giovedì 9 aprile 2009

Troppe repressioni in terra di Cina. Il Papa abbandona la soft diplomacy

La lunga e filantropica lettera che Benedetto XVI scrisse oramai quasi due anni fa (giugno 2007) ai cattolici cinesi stava iniziando a sortire gli effetti sperati. Seppure non fosse una lettera prettamente politica (i destinatari, appunto, erano i cattolici del Paese), aveva indicato tra le pieghe dei suoi venti capitoli un cambiamento di rotta “politico” ben preciso. Il Papa, per la prima volta, chiedeva alla Chiesa Patriottica, l’unica ufficialmente riconosciuta (voluta e istituita) dal governo, di collaborare con quella sotterranea e, quindi, seppure con le dovute cautele, di assoggettarsi all’autorità della Santa Sede. Un compito impervio visto il controllo che sulla Chiesa Patriottica esercita il regime. Un compito in parte attuato dai moltissimi vescovi patriottici i quali, nonostante il continuo indottrinamento subito da Pechino intorno all’ingerenza vaticana negli affari cinesi, da mesi sono in sostanziale comunione con Roma e con la Chiesa sotterranea.
L’unità tra Chiesa sotterranea e Chiesa Patriottica cementatasi a seguito della lettera papale non è andata giù al governo. Il quale ha reagito con l’atteggiamento di sempre e, nei giorni scorsi, con l’arresto del vescovo Giulio Jia Zhuigo. Un arresto che ha scosso la Santa Sede costringendola a indire (nei giorni scorsi in Vaticano) una sessione straordinaria della Commissione speciale sulla Cina.La Commissione venne istituita da Benedetto XVI nel 2007. Prima dei giorni scorsi si era riunita una sola volta. Dal 30 marzo al primo aprile di quest’anno, ai lavori hanno partecipato vescovi cinesi (è stato reso noto l’elenco) e diversi capi dicastero della curia romana.
Il risultato è stato reso noto in un comunicato ufficiale della Santa Sede che, per la prima volta dall’uscita della lettera di Ratzinger, prende le distanze in modo deciso dall’operato di Pechino. Secondo la nota, infatti, l’arresto di Giulio Jia Zhuigo non rappresenta «un fatto isolato». «Purtroppo - si legge nel testo - anche altri ecclesiastici sono privati della libertà o sono sottoposti a indebite pressioni e limitazioni nelle loro attività pastorali».
La controffensiva vaticana è particolarmente significativa. Dice la nota che i lavori della Commissione si sono focalizzati sulla «formazione dei seminaristi e delle persone consacrate» e sulla «formazione permanente dei sacerdoti». Il messaggio indirizzato a Pechino è dunque chiaro: anche se il governo continua con le vessazioni contro i religiosi, il Vaticano insiste per offrire al Paese sacerdoti formati nel giusto modo, sacerdoti fedeli a Roma e che continuino il prezioso lavoro di evangelizzazione verso tutti i cinesi e di sostengo a tutti i cattolici residenti nel paese.
Spiega Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, che «i circa 3 mila sacerdoti (ufficiali e sotterranei), gli oltre 1500 seminaristi (ufficiali e sotterranei), le oltre 5 mila suore e novizie (ufficiali e sotterranee) mancano spesso di formatori a causa delle persecuzioni passate e presenti». Hanno tutti «carenza di strumenti (pubblicazioni, contatti); soffrono di un dislivello grande fra sacerdoti anziani e giovani, mancando la generazione intermedia, corrispondente al periodo della Rivoluzione culturale (1966-1976), quando sono rimasti chiusi seminari, chiese e conventi. Più di tutto, hanno bisogno di aiuti per affrontare le nuove situazioni in cui vive la società: urbanesimo, consumismo, materialismo, migranti, ateismo scientista, ecc.».
Il Vaticano è a sostengo di questo piccolo “contingente religioso” che intende rivolgere le proprie attenzioni ed energie. Insieme, non mancherà di spingere questo contingente in avanti, verso un’azione missionaria che proprio nei posti del mondo dove la libertà religiosa è negata, come accade in Cina, vede sbocciare i suoi frutti migliori. Del resto, lo disse lo stesso Benedetto XVI nella lettera del 2007: «La Chiesa - scrisse il Papa - sempre e dovunque missionaria, è chiamata alla proclamazione e alla testimonianza del Vangelo. Anche la Chiesa in Cina deve sentire nel suo cuore l’ardore missionario del suo Fondatore e Maestro». Un programma che la Commissione dei giorni scorsi ha sostanzialmente confermato.

(Fonte: Il Riformista, 3 aprile 2009)

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