«Caro Direttore, dopo più di vent'anni, ho dato le dimissioni dall'Unione Nazionale dei Cronisti Italiani, alla quale avevo aderito su invito di colleghi di valore come Ciro Pellecchia e Romano Bartoloni, sentendomi onorato di condividere con loro la qualifica di cronista. Ho preso questa decisione in seguito all'annuncio del presidente Guido Colomba di voler premiare con il "lingottino d'argento" il signor Beppino Englaro. Non credo che rientri nelle finalità dell'associazione dei cronisti una simile presa di posizione che offende i sentimenti di quanti - indipendentemente dalla loro fede religiosa - credono che la vita sia un bene indisponibile. Quanto invece alla disponibilità dell'Englaro a conversare con la stampa, mi sembra davvero paradossale che si ritenga di premiarlo per questo: con il "caso Eluana" abbiamo assistito ad una vera e propria campagna mediatica a favore dell'eutanasia, con festeggiamento finale a casa dell'avvocato Campeis mentre la povera ragazza era all'obitorio. Eutanasia eugenetica, oltre tutto, perché ad essere condannata è stata una persona gravemente invalida. Ad essere ferite da tutto questo sono tante famiglie, come la mia, dove invece si è assistito con amore persone in condizioni analoghe a quelle di Eluana. La stessa esperienza ha vissuto con grande dignità la famiglia di Nino Andreatta, alla quale sì andrebbe conferito un premio da noi giornalisti per la dignità con la quale ha affrontato questa dolorosissima e lunga prova, senza sottrarsi alle nostre richieste di notizie ma senza esagerazioni e nel rispetto di una corretta deontologia. Oggi, mentre ancora aspettiamo di conoscere i risultati degli esami tossicologici che potrebbero chiarire perché il decesso di Eluana sia sopraggiunto così rapidamente rispetto alle indicazioni degli stessi medici incaricati dal padre di eseguire quel protocollo di morte (che non si capisce perché sia stato considerato legale, per di più in una struttura non sanitaria), siamo davanti ad una distorsione assoluta della verità dei fatti, con derisione finale affidata a Giorgio Bocca, che in un articolo sull'Espresso ha scritto: "Il partito della vita, che dovrebbe rappresentare l’aspetto caritatevole del cristianesimo, è nei fatti composto soprattutto da intolleranti e faziosi. È lo stesso culto della vita a ogni costo che lascia perplessi i visitatori della Piccola Casa della Divina Provvidenza, la pia istituzione del Cottolengo, dove tengono in vita esseri mostruosi e deformi. Gli eccessi della carità fanno il paio con quelli dell’ideologia. I cultori della vita a ogni costo, in obbedienza a Dio, non si accorgono di volersi sostituire a Dio”. Salvo poche eccezioni, contro tali mostruose parole non ho visto grandi levate di scudi nella mia categoria. E adesso arriva addirittura un premio a Englaro. Sarebbe il caso per tutti noi giornalisti di interrogarci su quale sia veramente il nostro ruolo, cioè se raccontare quello che accade o invece cercare di renderlo accettabile. Io rispetto le opinioni di tutti, anche se per scrivere di temi così complessi servirebbe forse di saper distinguere tra concetti come eutanasia diretta e indiretta, tra terapia del dolore e sedazione terminale, e infine - mi dispiace per il Presidente della Camera, certamente incorso in un lapsus, riportato però senza nessun distinguo dai colleghi - tra teocrazia e Stato Etico, che è precisamente quello nel quale l'eutanasia eugenetica può essere praticata perché non vi è più riferimento al valore della persona ma solo a quello dello Stato. Salvatore Izzo, Giornalista-Vaticanista dell’AGI».
(Fonte: Petrus, 4 aprile 2009)
Nessun commento:
Posta un commento