Gianluigi Gigli, già Presidente della Federazione Mondiale dei Medici Cattolici mette in guardia dal considerare il preservativo la via più sicura per ridurre il contagio.
“Affermare ideologicamente che il Papa sta in qualche modo favorendo l’epidemia perché invita alla sessualità responsabile, è veramente dire un assurdo, anzi, è fare della mistificazione anche dal punto di vista scientifico”. E’ quanto ha dichiarato oggi a Radio Vaticana Gianluigi Gigli, già presidente della Federazione mondiale dei medici cattolici, parlando della sessualità responsabile sulla quale il Papa si è soffermato più volte. “E’ documentato ormai in tutto il mondo come, a seconda di dove si mette l’accento nella prevenzione dell’Aids, i risultati possono essere anche fortemente diversi” ha detto Gigli citando due esempi “storici”. “L’Uganda, dove la lotta all’Aids è stata basata appunto sul comportamento, sugli stili di vita, ha ottenuto traguardi significativi in termini di riduzione dell’epidemia. La Thailandia, dove ci si è basati solo sul profilattico, non ha ottenuto nulla: la situazione è addirittura, appunto, peggiorata”. Tutto ciò, per Gigli, dovrebbe far riflettere “perché a parte ogni giudizio di ordine etico - se ci si limita solo al profilattico, la sensazione di ‘falsa’ sicurezza che esso dà - perché comunque c’è ancora un rischio di malattia che si mantiene, benché abbassato – questo rischio viene tuttavia a moltiplicarsi a causa del moltiplicarsi dei rapporti che la falsa sicurezza stessa genera. Quindi, rapporti occasionali, rapporti promiscui”. Gigli termina con un ricordo personale legato ad una sua discussione con il Premio Nobel Luc Montagnier, colui che aveva trovato il virus Hiv dell’Aids: “mi ricordo che Montagnier mi disse, con estrema chiarezza: noi riusciremo forse un giorno – e mi auguro presto – a trovare un vaccino in grado di controllare l’Aids. Ma se noi non riusciamo a modificare i nostri stili di vita, il che vuol dire – appunto – che l’uomo è fatto per la donna e per una sola – il rischio è che dietro l’angolo troveremo qualche altro ancor più temibile aggressore".
Anche Padre Lombardi, il giorno dopo, ha risposto all'eco suscitato dalle parole del Papa con una nota: “il Santo Padre ha ribadito le posizioni della Chiesa cattolica e le linee essenziali del suo impegno nel combattere il terribile flagello dell’Aids: primo, con l’educazione alla responsabilità delle persone nell’uso della sessualità e con il riaffermare il ruolo essenziale del matrimonio e della famiglia; due: con la ricerca e l’applicazione delle cure efficaci dell’Aids e nel metterle a disposizione del più ampio numero di malati attraverso molte iniziative ed istituzioni sanitarie; tre: con l’assistenza umana e spirituale dei malati di Aids come di tutti i sofferenti, che da sempre sono nel cuore della Chiesa”. “Queste – conclude il portavoce vaticano - sono le direzioni in cui la Chiesa concentra il suo impegno non ritenendo che puntare essenzialmente sulla più ampia diffusione di preservativi sia in realtà la via migliore, più lungimirante ed efficace per contrastare il flagello dell’Aids e tutelare la vita umana”.Secondo l'agenzia Asca che cita fonti non identificate all'interno del Vaticano, "si tratta si', fanno notare da dentro i Sacri Palazzi, di una questione di ''parole'', ma che rischia di oscurare tutto il significato della visita di Benedetto XVI in Africa. ''Lo scopo di quella frase, e di tutto il viaggio, - precisano da oltre le Mura Vaticane - non era certo quello di dire un 'no' al preservativo, ma di far comprendere come un problema dai risvolti umani e sociali cosi' devastanti come l'Aids non possa essere risolto solo con questo strumento''.
(Fonte: Marco Tosatti, La Stampa, 19 marzo, 2009)
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