Dopo le polemiche sul nuovo libro “La penna d’oro”, la replica di Carlo Sgorlon. Probabilmente è il maggior romanziere che l’Italia annoveri oggi, ma per la cultura egemone è come se non ci fosse. Solo perché non è allineato. Ha scritto una lettera a “Il Domenicale”: eccola.
«La penna d’oro è insolitamente un libro autobiografico, scritto soprattutto per fornire agli studenti (che spesso mi chiedono, notizie, dati biografici, nozioni di poetica) le circostanze e le ragioni per cui nacquero i miei libri più significanti.
Anche per questo ho usato un linguaggio al massimo semplice e immediato.
Il volume prende il nome da un episodio piuttosto simbolico e misterioso che mi è accaduto. La mia madrina di battesimo, Cristina Moretti, amicissima di mia madre, e moglie di un capitano di mare di origine istriana, mi regalò per la circostanza una bellissima stilografica d’oro. La fece acquistare da suo marito negli Stati Uniti.
Naturalmente non veniva mai l’ora di usarla, quella penna; mia madre mi distoglieva dal farlo con le solite paure: “È troppo bella. Te la rubano, oppure la perdi”. Ma quando il momento di usarla venne davvero, cioè quando cominciai a diventare scrittore, la penna non si trovò più. Eppure la mia famiglia non ebbe mai i ladri in casa. Neppure oggi ho la minima idea di dove sia finito quell’oggetto, orgoglio della mia infanzia, adolescenza e gioventù.
Momento importante del libro è anche quello in cui espongo la nascita e lo sviluppo del mio sentimento sacrale per la natura, perché da bambino e da ragazzo vissi in campagna, con i nonni materni. Il mio rigoroso ecologismo, la mia convinzione che l’umanità, per sopravvivere, dovrà abbandonare il consumismo materialista di oggi, e tornare alla parsimonia delle civiltà contadine e a un sentimento di sacralità nei confronti della natura e della vita, nacquero proprio in quegli anni.
Si formò allora in me anche la convinzione che l’idea di progresso doveva cambiare radicalmente. Non poteva più essere quella di socialisti e positivisti, ma quella che aveva come fine la salvezza della natura e quindi delle specie viventi. È una delle ragioni per cui la mia filosofia di fondo non è mai quella dei radicali socialisti. Essa nasce anche dalla sensazione di incompletezza dell’idea di un uomo fondata sullo storicismo razionalista e sul materialismo storico e dialettico. Io non rifiuto il razionalismo; però non posso dimenticare mai che esso è soltanto un versante della mente umana, generata dai neuroni e dalle sinapsi del cervello, che ci è stato dato dalla natura.
Il razionalismo dunque non è un assoluto, ma soltanto un aspetto della mente umana. Neanche il materialismo, che si basa sulla convinzione che tutto ciò che esiste è materia, ed ha massa e spaziosità, è accettabile. Nella realtà sono veramente materiali soltanto le particelle subatomiche, come gli elettroni, i fotoni, i fermioni, i protoni, i bosoni, i gluoni, i quark, e così via. Ciò significa distruggere la base stessa su cui si fonda la metafisica materialistica. Per metafisica oggi s’intende un pensiero che riguardi la totalità dell’Essere.
Quindi neppure il materialismo, che oggi coinvolge nelle forme teoriche e pratiche la quasi totalità degli uomini, è un assoluto. Chi legge i fisici moderni ne ricava affermazioni assolutamente sorprendenti, che ammettono tra l’altro anche forme di spiritualismo. Apprende che la materia è quasi vuota, che è l’apparenza del reale, adatta ai nostri sensi; è ciò che le religioni chiamano “il velo di Maya”, ossia l’inganno. Oggi certe forme di spiritualismo le troviamo in intere scuole di fisici, per esempio quelle di Princeton e di Pasadena. Lo storicismo rozzo, il materialismo storico e dialettico è stato messo in crisi dallo spiritualismo fondato sulla nuova fisica.
La revisione di ciò che si credeva di sapere dell’Essere conduce a considerare il cosmo un enorme mistero, e ad alimentare un moderno sentimento di sacralità. Tutto ciò pone i fondamenti di una nuova cultura, che si basa su un nuovo spiritualismo, costruito con argomenti scientifici. Ma la cultura egemone, materialistica e socialista, nega che essa esista, e quindi non riconosce e non accredita una cultura che si interessi di miti, di archetipi, di etica, di neospiritualismo, di leggende, di misteri, di metafisica, ossia, come ho detto, di idee che riguardano la totalità del cosmo.
Per la sinistra esiste soltanto la cultura radical socialista. Altre non ve ne sono. Se esistono, sono culture sciamanesche, come affermava tempo fa sul “Corriere” Asor Rosa, a proposito di Citati e di Ceronetti. Massimo Cacciari, sul “Gazzettino” di pochi giorni orsono, sosteneva che affermare che esiste una cultura egemone di sinistra “era una barzelletta”.
Per non parlare soltanto di sensazioni vaghe, dirò alcune cose che sono capitate a me in cinquanta anni di carriera letteraria. Per i giornali di sinistra, tipo “Repubblica”, “Espresso”, “Manifesto” e così via io non esisto. Nemmeno quando il libro che stiamo presentando suscitò un piccolo caso letterario, parlando della “letteratura egemone”. Come dire che i giornali e i settimanali nominati mi hanno dato silenziosamente ragione. Infatti non si parla di ciò che non esiste e non mette conto di sciupare spazio.
Un premio letterario toscano mi fu assegnato (telefonicamente) e poi ritirato in fretta perché l’assessore alla Cultura non volle che un riconoscimento finisse nelle mani di un reazionario.
Qualcosa di simile, ma in modo meno vistoso, e forse più subdolo, mi accadde almeno in altri tre premi, dove fui prima votato e poi accantonato. Alla televisione di stato si parla (raramente) anche di libri. Il mio nome fu fatto da quelle televisioni per l’ultima volta nel 1985, quando mi fu assegnato il premio Strega. Poi nulla. Nel frattempo di certi autori di sinistra si è parlato almeno una trentina di volte. Per me in questi casi c’è sempre il silenzio, l’esclusione, la dimenticanza. Queste cose, gentile professor Cacciari, non sono una barzelletta. Sono accadute a me. Il fatto di aver venduto, con i tascabili, oltre tre milioni di libri e di essere stato recensito dai maggiori critici italiani non è servito affatto a modificare le cose.
Per contro io avrò parlato di quattrocento o cinquecento libri senza neppure essere sfiorato dalla tentazione di fare discriminazioni politiche. Non ho mai pensato, io, che una cultura radical-socialista non esista più, si sia dissolta, benché oggi la crisi del materialismo e la tematica complessa dell’ecologismo abbiano fatto invecchiare di colpo quella superba ideologia. Carlo Sgorlon».
(Fonte: Il Domenicale, 21 aprile 2009)
1 commento:
Si potrebbe commentare come mai non vi sono ancora commenti al toccante articolo di Sgorlon. ho letto " la penna d'oro" , questa bella lezione di etica e onestà intellettuale. Che cosa ha salvato Sgorlon da essere un anonimo inserito nella riserva " indiana" dei non allineati? : - la sua grande dote di scrittore e saper toccare le giuste corde dell'animo e dell'intelligenza umana.
grazie Sgorlon
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