Il Santo Padre Benedetto XVI, ricevendo in udienza i partecipanti al Congresso promosso dall’Università Lateranense in occasione del 40° anniversario dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, ha affermato: “Se l’esercizio della sessualità si trasforma in una droga che vuole assoggettare il partner ai propri desideri e interessi” allora ad essere minacciata è “la dignità della persona umana”. Tant’è vero, aggiungiamo noi, che i crimini a sfondo sessuale nella nostra società occidentale sono in vertiginoso aumento. Stranamente, però, non si afferma che la causa principale di tale situazione è il grande boom della pornografia.
Al contrario oggi si afferma a gran voce e impunemente che la colpa di tutte le perversioni, di tutti i delitti a sfondo sessuale, dello sfruttamento della prostituzione e della violenza sulle donne, in poche parole di tutto ciò che è collegato alla pornografia, è da addebitarsi unicamente alla Chiesa, per la sua totale “chiusura” mentale, per le devastanti “insicurezze” inoculate negli individui, fin dalla loro più tenera infanzia, attraverso i suoi continui autoritari e coercitivi “no”.
Questa è l’ultima, in ordine di tempo, brillante trovata, proposta e convintamente difesa dalla cultura laica, impersonata questa volta dal Prof. Pietro Adamo docente di Storia Moderna e autore del libro “Porno di massa”; da un Riccardo Schicchi imprenditore storico del porno italiano, dal sorriso sempre più beota; e infine dalla pornodiva Milly D’Abbraccio, a cui i segni inesorabili del tempo celavano impietosamente i tratti di una possibile bellezza; tutti e tre ospiti di riguardo nella trasmissione Exit di Ilaria d’Amico di “La 7”, peraltro in certi momenti, anche in questa occasione, decisamente squallida sia per i contenuti che per il modo di proporli. Decisamente nessun contributo positivo si è potuto cogliere da tale inchiesta pseudo giornalistica; neppure dagli interventi di chi ne aveva più titolo, l’interlocutore clericale (un Don Mazzi “scaciato” e arruffato più del solito), che si è guardato bene dal protestare decisamente di fronte a tanta stupidità gratuita.
Certo, il problema del porno esiste: è sotto gli occhi di tutti. Sempre più frequentemente, e neanche più tanto sottilmente, la pornografia si infiltra prepotentemente nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione di massa, in particolare nelle hot line, nei siti pornografici di Internet, nei film hard, nelle riviste a luci rosse. Il consumo pornografico inizia spesso già nell’età puerile e interessa la grande maggioranza dei ragazzi tra i dieci e i quattordici anni. I fumetti pornografici sono abituali nei bambini dai sette anni in su, e negli ambienti culturalmente più poveri, rappresentano quasi sempre l’unica lettura extra-scolastica. Spesso i figli leggono di nascosto i giornali osceni e vedono le cassette pornografiche dei loro genitori immaturi.
Oggi, per la stragrande maggioranza degli europei la pornografia è un fatto pacifico, quasi naturale; non è per nulla sentito come un problema sociale, come manifestazione di un grave disagio morale.
Ciò che preoccupa maggiormente in questo fenomeno è che intorno alla pornografia vi è un forte consenso ideologico: essa è quasi universalmente accettata perché corrisponde ad una concezione della vita e dell’uomo fondamentalmente di stampo neo-pagano.
Una ideologia che trova le radici nel 1939 in quel Wilhem Reich autore della “Rivoluzione sessuale”, in cui proclamava il diritto all’amore come puro incontro di sessi, puro gioco, pura ricerca del piacere fine a se stesso, come principio rivoluzionario alla base di una nuova società. Il Reich parla esplicitamente del sesso (con i corollari di contraccezione e aborto) come di un diritto inalienabile, della distruzione della famiglia tradizionale come strumento di battaglia per la trasformazione sociale. I gruppi dell’estrema sinistra, dei radicali, degli anarchici e le potentissime lobby omosessuali si rifanno fondamentalmente a questo autore.
Dobbiamo renderci conto che il fenomeno pornografico del XXI secolo è radicalmente diverso dal passato: la pornografia c’è sempre stata (vedi i dipinti ritrovati nel lupanare dagli Scavi archeologici di Pompei), ma oggi è ben diversa: non solo per quantità e diffusione (basti pensare a Internet che satura sistematicamente le caselle di posta elettronica con pubblicità a sfondo sessuale), ma anche e soprattutto per il castello ideologico che la supporta. Al di là del nudo integrale, proposto ormai in tutte le salse e in tutte le occasioni, oggi sono molto più preoccupanti le motivazioni e le teorie che avallano il fenomeno pornografico: proponendo infatti il consumo del loro prodotto come un fatto di crescita culturale, di progresso sociale, di maturità individuale basata sull’esercizio della libera volontà di ciascuno (cfr. in proposito le farneticazioni di Schicchi e della D’Abbraccio), i pornografi riescono brillantemente a mascherare le loro reali intenzioni, mirando piuttosto al conseguimento di ingenti profitti economici, smisurate ricchezze, provenienti da un mercato in continua espansione, che non richiede alcun investimento importante e alcuna seria preparazione professionale.
La radice concettuale della moderna pornografia trova quindi in Reich la sua chiave interpretativa, laddove egli afferma che tutti i mali della storia derivano dalla repressione sessuale, di cui unica responsabile ovviamente sarebbe la Chiesa Cattolica, con i suoi tabù e divieti nei confronti di una vita felice e appagante, vissuta in pienezza, liberi da condizionamenti morali e sessuali di qualunque tipo.
Le gravi derive che ciò comporta sono facilmente intuibili: libera sessualità intesa come personale autodeterminazione di usare a piacimento del proprio corpo e del corpo altrui; uso prettamente meccanico del corpo, come ampliamento dell’esperienza umana; negazione di qualsiasi responsabilità derivante dal vivere una serena e normale sessualità (matrimonio, fedeltà, apertura alla procreazione); equiparazione dell’attività sessuale ad un qualunque altro bisogno fisiologico naturale, disconoscendo qualunque forma di libera scelta, e arrivando in tal modo alla giustificazione di qualunque forma di violenza per soddisfarlo. La pornografia è un mostro insaziabile: il suo consumatore ha bisogno di dosi sempre più massicce in termine di stimoli sessuali e questo spiega tutte le aberrazioni cui fa ricorso, non ultima la pedopornografia, sia etero che omo.
La nuova (a)moralità del pornofilo è costituita dunque da tutta una serie di perversioni nelle quali egli non riesce più a scorgere il dramma, l’artificioso, l’abnorme, il tragico e a volte anche il ridicolo. La sua mente non è più in grado di avere la reale percezione della persona che gli sta di fronte, sia essa uomo, donna, bambino, poiché la loro vera immagine viene automaticamente annullata e sovrapposta da un’altra immagine virtuale, l’immagine pornografica, quella distorta e maniacale che domina e schiavizza la sua mente.
Concludendo: come si combatte la pornografia? Con le pseudo inchieste giornalistiche che ammiccano ad essa, esibendola in dosi massicce, oppure per mezzo di una sana educazione al pudore, a un rinnovato senso di Dio, al rispetto verso se stessi e gli altri, come il Santo Padre Benedetto XVI ed i suoi predecessori hanno sempre ribadito?.
“In una cultura sottoposta alla prevalenza dell’avere sull’essere - ha ricordato recentemente il Papa -, la vita umana rischia di perdere il suo valore. Se l’esercizio della sessualità si trasforma in una droga che vuole assoggettare il partner ai propri desideri e interessi, senza rispettare i tempi della persona amata, allora ciò che si deve difendere non è più solo il vero concetto dell’amore, ma in primo luogo la dignità della persona stessa”. Ecco allora, conclude, che come credenti abbiamo il dovere di reagire, di ribellarci a siffatte impostazioni del problema, che risponde più alla ricerca di profitti economici che alla salvaguardia morale della nostra società; per questo non possiamo permettere a nessun costo che il dominio e la strumentalizzazione della tecnica mediatica abbiano ad inficiare la “qualità dell’amore autentico e la sacralità della vita”. (mario, 4 giugno 2008)
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