Riporto più che volentieri questa lettera indirizzata da un’amica “pensante” al Direttore di Avvenire.
“Il titolo dell’ultimo libro di Marco Politi «La Chiesa del no» mi fornisce lo spunto per una riflessione «a prescindere», appunto su quei no che sono costante bersaglio della stampa laicista, ma anche – non tutti – motivo di perplessità se non di dissenso per non pochi fedeli all’interno della Chiesa stessa: sono i no alla distruzione degli embrioni, all’eugenetica, all’aborto, alle nozze gay, all’eutanasia, eccetera: i no, insomma, alla «modernità», considerata un assoluto che non si può mettere in discussione in alcuno dei suoi dogmi senza essere relegati ipso facto nel ghetto degli «oscurantisti» additati alla pubblica derisione. Sono i no che la Chiesa dice sapendo di perdere consensi, e con ciò ponendosi su una dimensione «altra» rispetto alla dimensione politica, che dalla ricerca del consenso non può prescindere: memore, la Chiesa, del severissimo monito del suo Signore: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. I loro padri, infatti, facevano così coi falsi profeti».
I denigratori della Chiesa di varia estrazione, quando trattano di questi temi, cantano tutti all’unisono: la polifonia non è il loro forte. In un’epoca di individualismo esasperato vorrebbero una «Chiesa del sì», attentissima ai desiderata di tutti. Mi vengono in mente al riguardo le profetiche attualissime pagine di Solovev sull’Anticristo, scritte nel 1900, anno della sua morte: un uomo, il suo Anticristo, attento a tutte le voci, e quindi, naturalmente ecologista, pacifista, ecumenista, animalista, idealista: l’uomo, insomma, di tutti i sì, l’uomo che per questo realizzerà finalmente la pace universale. Non come quel galileo, fin dalla culla additato come «segno di contraddizione», quel galileo ex carpentiere che crescendo ha osato vantare ascendenze divine (!) mentre divideva l’umanità in due parti: con lui o contro di lui, arrivando a dire, son parole sue: «Pensate che io sia venuto a portare la pace sopra la Terra? No, io vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre: padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre...».
Per questo suo dividere tutti, persino un intero popolo, per quel suo parlare in modo politicamente scorrettissimo che feriva gli augusti orecchi dei maggiorenti, oltre che per quella pretesa di ascendenza divina, l’hanno fatto fuori, con lo scopo di metterlo a tacere per sempre. Ma l’Anticristo no! Chi vorrà mettere a tacere l’uomo di «tutti i sì», il Grande che realizzerà finalmente la pace universale? Se Cristo divide, viva l’Anticristo!
All’ombra del grande Solovev qualcosetta la «vedo» anch’io... Non riesco a capire il «tempo in cui», ma vedo con sufficiente chiarezza un’atmosfera di eccezionale frenetica attesa da un angolo all’altro della terra, un concitato passaparola universale, l’attesa di un evento annunciato da tutte le agenzie e le tv del mondo, e, finalmente, l’evento: un solennissimo pontificale mai prima visto, presieduto nientemeno che da sua santità l’Anticristo, trasmesso in mondovisione. Dopo di che, in un clima di insostenibile commozione, vedo i residui scettici crollare ormai convinti fra le braccia dei credenti, e tutte le chiese dell’orbe terraqueo riempirsi finalmente all’inverosimile, oltre ogni più rosea speranza: tutte le chiese della «Chiesa del sì», la chiesa, appunto, dell’Anticristo, direttore, aveva proprio ragione Amleto: essere o non essere... Chiesa del sì o Chiesa del no... questo è il problema.
Tornando a noi, se è vero che l’Anticristo non prenderà mai il posto di Pietro, è pur vero che la sua è la chiesa che il mondo vorrebbe e chiede (la chiede a Pietro!), e il perché la Chiesa di Cristo ripete i suoi no tutte le volte che l’occasione lo richieda, lo si può capire rileggendo i Profeti, quelli non falsi, ai quali Dio comanda di parlare, parlare anche se inascoltati, Profeti che Egli pone (vedi Ezechiele) come sentinelle del suo popolo – un popolo di «dura cervice» – ai quali chiederò conto rigorosissimo del loro avere o non aver parlato. Ebbene, in questo tempo di eclisse della coscienza, in cui il male viene chiamato bene e viceversa, Dio ha voluto come sentinella della sua Chiesa, Papa Benedetto XVI, profeta non falso. Al quale, mi consenta, direttore, di far pervenire, attraverso questo nostro giornale, sperando gli cada sotto gli occhi, almeno una parola delle molte che vorrei dirgli: grazie!” Vetulia Italia, Roma.
(Fonte: Avvenire, 3 aprile 2009)
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