giovedì 9 aprile 2009

Una sentenza destabilizzante

La sentenza della Corte Costituzionale, relativa alla Legge 40, a mio parere è molto grave. Per un semplicissimo motivo: perché è destabilizzante. Ancora una volta assistiamo ad un’invasione di campo che scippa non solo al Parlamento (il quale la legge l’ha fatta), ma anche all’intera Nazione (che ha boicottato il Referendum che intendeva abrogare quella legge) il proprio potere.
E’ una sentenza che fa il paio con quella dei giudici del caso Englaro. Solo che stavolta la legge c’è. Allora che si fa? La si mutila di alcuni punti qualificanti. E’ vero che i pilastri della legge non sono stati intaccati, ma è altrettanto vero che l’intervento della Consulta ha avuto la conseguenza di creare un impianto legislativo che ora è diventato contraddittorio. E che quindi presterà il fianco a conflitti d’ogni genere, ad abusi, ad interpretazioni “creative”.
Spieghiamoci meglio. Dopo l’intervento della Corte la legge 40 è cambiata pochissimo. Restano in piedi, come spiegava ieri Avvenire, i suoi principi fondamentali:
- la tutela degli interessi del concepito in posizione non subordinata rispetto a tutti gli altri soggetti coinvolti;
- il divieto di procreazione assistita a carico di donne sole o dopo la morte del partner;
- la proibizione di pratiche eterologhe;
- il divieto di qualsiasi sperimentazione sugli embrioni;
- il divieto di distruggere, clonare, selezionare a fini eugenetici, congelare e selezionare quanto al loro sesso gli embrioni;
- la proibizione di riduzione embronaria di gravidanze plurime:
Tutto ciò resta in vigore e vuol dire che: il concepito è un soggetto di diritti fin da quando è allo stadio embrionale; non esistono solo i diritti della coppia che lo vuole, né vengono prima di ogni altra cosa; con l’embrione la tecnoscienza non può permettersi abusi e sperimentazioni selvagge, ma deve agire nel pieno rispetto e con tutta l’accortezza possibile.
Non è una legge confessionale e religiosa. I cattolici non la considerano un bene, quanto piuttosto un male minore. Quindi ogni accusa di dogmatismo religioso appare infondata. E’ piuttosto una legge fatta e approvata da rappresentanti del popolo che hanno agito secondo la propria coscienza e con un senso sacro, laicamente sacro, della vita umana. E’ ovvio che molti di quei parlamentari si siano ispirati, e lo facciano tutt’oggi, ai principi della morale cristiana. Ma è lecito avere delle proprie convinzioni morali o bisogna essere tutti appiattiti sul pensiero unico radical-laicista?
Detto questo, capiamo cosa ha combinato la sentenza della Consulta. Ha giudicato incostituzionale il comma 3 dell’art. 14, accusandolo di non prevedere la subordinazione del trasferimento degli embrioni in utero a una rigorosa tutela della salute della donna; inoltre ha rimosso la conclusione del comma 2 del medesimo articolo, che impediva la formazione in vitro di più di tre embrioni e prevedeva il dovere del medico di procedere “ad un unico contemporaneo impianto”.
E qui scattano tutte le contraddizioni di questa strampalata e grave sentenza. Perché se, in teoria, un medico potrebbe avvalersi della nuova possibilità di creare degli embrioni soprannumerari (più dei tre originariamente previsti), resta però il divieto di crioconservarli o sopprimerli o procedere alla selezione eugenetica.
Ma allora cosa cambia? “Un medico che domani crea tre embrioni – si chiede Assuntina Morresi (consulente del Ministero al Welfare) - che farà, visto che non può sopprimere o congelare nessuno? Li dovrà trasferire tutti e tre, esattamente come prima”.
Già, ma intanto la legge è stata stravolta, e mi sento di condividere il disorientamento della ginecologa Eleonora Porcu, responsabile del Centro sterilità dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna: “Se si produce un numero di embrioni superiori al necessario, si avranno di nuovo embrioni soprannumerari. Che destino avranno? E noi operatori come dobbiamo comportarci tra due ingiunzioni contraddittorie?”.
Ecco perché questa sentenza è una vera e propria porcata. Non si demolisce la legge (apparentemente), ma la si erode dall’interno. Si apre un varco, rimuovendo quei mattoni che si potevano rimuovere. Aspettiamoci ora una stagione di conflitti, con medici che producono più embrioni e tornano a sopprimere i soprannumerari, senza che lo Stato (lento, impacciato, povero di risorse) riesca a fare i dovuti controlli. Aspettiamoci nuove pratiche invasive sulle donne e un nuovo commercio di ovociti, “donati” da delle povere disgraziate (soprattutto dell’Est europeo), che per una manciata di euro si fanno riempire di ormoni.
E questa sarebbe, secondo Fini, una sentenza che “rende giustizia alle donne”!
C’è da augurarsi che la politica faccia presto la sua parte per eliminare ogni possibile ambiguità e operare una radicale limitazione dei danni causati da questa sentenza.

(Fonte: La Cittadella, 4 aprile 2009)

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