Un grido d'allarme è stato lanciato due giorni fa da Francesco Giavazzi sulle colonne del Corriere della sera, e anche qualcosa di più: una richiesta, quasi una preghiera a maggioranza ed opposizione perché insieme concertino un decreto che metta una toppa allo scandaloso concorso per associati ed ordinari bandito dal governo Prodi.
Sarà l'ennesima infornata di docenti in Università, l'ennesimo stuolo di privilegiati che assalteranno la diligenza avendo, almeno pare, il posto già garantito prima ancora di concorrere. Giavazzi chiedeva un decreto, intanto, per modificare il sistema di formazione delle commissioni giudicanti: attualmente i commissari vengono eletti, mentre sarebbe meglio sorteggiarli. In più andrebbero eliminate le selezioni a quiz, per eliminare il vizietto molto poco edificante di far conoscere già le risposte ai candidati. Infine bisognerebbe evitare il sistema per cui, anche se vi sono solo 1.800 posti disponibili, entrerebbero anche i secondi classificati, praticamente il doppio degli aventi diritto.
Ma bisogna far presto, ripeteva Giavazzi, bisognerebbe varare un decreto ad hoc entro lunedì prossimo. Sono pessimista, molto pessimista. Non credo che qualcuno accoglierà il suggerimento.
Il concorso farsa si farà, con un bel pernacchione a tutti quei sempliciotti molto benintenzionati che continuano a portare striscioni in piazza contro i tagli, piangendo il triste destino dell'università pubblica. E che in pratica stanno facendo il gioco di chi l'università la sta davvero rovinando.
Ora, io dico, si fa un concorso del quale si conoscono già i vincitori. Un concorso nel quale non contano i titoli, le pubblicazioni scientifiche, ma conta ben altro. E' questo il sistema che si vuole difendere, che si vuole perpetrare? Per quale arcano motivo non bisognerebbe "tagliarlo"?
Non credo che il Governo avrà il coraggio di intervenire a fermare questo scandalo con un bel decreto. Ci sono le piazze già mobilitate, gli indici di gradimento traballanti, le opposizioni (sinistre e centristi casiniani) che fanno il gioco sporco e continuano a ripetere "no ai tagli", che è lo slogan più facile e demagogico che ci sia. Un politico è un politico, e anche se di centrodestra, anche se forte di una maggioranza che gli permetterebbe di prendere delle decisioni, non ha certo la vocazione del martire. Non ci sta a farsi impallinare come un tordo.
Per questo credo, sinceramente (e mi dispiace molto), che il decretino invocato da Giavazzi non si farà e che quel concorsaccio andrà avanti come se niente fosse.
Intanto anche la Gelmini è costretta a percorrere la via più lunga. Aveva pronto il suo decretone sull'Università, ma opterà per un disegno di legge, da discutere e su cui trovare le più ampie convergenze. E pazienza se mentre a Roma si discuterà, Sagunto verrà espugnata.
Vale la pena notare che nel decreto Gelmini c'erano delle proposte molto interessanti: togliere il blocco del turn over imposto dalla legge 133 per ricercatori e passare la patata bollente direttamente alle università, che avrebbero dovuto scegliere se immettere un giovane docente al posto di un professore settantenne, oppure concedere a quest'ultimo una proroga di due anni.
Si prevedeva inoltre una penalizzazione per le università spendaccione, e il divieto di bandire nuovi concorsi (con assunzioni) a quegli atenei che hanno sforato il tetto del 90% del finanziamento statale per pagare i docenti. Per gli atenei più virtuosi si pensava, invece, a un ulteriore fondo straordinario.
E poi c'erano misure per scoraggiare l'apertura di corsi inutili e le numerosissime sedi decentrate. Dulcis in fundo i concorsi per i ricercatori, per i quali erano previste norme che li rendessero più trasparenti.
Un decreto, insomma, che conteneva molte buone e ragionevoli misure per assestare un sistema universitario che ha molti buchi, molti lati oscuri e, quel che è peggio, uno scarso rendimento.
Ma la piazza si è scatenata, anzi, è stata scatenata a discutere non di equità ed eccellenza, ma di tagli a una spesa che non è nemmeno giustificata, visto il ritorno in termini di qualità.
Ho una tremenda paura che il cambiamento, quel cammino, per usare un'espressione della Gelmini, verso "riforme non di facciata", subirà un brutto, pesante rallentamento.
C'è solo da augurarsi che il Governo, questo Governo, abbia la forza e il coraggio di andare avanti nonostante l'offensiva delle forze della conservazione, che si annidano ovunque, nelle università, nelle piazze, nei mezzi d'informazione.
Perché la nostra università è morta e spacciata non se si va nella direzione indicata dalla Gelmini, ma se si va avanti così. (Gianluca Zappa, La Cittadella, 5 novembre 2008)
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