritenere che «la gestione
dall'inizio non è stata trasparente». Prima di rivolgersi alla stampa, nel
giugno 2022, l'ex suora – insieme alla Kovac – aveva scritto una lettera alle
massime autorità ecclesiastiche, Pontefice compreso, ma senza ricevere risposta.
Ad inizio conferenza, mostrando una foto, la direttrice di
BishopAccountability.org Anne Barrett Doyle ha ricordato che lo scorso
settembre, però, Francesco ha ricevuto Maria Campatelli, grande difenditrice di
Rupnik. Così come grande amarezza è emersa dalla voce di Gloria Branciani per
la nota del Vicariato di Roma che ha fatto quadrato attorno all'ex gesuita e al
suo Centro Aletti.
La
conferenza stampa di ieri, alla presenza di tv e testate internazionali e con
gli applausi seguiti alla lucida e non rancorosa testimonianza della presunta
vittima, ha dimostrato quanto la scarsa trasparenza della Santa Sede sul caso
Rupnik abbia creato un gravissimo danno alla Chiesa. La vicenda dell'ex gesuita
sloveno, oggi diocesano a Capodistria, difficilmente non inciderà nel giudizio
storico sull'attuale pontificato relativamente alla gestione del dossier abusi.
Intanto
Gloria, che potrebbe essere stata manipolata per anni facendo leva sulla sua
fragilità, si è presa ieri la sua "rivincita" sul suo presunto
abusatore ammettendo serenamente di averlo perdonato già da tempo. Adesso,
però, tocca al Dicastero per la Dottrina della Fede farsi garante di quella
ricerca di verità e giustizia invocata ieri.
(Fonte:
Nico Spuntoni, LNBQ, 22 febbraio 2024)
https://lanuovabq.it/it/rupnik-lex-suora-esce-allo-scoperto-abusi-molto-gravi
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