Critiche e attacchi non sono mai mancati ai Papi e a Papa Ratzinger: oggi però queste critiche e questi attacchi non provengono soltanto dai tradizionali pulpiti del dissenso, da teologi come Hans Küng o come Vito Mancuso, ma anche da alcuni esponenti dell’episcopato tradizionalmente più vicini a Benedetto XVI…
Prima per il caso del prelato lefebvriano Richard Williamson, le cui dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas sono state divulgate da una televisione svedese quasi in coincidenza con la pubblicazione della revoca della scomunica ai quattro vescovi consacrati nel 1988 da monsignor Lefebvre.
Poi per il caso, meno eclatante ma non meno dirompente, del nuovo vescovo ausiliare di Linz, Gerhard Maria Wagner, già dimissionario perché apertamente contestato nella Chiesa austriaca a causa di alcune sue dichiarazioni sul ciclone Katrina che nel 2005 distrusse New Orleans (da lui definito un castigo di Dio), sui romanzi di Harry Potter (da lui bollati come pericolosi e diabolici), sull’omosessualità.
Proprio in seguito a questi due casi la Santa Sede attraversa un momento delicato e difficile. Critiche e attacchi non sono mai mancati ai Papi e a Papa Ratzinger: oggi però queste critiche e questi attacchi non provengono soltanto dai tradizionali pulpiti del dissenso, da teologi come Hans Küng o come Vito Mancuso, ma anche da alcuni esponenti dell’episcopato tradizionalmente più vicini a Benedetto XVI, com’è accaduto in Austria, dove tra i critici verso Roma per la nomina di Wagner quale ausiliare di Linz si ritrova il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn.
Nelle scorse settimane alcuni problemi sono stati ingigantiti, con strumentalizzazioni evidenti: si è voluto far credere che la Chiesa di Papa Ratzinger – Pontefice certamente amico degli ebrei, che da teologo ha riflettuto in modo particolare sul legame che unisce i cristiani al popolo dell’Antica Alleanza – avesse dimenticato se non rinnegato il Concilio Vaticano II, e avesse fatto marcia indietro rispetto alla ferma e inequivocabile condanna dell’antisemitismo.
È certo che Oltretevere, al di là delle strumentalizzazioni, si sono verificati intoppi e problemi, nel processo prima decisionale e quindi comunicativo, in relazione ad alcuni recenti eventi gestiti dai collaboratori di Benedetto XVI.
Tra gli inquilini dei sacri palazzi, dove peraltro non ci si nasconde l’esistenza di intoppi e problemi, c’è però chi è convinto che quella che si sta giocando in queste settimane sia una «battaglia» di dimensioni più vaste e più profonde di quanto appaia all’esterno, e che proprio i recenti episodi abbiano dato forza e riconquistata visibilità a quanti non hanno mai perdonato a Benedetto XVI di essere diventato Papa.
Gli stessi che avevano passato anni a dipingere Joseph Ratzinger come il «panzerkardinal», attribuendogli un ruolo frenante durante il pontificato di Giovanni Paolo II – una caricatura fuori dalla storia, dato che proprio Ratzinger è stato colui che più a lungo ha collaborato con Papa Wojtyla, e quest’ultimo non ha mai voluto accettare la richiesta di potersi ritirare avanzata a più riprese dal porporato – tornano ora ad affibbiargli gli stessi stereotipati cliché.
(Fonte: Andrea Tornelli, Il Giornale 26 febbraio 2009)
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